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Riflettendo sul motto di un grande teoreta moderno, sono riuscito a cambiare atteggiamento nei confonti della assoluta impossibilità di trasferire un blog dalla piattaforma Splinder alla piattaforma Blogger.Checchè ne dicano le leggi fisiche virtuali, infatti, io trasferirò il mio vecchio blog sul nuovo, e lo farò così: un pezzo alla volta, i pezzi che più mi aggradano, così avrò anche più roba da postare.
“Il problema non è il problema. Il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema.” – Jack Sparrow –
(lunedì, 15 marzo 2010)Ho finito di scrivere la tesi di laurea, e tutto il mio impegno adesso è teso a ricordarmi com’era la mia vita prima di spronfondare in questo abisso, tantopiù che ho fatto una tesi sui motivi per cui il nichilismo è una bella cosa, perciò ora sono magnificamente disposto verso il mondo, la società e le persone.Tuttavia, non è solo una questione di nichilismo: quello che mi capita in questi giorni è che mi sveglio al mattino, mi ricordo che ho finito la tesi, mi sento straordinariamente felice e a quel punto non faccio altro che pensare all’essere autentico che nascondendosi si dà nelle aperture storico-destinali, che in effetti non c’entra un po’ un cazzo con quello che vorrei dire, ma il fatto è che non riesco a pensare a qualcosa di diverso, e se per caso ci provo dopo un po’ mi viene la risata isterica e comunque il pensiero non cambia.Temo che il periodo di studio intenso, o qualunque cosa fosse, mi abbia un po’ provato, infatti quella cosa del pensiero fisso mi è capitata diverse volte in quest’ultimo mese, soprattutto di notte, quando mi mettevo a letto e chiudevo gli occhi.
La cosa mi ha ricordato un periodo del 2000, quando ho partecipato ad una raccolta di olive con dei simpatici vecchietti gobbi che lavoravano come treni, e io, unico giovine gagliardo, facevo la metà di quello che facevano loro, quindi ero abbastanza incentivato alla competizione. Dopo qualche giorno di crisi di autostima e tendenze suicide, avevo finalmente preso il ritmo ed ero diventato un raccoglitore di olive degno di questo nome, stimato e rispettato, la mia vita era diventata bellissima, solo che quando tornavo a casa, mi lavavo e andavo a dormire, chiudevo gli occhi e rivedevo le mie mani che tiravano giù olive, tiravano giù olive, tiravano giù olive.Con la tesi, stessa cosa: leggevo, cercavo e scrivevo dalle otto della mattina alle undici della sera, e quando finalmente chiudevo gli occhi rivedevo il monitor, la tastiera, le note a piè pagina, gli occhi spiritati di Heidegger, Vattimo che dà del coglione leghista a Borghezio, e nei giorni migliori anche la Cavalcata delle Valchirie suonata da un’orchestra di baccanti di Dioniso diretta da Nietzsche nudo.Come con le olive, dopo un iniziale periodo di depressione ho imparato a prendere bene queste crisi, la strategia era semplice: quando mi veniva un attacco di pensiero fisso e non riuscivo a dormire, dovevo assolutamente mettermi a rileggere la tesi, allungandola con parole inutili inserite qua e là con superba maestria, tali da farmi guadagnare una riga in più, un capoverso in più, una cazzata in più, e così via, finchè dieci ore dopo avevo ottenuto una pagina in più senza scrivere niente di significativo; a questo punto mi sentivo realizzato, e l’attacco passava. Peccato solo che intanto era passata anche la notte.
Questi attacchi di pensiero fisso erano talmente incontrastabili che a volte contaminavano anche quei pochi minuti di sonno che riuscivo ad ottenere dopo un sufficiente numero di giorni di veglia continua.Qualche notte fa, infatti, nella mia realtà onirica io e la mia ragazza eravamo sulle tracce di un pericoloso killer assoldato dal governo per i lavori sporchi, un temibile sicario di nome Gianni Vattimo, un uomo terribile che sfruttava la sua copertura di filosofo, visiting professor ed europarlamentare per uccidere indisturbato a spese dei contribuenti. Esaminando alcune carte e facendo due calcoli, avevo scoperto che era stato lui a uccidere lady Diana nel ’97; un’insospettabile vecchietto ermeneuta con il cuore di ghiaccio era il protagonista del supergiallo degli anni ’90, chi l’avrebbe mai detto. Era stato così un freddo calcolatore che non aveva nemmeno preso l’aereo per tornare in Italia, dopo l’omicidio, ma era passato in macchina sotto le Alpi attraverso una galleria sconosciuta che non usava mai nessuno, per non lasciare tracce.“Mio Dio, ma allora è stato veramente lui!”, esclamò la mia ragazza.“Catto-comunista, frocio e anche assassino. C’era da aspettarselo.”, dissi io (ma nella realtà sono più politically correct).
