Nella mia “ormai” lunga vita ho beccato un sacco e una sporta di “rifiuti” e immagino che qualcuno ne abbiate subito anche voi che avete la pazienza di fermarvi a leggere i miei pensieri e le mie divagazioni. Dunque, perché non riflettere qualche istante su questo scottante argomento?
Oggi prenderò in esame un particolare tipo di rifiuto che può essere capitato a noi che ci vantiamo, a torto o a ragione, di essere degli scrittori (o scribacchini), lasciando l’esame di altre tipologie a successivi post.
Vediamo subito cosa capita di norma a Snoopy, un mio caro amico dei fumetti:
È cosa nota che, con l’avvento dell’auto-pubblicazione dei libri e degli e-book, le case editrici tradizionali stanno perdendo terreno e fatturato. Quasi tutti gli scrittori esordienti (e anche qualche autore ormai affermato) oggi scelgono di pubblicare le loro opere su grandi piattaforme generaliste (come Amazon, Barnes&Noble, e altre) per diversi e importanti motivi. Primo, perché queste hanno un mercato potenziale vastissimo, secondo, perché l’auto-pubblicazione è praticamente gratuita, terzo e non ultimo, perché la fatica letteraria di un emerito sconosciuto, non passando attraverso le forche caudine di un editor di una casa editrice, non corre più il rischio di essere rifiutata. Non essendoci filtri, il web accetta tutto, sia capolavori sia emerite porcate.
Non è solo per colpa del self-publishing che le case editrici serie sono in crisi. C’è da tenere conto che oggi in troppi scrivono credendo di produrre letteratura (per scrivere qualcosa di memorabile c’è chi pensa che basti essere dotati di un computer e di un word processor) mentre, nella sponda opposta, pochissimi comprano e leggono libri. Su quante persone hanno letto più di un libro cartaceo in un anno esistono statistiche desolanti. Men che meno si leggono libri di autori sconosciuti che si auto-pubblicano. D’altra parte come si fa a dar loro fiducia se voci di corridoio assicurano che gran parte di costoro scrivono da cane non avendo mai letto un libro oltre quelli obbligatori a scuola? Ma questa potrebbe essere niente più di una malignità messa in giro dalle case editrici tradizionali…
Comunque, è triste verità che tra i tanti scrittori esordienti che hanno realizzato un romanzo o un saggio, solo pochissimi meritano una pubblicazione che abbia qualche speranza di successo di vendita e di critica. Ecco perché le case editrici non danno loro il giusto credito. Con gli esordienti rischiano di perdere tempo e quattrini. Per guadagnare gli editori devono andare sul sicuro e quindi scelgono di tradurre libri che hanno avuto successo nei rispettivi paesi di origine o si buttano su autori italiani che hanno già un certo nome. Agli esordienti, purtroppo, non rimangono che le briciole della torta editoriale cartacea.
Ciò detto, io penso che anche il rifiuto di pubblicazione (che spesso è indice di poco coraggio o scarsa lungimiranza degli editori) abbia avuto la sua parte di colpa nell’odierno declino del libro stampato. Esistono schiere di scrittori “rifiutati” che valgono tantissimo e meriterebbero di essere presi in considerazione dalle case editrici che vanno per la maggiore.
A questo punto alzi la mano chi ha inviato un manoscritto a una vera casa editrice e ha ricevuto – entro un tempo decente (diciamo qualche mese) – una lettera di rifiuto alla pubblicazione! In genere i grossi editori, sommersi da migliaia e migliaia di manoscritti di perfetti sconosciuti, non si prendono nemmeno la briga di scrivere due righe all’ansioso esordiente per comunicargli che la sua opera non è piaciuta a chi è preposto a valutarla. Quelle poche case che lo fanno, in genere inviano lettere di rifiuto standard che, seppur impregnate di parole gentili, sono di una tristezza infinita…
Il post di oggi, dunque, è rivolto agli scrittori esordienti che si arrabbiano con gli editori che cestinano ingiustamente i loro capolavori. Per costoro il rifiuto alla pubblicazione è colpa della dabbenaggine dei redattori che non sono in grado di capire la stoffa che si nasconde dietro un nuovo autore. Altre volte, però, santo cielo, come si fa a pubblicare quelle incredibili ciofeche che arrivano a tonnellate nelle redazioni delle case editrici?
Esaminiamo, a mo’ di esempio, il caso del Sig. Manzi, un fantomatico esordiente, per chiarire meglio cosa ci può essere dietro una lettera di rifiuto.
Egr. Sig. Manzi,
la ringraziamo per averci inviato il suo manoscritto.
Siamo spiacenti di non poterlo pubblicare. L’argomento da lei trattato non rientra nelle attuali priorità della nostra casa editrice.
Distinti saluti.
