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Si Può Viaggiare Troppo?

Creato il 19 luglio 2014 da Angelozinna

Si Può Viaggiare Troppo?Passano le settimane, i mesi, e a volte si perde un po’ la dimensione di quello che si sta facendo. Si gira, si gira, fotografando attrazione dopo attrazione, misurando il proprio itinerario in base al numero di luoghi visitati, muovendosi con le aspettative di qualcun’altro e si finisce per dimenticare perché eravamo partiti in primo luogo, magari cascando nella routine da cui ci si era inizialmente allontanati. Ero arrivato a questo punto, in Cina. E non sapevo bene come uscirne.

Mi trovavo in un grande ostello a Xi’An, la città dell’Armata di Terracotta, pronto ad imboccare la Via della Seta con il primo treno la mattina successiva. A questa Via della Seta ci pensavo da mesi. Infilarmi nel Corridoio del Gansu, tra l’Altopiano Tibetano e il Deserto del Gobi, per sbucare nella Cina islamica, fino ad affrontare gli stati dell’Asia centrale per arrivare in Turchia, con tutte le complicazioni e le difficoltà che questi portano con sé. Niente più turismo di massa, niente più grandi monumenti da lista della spesa. Suonava epico, la miglior conclusione possibile a più di quattro anni di vagabondaggio. Eppure, tutto ciò che riuscivo a fare era pensare alla fila infinita che avrei dovuto affrontare per comprare il biglietto del treno e guardare con disgusto lo zaino che avrei dovuto rifare per l’ennesima volta prima di ripartire.

Non mi piace lamentarmi. Non mi piace lamentarmi non perché credo che c’è chi sta peggio di me (anche se questo è vero), ma perché faccio di tutto per non entrare a far parte di quel gruppo di persone che conosco fin troppo bene, coloro che piuttosto che cambiare quello che non va o essere responsabili per le proprie scelte, preferiscono piangersi addosso o cercare qualcuno a cui dare la colpa. Questa mentalità, che, purtroppo, tanto mi ricorda l’Italia, è la prima cosa da cui ho cercato di distanziarmi negli ultimi anni. Certo, ci sono state giornate che avrei evitato, ma in generale mi sono imposto di vivere una vita diretta alla crescita, cercando stimolo negli ostacoli e trovando soddisfazione nei successi, grandi o piccoli che siano.

Guardando quello zaino mi sono accorto che qualcosa non andava. Si può viaggiare troppo? Si può viaggiare male? È dura ammetterlo, ma sì, ci sono dei limiti. La durata di un viaggio di sicuro contribuisce, ma non credo sia il punto. Sapevo già che di templi ne ho visti abbastanza, che nei musei mi rompo le palle, che di montagne più alte non ce ne sono e che alla stessa conversazione con chiunque incontro preferisco spesso un libro. So questo da tempo e non serve un anno e mezzo in Asia per capirlo, ma non è mai stato un motivo di fermarsi, perché il motivo per partire è sempre stato un altro: crescere. Ampliare le proprie idee, mettersi a confronto con sé stessi, fare il passo più lungo della gamba e sperare di non cadere, senza averne mai la certezza. Quello che ho sempre cercato e che adesso non riuscivo più a trovare erano quelle situazioni assurde, imbarazzanti, claustrofobiche, quei racconti e quei personaggi incredibili, quei cambi di rotta improvvisi e istintivi, quella scossa del sapere che non hai niente sotto controllo. Tutte quelle opportunità per far apparire una parte di me che non conoscevo, che mi davano ispirazione oppure ansia, dalla quale l’unica via d’uscita era fare la scelta giusta. Tutte quelle cose che il viaggio mi aveva regalato in abbondanza, ma che ora sembravano non arrivare più.

Mi mancava una cosa sola: l’inaspettato. Molti alti e bassi si sono presentati durante i mesi per strada, ma con il tempo gli alti sono diventati sempre più alti e di conseguenza difficili da superare. Il viaggio è diventato la mia zona di comfort. Mi sento a mio agio oggi nella maggior parte delle situazioni, sono comodo nella scomodità. E trovo difficile stupirmi, mettere a fuoco i dettagli. Così mi è passata per la mente la cosa più logica da fare, prendere un aereo, lasciar perdere quest’ultima tratta. Cambiare, come ho sempre fatto. Poi però ho guardato la mappa. Il Medio Oriente. Concludere il cerchio. Il cirillico. L’incertezza dell’itinerario. Nessuna idea di cosa troverò. Se non è qui la curiosità, allora dove?

Ho fatto lo zaino. Ho presto il treno. In una sessantina di ore sono arrivato al confine con il Kyrgyzstan. Ci sono volute un paio di settimane perché tutto cambiasse, perché qualcosa succedesse e mi tornasse la voglia di scoprire quello che ancora non so. Mi sono ricordato che viaggiare a lungo termine, vivere viaggiando, è un gioco di pazienza. Bisogna saper aspettare, saper proseguire sperando che durante il tragitto per qualsiasi meta ci si trovi dove si voleva arrivare senza neanche saperlo. Succede sempre qualcosa, anche se non è possibile comprarlo, non è possibile sceglierlo, non è possibile sapere quando accadrà, non è possibile essere preparati. Ma questo è il bello. Si può viaggiare troppo? Forse. O forse è più facile non viaggiare abbastanza perché la prossima avventura si faccia avanti.


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