In un’altra notte difficile, invece, ho sognato di essere all’Università di Friburgo al cospetto nientepopodimenoche di Martin Heidegger, proprio nel suo ufficio. Ovviamente, quello non era Heidegger, aveva un’altra faccia ed eravamo in un altro posto, ma tanto queste cose nei sogni si possono fare, anche perché chi l’ha vista mai l’università di Friburgo?La sensazione, in ogni caso, era pazzesca: io non stavo sognando un uomo, sognavo proprio il pensiero, avevo la filosofia di Heidegger davanti a me e ne ero cosciente, potevo sentirla flussare nell’aria.Insomma, a un certo punto Heidegger-che-non-è-Heidegger (piccolo omaggio, chi ha una laurea per intendere intenda) si accorge di me e mi chiede gentilmente:
“Posso fare qualcosa per lei?”
Oh Cristo, penso io.Heidegger si rivolge a me, mi sta calcolando davvero.Presto, presto, devo fare bella figura, ci vuole una domanda di quelle intelligenti, magari dell’umorismo sottile sottilissimo e pieno di citazioni, devo riuscire a lasciare il segno.
“Professore, mi sono sempre chiesto: ma l’essere c’è o ci fa?”
Dio, no, sono un imbecille, è una battuta di merda. Che patetico coglione, ho rovinato la mia unica occasione di fare colpo sulla filosofia di Heidegger, devo andare immediatamente a suicidarmi.Oh, ma che fa Heidy?Cazzo, ma ci sta pensando, ci sta pensando davvero! Dio, senti come pulsa quella testaccia da pazzo pericoloso. Che spettacolo, questo qui mi ha preso sul serio, è veramente nerd oltre ogni livello. La cosa sembra appassionarlo, e questo vuol dire che la risposta sarà decisamente complessa, secondo me quando me la dirà non ci capirò niente, è già difficile stargli dietro sui libri, figurati dal vivo.Ci siamo, sta per parlare, sta per parlare.
“Facciamo così: le faccio un disegno”
Ecco, lo sapevo, mi ha preso per un idiota, non mi ritiene all’altezza del suo vocabolario cazzuto e per farmi capire le cose mi fa un disegno, come si fa con i bambini ritardati. Si può essere più sfigati?Ehi, aspetta un momento: Martin Heidegger mi farà un disegno, con le sue mani. Porco cane, avrà un valore incalcolabile: la spiegazione grafica di un concetto filosofico vergata dalla mano del pazzo viandante dei boschi in persona, e sarà mia! E’ infinitamente più di quanto avessi mai osato pretendere dalla vita.E dai, e dai, muoviti, stupido vecchio psicopatico nazista, lo voglio vedere.Ma cos’è sta roba? Sta facendo una specie di cerchio, e adesso che c’entra il cerchio? E’ roba pitagorica? No, forse è una rappresentazione dell’apeiron di Anassimandro, in fondo lui è fissato con i presocratici. Ah, no, ecco, ci sono: è l’essere parmenideo, dovevo arrivarci subito. No, aspetta, in mezzo ci sta disegnando dell’altra roba, e poi quello non è proprio un cerchio, è più schiacciato, è una figura irregolare.Dio, non ce la faccio più, che stracazzo mi sta disegnando?
“Ecco, ho finito. Tenga pure.”
Heidegger mi sta allungando il foglio, io sto fremendo, sto per vederlo, lo sto afferrando con la mano, lo sto girando, ma ad un tratto nell’aria risuona una voce melodiosa che dice “siiiiii, quest’amore è splendidooooo”.Un attimo dopo è tutto sparito, sono sveglio. Il cellulare diffonde nell’aria “L’amore è una cosa meravigliosa” di Nilla Pizzi, la canzone che non ricordo assolutamente per quale ragione, ma è diventata la sveglia e la colonna sonora di questo periodo di piacevole, leggero, tranquillissimo studio che mi ha distrutto più cellule cerebrali di un aerosol di popper (la droga, non il filosofo). Il sonno contaminato dal pensiero fisso mi ha lasciato di merda, non sono per niente riposato, sono incazzato, pallido e frastornato, non so che ore sono, non so cosa devo fare, non capisco niente di quello che succede e soprattutto non capisco che cosa ci fa questo stupido foglio sul mio comodino.
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