Il caldo in città imperversa, ed allora niente di meglio che prendere la Smart ed andarsene in alta montagna, e quando dico alta non scherzo. Da Tubre (dove ho passato un’estate della mia infanzia), su per la valle di Müstair (Monastero), tutta tornanti e non molto larga, per giunta senza guard-rail e Santa Maria, in Svizzera, fino ad arrivare all’Umbrailpass, (Giogo di Santa Maria) ad oltre 2500metri di quota.
Da lassù un bellissimo panorama sulla val Monastero e la Valtellina. Montagne con ancora tracce di neve, ruscelli scintillanti, prati verdi punteggiati da cardi. Al passo poi delle targhe e delle silhouettes in metallo ricordano la guerra del 1914-1918.
Da lì allo Stelvio, c’è poca distanza, ma lassù al passo sembrava di essere in pieno centro, tanto era affollato: macchine, certo, ma tantissime moto e biciclette. Mi chiedo chi glielo faccia fare a certa gente affrontare simili salite pedalando e sudando, considerando che molti sembrano anche in età non più tanto giovanile, ma addirittura oltre i 60/65 anni…
Proprio per il grande traffico è stato impossibile fermarsi a scattare qualche fotografia lungo i tornanti di questa bellissima strada, una delle mie preferite. Ridiscendendo verso Merano, una sosta a Trafoi per il pranzo
e poi, a Prato allo Stelvio, un posto che definire strano è poco: sembrava quasi un angolo di Far West, anche se in salsa tirolese. Totem di legno intagliati e coloratissimi, rami rinsecchiti con ossa appese, strane composizioni con rottami di ferro arrugginiti..e lui: il fautore di queste opere, un sudtirolese dai capelli bianchi, un cappello piumato, calzoncini jeans corti e scalzo, che ci ha intrattenuto simpaticamente, parlando un poco in italiano ed un poco in dialetto, sui lavori che fa, e dal quale abbiamo acquistato pure delle marmellate di amarene e mirabelle (susine gialle). E la casa dalla quale è uscito, recandoci i barattoli di marmellata, non era da meno di lui.
Scendendo ancora, ci siamo poi fermati presso un consorzio agrario nei pressi di Lasa dove abbiamo acquistato una cassetta di albicocche. La frutta al supermercato non la comperiamo più da tempo, ancora ancora ai mercati settimanali se ne trova di buona, ma delle albicocche eccellenti come quelle che si comperano in Val Venosta è difficile trovarle: innanzitutto sono coltivate con sistemi biologici, senza pesticidi od altro, poi sono mature al punto giusto (quindi da consumare in fretta) e profumate come quelle che si comperavano tanti, tanti anni fa. Saranno anche più piccole, ma hanno un sapore ineguagliabile.
Ed ora, cena sempre in qualche posticino al fresco per poi ritornare in città, il più tardi possibile.
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