Si disfa il Pdl e nasce la “Costituente dei moderati”. Ragassi siam camaleonti mica bradipi

Creato il 03 novembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Se anche Maurizio Paniz, il pizzo-dotato quinto moschettiere, molla il Cavaliere, tira una bruttissima aria. Il teorico delle leggi ad personam, quelle che gli ha commissionato direttamente Valter Lavitola e che il deputato-avvocato del Pdl ha difeso strenuamente ogni dove (soprattutto in tivvù dove risulta telegenico), ha ammesso candidamente che il presidente del consiglio dovrebbe fare un passo indietro. “Magari un governo con Gianni Letta premier”, ha dichiarato l’ex pasdaran del diritto fai-da-te, che poi sarebbe come se Cip prendesse il posto di Ciop come intestatario delle utenze. In questo momento, dentro al Pdl, è un tutti contro tutti che è uno spettacolo da vedere e che pagheremmo perfino il biglietto per assistervi di persona. Tremonti che litiga con Romani, con Brunetta, con Verdini, con Alfano, con Scajola, con la Santanchè, con il trio Gelmini-Prestigiacomo-Carfagna e che si prende a spintoni con Galan. Scajola che litiga con Romani, Verdini e Stracquadanio, e Stracquadanio che se la piglia con Brunetta, con Tremonti e con Galan è il segnale inequivocabile che l’ex monolite silviocentrico è andato in frantumi. Se a tutto ciò aggiungiamo la voglia di primarie di Formigoni e Maurizio Lupo de Lupis che si fa dare del “fuori di testa” da Abete (da non confondersi con Abele ché è tutta un’altra storia), il quadro è bell’e dipinto e a noi non resta che piangere. E meno male che nell’ultimo incontro al vertice della maggioranza, quei geni dell’economia di Silvio e Umberto non hanno messo mano ai conti correnti e ai depositi bancari degli italiani, altrimenti stavolta sarebbe stata rivolta popolare. Ormai quasi rassegnati a introdurre la patrimoniale e a ripristinare l’Ici sulla prima casa, i monsù Travet del governo non sanno più a che santo votarsi. Ci hanno provato con tutti anzi, Silvio ha chiesto a Paolino Pa Bonaiuti, di organizzargli incontri bilaterali con sant’Ambrogio, san Carlo, san Francesco, san Gennaro e pure con santa Rita, santa Chiara e santa Rosalia (le donne sono sempre donne anche se sante), ma dal paradiso hanno risposto picche, hanno un’agenda talmente piena che possono ricevere Silvio solo dopo il 2024. Abbandonato quasi da tutti, avendo esaurito i posti da viceministri, da sottosegretari, da governatori di regione, presidenti di province e sindaci di città sopra i 15mila abitanti, Berlusconi non ha più nulla da promettere anche perché ormai è chiaro che a gente intrisa di berlusconismo, i soldi non bastano più, vuole potere e visibilità, fama televisiva, almeno una mignotta under 18 nel pied-à-terre e un suv parcheggiato in divieto di sosta. È così che, preso atto che sarà difficilissimo campicchiare fino al 2013, le elezioni anticipate previste per marzo, potrebbero subire una brusca accelerazione di qualche mese. L’ipotesi è gennaio, anche se una campagna elettorale nel periodo natalizio, e delle settimane bianche, non piace molto a quei viveur del Pdl. Ma per votare a gennaio occorrerebbe che la prossima settimana Silvio andasse sotto quando si voterà il Rendiconto dello Stato. Visto com’è andata l’ultima volta, Berlusconi ha infatti deciso di porre la fiducia, quale occasione migliore per costringerlo a fare quattro passi post prandiali verso il Quirinale e consegnare la letterina di dimissioni a Napolitano? I malpancisti del partito delle libertà, e dell’amore perduto e quasi eterno al Grande Capo, sono ormai dichiaratamente sul piede di guerra. Vittime delle promesse mancate di Silvio, vistisi fregare i loro scranni governativi da uno Scilipoti qualsiasi, i deputati capitanati da Antonione sembra siano orientati a votare contro il rendiconto. Il numero è sufficiente a mandare a casa il premier ma non risolverebbe i problemi dell’Italia se non per una transitoria quanto illusoria, ripresa di credibilità internazionale. C’è da notare che in tutto questo bailamme la sinistra, come sempre, sta a guardare. Le cronache parlano di pranzi e cene che si susseguono a ritmo frenetico fra prossimi fuorusciti pidiellini e esponenti delle opposizioni ma, a parte i menù fantasiosi che vengono descritti nei minimi particolari, nulla trapela circa le decisioni prossime future di un popolo abbandonato dal suo Mosè nelle acque perigliose del Mar Rosso. C’è però chi si sta attrezzando. Lo si vede muovere circospetto fra i tendaggi di Montecitorio e fare cucù fra le foglie di ficus con le quali Silvio ha fatto arredare gli open space della camera dei deputati. Non è Minzolini, il giornalista spione per antonomasia, ma Pierfy Casini, l’uomo dalle sette vite, dalle otto primavere, dalle nove virtù e dai dieci comandamenti forlaniani. Si dice che lo strafigo divorziato, ma indefesso paladino dei valori della famiglia, se proprio gli esuli del Pdl non dovessero fare in tempo a fondare un loro partito, sarebbe disponibile ad allargare le sue ampie e calde braccia e accoglierli in gruppo nei “Costituenti moderati”, un’associazione benefica e senza scopo di lucro creata appositamente per l’occasione. D’Alema ha già fatto sapere di essere molto interessato all’operazione dell’ex Dc, Veltroni, per non essergli da meno, anche. Piergigi Bersani ci sta pensando e Matteo Renzi si è detto propenso a non rottamare anche il nascente gruppo extrapartito costituito finalmente da gente nuova anche se non proprio giovane. Dall’altra parte resteranno Rosy Bindi e Dario Franceschini, gli unici comunisti veri rimasti sulla scena politica italiana. Mario Monti prossimo presidente del consiglio? Lo sapete come ha risposto Silvio, no? Con una pernacchia. E se Cip dice no cosa volete che dica Ciop?

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