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Immagina di doverti difendere in un mondo che non sa guardare in cielo senza stupirsi dei colori che può assumere, dei nessi estemporanei e condivisi tra cause ed effetti. Immagina che tu sia un elefante e che oltre la sfera di un fiore qualsiasi e oltre la volta celeste vi sia vita che pulsa, vita in pericolo, vita inconsapevole, anime vive e anime incredule.
C'è un film di animazione, stupendo, in cui tutto ciò accade: è Ortone e il mondo dei Chi, un lungometraggio di quasi ottanta minuti di grazia visiva e invito alla fede che c'è qualcosa oltre ciò che non vediamo. Non l'eco lontana del piccolo principe, l'essenziale è invisibile agli occhi, ma qualcosa di più intimo e mistico insieme: l'essenziale è oltre ciò che gli occhi possono vedere, le orecchie sentire, le dita toccare.
O forse, forse, neanche questo è l'essenziale. Neanche la mancata corrispondenza tra ciò che sentiamo e ciò che vediamo o tocchiamo, neanche le conseguenze che una simile "arbitraria" sintesi in un concetto ostico - e talvolta ostile - come la fede può portare a un uomo nell'appartenenza a una società che non la condivide. Forse l'essenziale di questo incantevole film è l'accettazione della finitezza del mondo e delle sue cause, l'apertura ad altri mondi ed altre cause.
Voglio dire: non è necessario arrivare a Dio, no, neanche oggi che è Natale e che chi scrive si unisce al coro dei Non-So-Chi nel gridare, pieni di speranza, Siamo qui. Basterebbe guardarsi un po' meglio, basterebbe guardarsi allo specchio e notare quanto siamo piccoli e grandi, quanto siamo uomini, basterebbe scoprire il proprio volume, la propria voce, come se fosse nuova, basterebbe scoprirsi in vita, in relazione con la vita, aperti alla sua germinazione infinita, al suo gioioso e talvolta incomprensibile proliferare, al suo caos improvviso, per apprezzare voci che vengono da lontano dicendoti che ci sono. Aprirsi al mondo e alla vita che supera anche le barriere della vista, del suono, dell'impalpabile.
Buon Natale, miei cari lettori.
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