Il “bricolage” dell’arte contemporanea in un libro di Angela Vettese. Recensione di Luca Pietro Nicoletti > A poco meno di due anni dalla prima edizione, esce in edizione economica Si fa con tutto. il linguaggio dell’arte contemporanea (Editori Laterza, click: LINK per acquisto on line), segno del meritato successo dell’agile volumetto di Angela Vettese, in cui si affronta il problema dell’arte del presente dal punto di vista della sua produzione materiale e dei modi e materie (e non-materie talvolta) con cui si fa arte. È un dato di fatto che a partire dal Novecento l’arte non è più soltanto dominio della pittura e della scultura, e che a queste si sono affiancate nuove grammatiche visive, nonostante nel pubblico non manchino, tutt’oggi, forti resistenze nei confronti di quelle forme espressive che richiedono nuove forme di fruizione, a cui non si è ancora del tutto abituati. >
Il punto fondamentale di questo libro, in fondo, è la presa di coscienza che l’arte contemporanea abbia bisogno di guide per la “navigazione” che ne smontino i meccanismi. «Chi voglia comprendere le implicazioni dell’opera», scrive l’autrice, «deve entrare nel suo processo costitutivo e chiedersi come funziona» (p. 4).
E questo meccanismo viene spiegato con una chiarezza che raramente si riscontra negli storici dell’arte. Angela Vettese, infatti, ha il dono di una scrittura che sa esporre concetti molto complessi in maniera

Non va trascurato nemmeno che la Vettese è stata autrice, con Gillo Dorfles, di uno dei migliori manuali per i licei che spieghino con chiarezza, e senza approssimazioni, l’arte del Novecento. Tutto questo fa di questo libro recente una guida illuminante per i neofiti in cerca di chiavi di lettura e per gli scettici che vedono nel contemporaneo soltanto un coacervo di nonsense. Il tal senso, l’esposizione di Angela Vettese offre un’analisi intelligente delle opere sullo sfondo dei mutamenti socio-antropologici e in parallelo con il procedere della riflessione estetica e teoretica: fra le fonti di questo libro, non a caso, si troveranno più filosofi e semiologi –oltre agli esempi più autorevoli della critica militante ovviamente- che storici dell’arte.

La chiave di lettura che viene offerta da questo libro, seguendo percorsi tematici (e problematici) più che uno svolgimento cronologico, verte intorno alla definizione del contemporaneo come bricolage, traendo spunto da un’idea del semiologo Jean-Marie Floch (Jean-Marie Floch, Bricolage. Lettere ai semiologi della terra ferma, Roma, Meltemi, 2006 – click: LINK sito editore, scheda del libro) ma trasportata efficacemente come metafora dell’arte contemporanea, intendendo il bricolage come «un dispositivo aperto, capace nella storia dell’arte di dilatarsi fino a includere non solo l’assemblage ma anche l’arte ambientale, l’arte di comportamento, l’arte centrata, appunto, sulla partecipazione dello spettatore» (p. 26), e specificando che «non si intende qui proporre un bricolage di materie, ma di idee eventualmente incarnate anche in materiali correnti» (p. 154, nota 7). Non bisogna infatti

Questo non significa, ovviamente, mettere fra parentesi tutto quanto la pittura e la scultura in senso tradizionale abbiamo portato al presente: il libro non ne parla soltanto perché esulano dal problema preso in esame, e perché implicano altri ordini di problemi. D’altra parte, però, Angela Vettese mette in guardia anche da una eccessiva venerazione nei confronti dell’abilità manuale fine a se stessa, condivisa anche da molti artisti di oggi: «L’abilità manuale è stata […] riabilitata, ma d’altro canto non è più necessaria né sufficiente al compimento dell’opera. Ed è particolarmente difficile superare il lutto legato al disegno figurativo. Si è sempre molto sensibili di fronte al bambino che sa disegnare bene, il quale tende a sembrarci quasi magico. Anche ammesso che la capacità di rappresentare le cose sia indice di una particolare forma di intelligenza, la buona mano non porta molto lontano ove non sia allenata e associata a diversi studi» (p. VIII).
Luca Pietro Nicoletti
-







