Si chiamava Adelchi Argada.

Creato il 08 novembre 2011 da Cirano2
Il suo destino era già nel suo nome di battesimo. Si chiamava Adelchi: Adelchi Argada.
Era il 1974 nella Calabria del post rivolta i neofascisti hanno esteso le loro azioni.
L’uccisione dell’operaio Malacaria a Catanzaro, la lunga serie di attentati nel lametino, l’incendio della sede di Mondo Nuovo a Cosenza portano tutti un’unica firma, quella dei gruppi organizzati dell’estrema destra, alla ricerca di una rivincita evoliana dopo che i carri armati di Colombo hanno spento le illusioni del “boia chi molla!”.
Nel lametino, si erano formati, sin dal principio degli anni settanta, numerosi gruppi della sinistra extraparlamentare.
Sulla scia dell’autunno caldo, anche al sud arrivano le lotte per il diritto al lavoro,  alla  all’istruzione e alla casa.
Anche qui come nelle piazze del nord, i veri protagonisti sono i giovani.
San Giovanni in Fiore, Decollatura, Nicastro, Sambiase sono i centri dove agiscono fra gli studenti, nelle campagne e negli insediamenti industriali nascenti, i militanti  del neonato Fronte Popolare Comunista Rivoluzionario.
Adelchi aderisce al gruppo con l’entusiasmo della “meglio gioventù” del tempo.
La tensione è altissima. Le risposte governative alla crisi scaturita dal campanilismo regionale hanno lasciato macerie e promesse già disperse dallo scirocco.
Per giorno 20 ottobre a Lametia è previsto un comizio di Giacomo Mancini, a conclusione del festival de L’Avanti.
Il fronte antifascista al tempo era molto compatto, e Mancini era il bersaglio preferito della destra del tempo. Fautore del capoluogo a Catanzaro, era nel mirino della campagna diffamatoria del giornale Il Candido, pagata dai servizi segreti per indebolire il centrosinistra.
In città sono comparse scritte inneggianti Mussolini e ingiuriose nel confronti del leader socialista.
Già al mattino si registrano degli scontri.
Nel primo pomeriggio, Adelchi Argada, il fratello Otello e Gianni Morelli, incrociano un gruppo di neofascisti ai quali il Morelli chiede conto del pestaggio del fratello minore di soli quattrordici anni.
Oscar Porchia e Michele De Fazio, due dei neofascisti,  non ci pensano proprio a  dialogare e passano per le vie di fatto esplodendo ben quattordici colpi di pistola.
Adelchi generoso si frappone e viene  da due proiettili al ventre, gli altri due che lo uccidono gli verranno sparati a freddo mentre ormai è crollato al suolo. E’ un’esecuzione.
La notizia si diffonde a macchia d’olio. Le sedi del MSI vengono assaltate in tutta Italia, in quegli anni bastava poco per scatenare una guerriglia urbana di vasta portata.
A Milano e Roma solo a notte fonda le forse dell’ordine riescono a riportare la calma a suon di cariche e lacrimogeni.
Lo sdegno è unanime, a Lamezia per il funerale sono in trentamila; così dal palco un giovane Nuccio Iovine, futuro parlamentare, ricorderà il compagno ucciso:
“Conoscevamo Adelchi Argada come uno dei nostri migliori militanti, sempre schierato dalla parte degli oppressi. Bisogna capire perché è morto; era un operaio, uno dei tanti giovani costretto ad una certa età a lavorare perché per i proletari, per i figli dei lavoratori non esistono privilegi che sono di altri. Argada ha fatto una scelta, si è messo dalla parte di chi vuole una società diversa, non a parole, in cui lo sfruttamento sia abolito e il fascismo non possa trovare spazio.”
Ma la battaglia più dura è quella legale, uno dei due omicidi è parente di un magistrato.
Dalla difesa viene avanzata la richiesta di trasferire il processo per motivi di ordine pubblico, stessa sorte che in precedenza era toccata al processo per la strage di Piazza Fontana che proprio in quegli anni da Milano era stato trasferito a Catanzaro.
A Napoli la corte, ridimensionando le richieste del pm, condannerà i due De Fazio e Porchia, a 15 e 8 anni di reclusione, riconoscendo le attenuanti  generiche.
Sulla sentenza ha giocato molto il pressing della Calabria benpensante e la campagna mediatica della Gazetta del Sud che ha più riprese ha preso le parti degli imputati richiamando al concetto di “legittima difesa”.
La risposta dell’Italia democratica  non si fa attendere.
All’Unical di Cosenza il comitato studentesco viene intitolato al giovane ucciso, così come a Milano un istituto tecnico riunito in un’assemblea congiunta tra studenti ed insegnanti, decide di dare il nome di Argada alla propria scuola.
I giovani lametini ricostruiscono l’omicidio con un documentario che viene proiettato in molte assemblee studentesche.
L’esigenza ieri come oggi è quella di raccontare per non dimenticare.
Lo scorso 20 ottobre la sua Lamezia,  ha fatto un passo ulteriore in questa direzione, ricordando Adelchi ed intitolandogli un parco; oggi ci giocano i bambini, domani anche loro sapranno chi era Adelchi Argada.


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