Carlo Astolfi
Questa che avete appena letto è la lettera standard, prestampata, di rifiuto che le case editrici inviano agli autori che non intendono pubblicare. Nel caso specifico, invece, ecco cosa l’editor Carlo Astolfi avrebbe voluto – in cuor suo – scrivere all’esordiente Manzi:
Egr. Sig Manzi,
la ringraziamo per averci inviato il suo manoscritto.
Siamo spiacenti di non poterlo pubblicare per le ragioni che ora le elenco:
1. La trama è banale, confusa e i vari personaggi sono poco caratterizzati. Gradiremmo sapere chi è la signora Guendalina, la protagonista del suo romanzo: è forse una zia, una prozia, una nonna di Giacomo? Non si è capito.
2. A meno che lei, in futuro, non aspiri a diventare il James Joyce italiano, nella nostra bella lingua, in genere, le frasi hanno un soggetto, un verbo e un predicato. Riteniamo un po’ azzardato mettere il soggetto nel primo capitolo, il verbo al terzo… il predicato lo stiamo ancora cercando. Ha forse dimenticato di spedirci la seconda parte del suo manoscritto?
3. È noto a tutti che l’apostrofo non si mette quando l’articolo indeterminato “un” precede un sostantivo maschile anche se inizia con una vocale.
4. Il tempo al congiuntivo non è un optional che si può mettere o non mettere a seconda che la mattina lei si sia alzato con la luna storta oppure allegro come una pasqua. Esistono delle regole.
5. Per esprimere una sensazione di sgomento, l’aggettivo “azzimato” non è adatto. Inoltre, si scrive “roba” e non robba, “spelacchiato” e non spellacchiato. Di preziosità di questo tipo ne ha inserite a centinaia nel suo lavoro, ma non voglio tediarla più del necessario con queste che sono solo sottigliezze.
6. È il verbo avere che, ogni tanto, mette la “h” davanti a sé e non l’anno inteso come periodo di tempo.
7. Quando ci si rivolge a una persona di sesso femminile, scrivere “gli disse” suona un po’ offensivo per le donne, mi creda. Soprattutto, non si capisce con chi il protagonista stia parlando.
8. Sull’uso della punteggiatura non ho molto da eccepire. In questa lettera le allego un po’ di virgole, alcuni due punti e qualche punto fermo. Ne spolveri un po’ nel suo manoscritto, forse qualcuno di essi cadrà nella giusta posizione. Così tutti coloro che avranno la fortuna di leggere questa sua prima fatica letteraria, ogni tanto potranno tirare il fiato, evitando un’anossia al cervello.
Per quanto riguarda tutto il resto, direi che può andare.
P.S.
Per migliorare la leggibilità del testo, le regalo alcuni suggerimenti: elimini Giuseppe e Maria. Questi due personaggi, benché di grande spessore nell’iconografia cristiana, sono inutili all’economia del suo romanzo ed eviti, se possibile, di usare tutte quelle espressioni idiomatiche logore e abusate di cui sono infarcite le sue pagine.
Infine, una preghiera.
Sia gentile, il suo prossimo lavoro lo mandi alla Casa Editrice Parenti, da loro ci sono diversi editor che hanno, a differenza del sottoscritto, parecchio tempo da perdere.
Cordialmente.
Carlo Astolfi
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Persino in America le case editrici non scherzano: ne sapeva qualcosa Snoopy che, tra le sue tante attitudini, aveva anche quella di scrivere racconti e romanzi.
Le sue storie iniziavano sempre così: “Era una notte buia e tempestosa…”
Ed ecco la lettera tipo che Snoopy riceveva:
Caro Collaboratore,
grazie per avere inviato il suo racconto alla nostra rivista.
Per risparmiare tempo, le alleghiamo due lettere di rifiuto.
Una per questo racconto e l’altra per il prossimo che ci invierà…
Distinti saluti.
La redazione
Se avete un po’ di tempo, seguite questo link e ringraziate il blogger Elinepal per la pazienza che ha avuto nel catalogare le mille disavventure di Snoopy, lo scrittore esordiente più scalognato del mondo…
Siccome anche a me non hanno mai pubblicato nulla, devo ammettere che tutto il mondo è paese per noi sfortunati autori esordienti! Perciò non prendiamocela troppo se le grandi case editrici rifiutano i nostri manoscritti. Forse abbiamo sbagliato a sopravvalutare il nostro talento letterario: dunque un bel bagno di umiltà non ci farebbe male. Anzi, dico di più, per molti di noi sarebbe consigliabile scegliere un hobby di più immediata soddisfazione: darsi all’ippica, per esempio.
Io ho già preso le prime lezioni e mi sto divertendo da matti ad andare a cavallo…
Nicola
Crediti: La vignetta dei Peanuts e l’immagine di Snoopy sono di Charles M. Schulz e le ho scaricate da Internet.