Il mio consiglio, se vi accingete a inoltrarvi nel percorso di architetture d’interni nordiche tra gli ambienti da sogno dell’economico immaginario giallo e blu che riconduce al brand Ikea, prima di tutto accertatevi delle famigliole e degli altri clienti in genere che stanno per partire come voi con il tour espositivo. Perché quelli saranno i vostri compagni di viaggio dal punto in cui ci si può dotare della borsa da spalla da colmare con ogni ben di dio fino alle scale per scendere al piano inferiore, dove ci si rende conto che la spesa potrebbe sforare il budget quindi si inizia a lasciare giù il superfluo. Tutto il tragitto però lo farete più o meno con le stesse persone, come quelle avventure nel mondo organizzate che ti mischiano senza possibilità di scelta e se ti va male ti rovini la vacanza. Quindi occhio. Guardatevi intorno, osservate chi sta entrando e poi via. Perché le persone sbagliate rischiano di rovinarvi la permanenza, mi riferisco a bambini i cui genitori non si fidano a lasciarli alla Småland quindi è tutto un salta e corri e apri i cassetti e gioca a nascondino nei bagni finti, e mi chiedo se non sia mai successo che qualcuno abbia equivocato l’eccesso di realismo abitativo nella finzione dell’allestimento. Così mentre cerchi di concentrarti su misure, essenze, ingombri, colori, ecco che la mamma richiama la bimba dispettosa. Rebecca, comportati bene! Rebecca, attenta a non perderti. Rebecca dove sei? Rebecca lascia giù il carrello, nel tormentone che può guastare la customer experience. Ed è lecito auspicare in un selezionatore all’ingresso che aggreghi gruppi con affinità di intenti, quelli caciaroni con gli altri che son lì per cazzeggiare, e quelli seriamente interessati all’arredamento con chi è lì per prendere ispirazione e farsi un’idea. Quanto a me, da solo, grazie.
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