Ogni tanto anche a me sale la mania da shopping. Nulla di grave, per fortuna, ma quando entro in certi specifici negozi mi viene la voglia di comprare assolutamente qualcosa. Negozi che hanno da riconoscersi in librerie, videoteche e tabacchini, che però ogni tanto mi costringono a sborsare un'esigua quantità di soldi. Vuoi per un fumetto che non mi serve ma sembra proprio carino perché la copertina è sgargiante, vuoi perché quel film è così importante e io non l'ho ancora visto e quindi devo approfittare dell'offerta, o vuoi perché i soldi per i libri non sono mai soldi spesi male... ecco che una decina di euri se ne vanno allegramente. E' la ragazza bionda che abita dentro di me insieme al panzone ghiotto di hamburger, credo, però sono cose che ogni tanto mi succedono. Ed è proprio per questo motivo che sono arrivato a conoscere questo Sideways, perché un giorno camminavo per strada e nella vetrina di un tabacchino ho visto che davano il dvd in offerta speciale a cinque sberleffi. Non so perché lo presi, perché all'epoca (avrò avuto sedici anni) Paul Giamatti lo conoscevo a malapena e di Alexander Payne avevo visto solo per A proposito di Schmidt, che mi era davvero piaciuto ma non abbastanza da farmi venire dei complessi nei suoi confronti. Ma qualunque sia stato il motivo che mi ha spinto a quell'azione, devo ringraziarlo, perché mi ha permesso di conoscere un film bellissimo e delicato che rivedo sempre con grande piacere.
Myles Raymond è un insegnate di inglese con la passione del vino e il desiderio di veder pubblicato il suo personalissimo e sofferto romanzo. E' depresso da molto tempo per via del divorzio con la moglie, quindi approfitta del viaggio per l'addio al nubilato dell'amico Jack, attore e donnaiolo a tempo perso, per distrarsi. Ma il viaggio costringerà i due amici a fare i conti con la vita e se stessi...
Capisci che un film è particolarmente riuscito quando anche le persone non appassionate alla settima arte se lo ricordano bene. Infatti una sera stavo guardando American dad in televisione e, a sorpresa, mi sono ritrovato una puntata dove citavano proprio questo film - Giamatti era imitato dall'alieno Roger, che col pizzetto era davvero inquietante. Proprio in quel momento è passata mia madre che, nel vedere dialoghi e svolgimento dell'episodio, mi ha detto: "Ma è proprio come in quel film del vino!" Lì ho capito che questa era una pellicola davvero bella proprio perché sa farsi ricordare in questa maniera. Una maniera semplice, cristallina, senza tanti giramenti di parola o scervellamenti elitari, ma che nonostante tutto riesce a raccontare la vita così com'è - ovviamente, nulla in contrario verso le altri tipologie di film e storie, ma anche questo tipo di narrazione ha la sua discreta e controllata potenza, per me. Un film pane e salame, per certi versi. Questo film non apparterrà mai all'olimpo cinematografico, non ha fatto scuola e molto probabilmente non sarà il film preferito di quasi nessuno, ma non è questo l'importante. E' un film che si dimostra esplicitamente per quello che è, una storia di amicizia e menzogne, senza però ambire ad essere altro. E proprio questa sua modestia è la prova della sua grandezza, perché sotto quella patina semplice e accessibile finisce per contenere molto altro. Ma soprattutto, è dominato da un personaggio come quello di Miles - portato in scena da un Paul Giamatti che ha così l'occasione di esprimere tutte le sue capacità attoriali - uno di quei protagonisti che, non so per quale motivo, hanno sempre presa su di me. Da qui la mia ragazza sostiene che ho un debole per i depressi, perché Miles lo è molto, ma si tratta di una depressione che tutti possono attraversare. La può avere l'aspirante scrittore, come è per l'appunto Miles, così come il muratore, perché quella del romanzo del protagonista non è che la parentesi di tutto. Miles, che non è assolutamente perfetto e in più di un punto farà delle cose che non gli si possono proprio perdonare, rappresenta, a conti fatti, un fallito - termine da prendere con le pinze, ovviamente. Uno che non è soddisfatto della propria vita e a cui sembra che tutto sia vano. La sua unica certezza è il vino e, anche se la cosa non fa di lui un alcolizzato perso, lo lascia comunque vuoto. C'è qualcosa che gli manca. Di tutt'altro avviso invece è Jack, spigliato e accattivante, che prende la vita alla leggera e non ci pensa due volte ad effettuare una scappatella, cosa che metterà in serio pericolo i due durante il loro viaggio. Due personaggi totalmente diversi, i Gianni e Pinotto della situazione, ma che alla fine si troveranno più simili di quello che credono. Perché alla fine siamo tutti quanti fragili, persi in un mondo che sembra disfarsi fra le nostre mani, e anche chi ostenta la maggiori sicurezze, lo fa perché sotto-sotto ha paura di tutto. I due protagonisti di questo film a conti fatti mentono perché hanno paura, paura del loro stesso destino, proprio perché sono consci che, anche se in maniera diversa, sono dei falliti. E mentire aiuta a scappare da questa idea che ci siamo fatti di noi stessi. Ma forse scappare non serve, le paure vanno affrontate, E la prima cosa che si ha da fare è guardare nell'abisso e lasciare che esso scruti dentro di noi, per farci comprendere che le stesse paure che temevamo sono umane. Così come lo siamo noi stessi. Non dobbiamo rendere conto a nessuno se non a chi ci importa sul serio, perché forse i veri obiettivi della vita non sono né riuscire a pubblicare un libro né mantenere saldo un matrimonio. Ognuno ha il suo è dobbiamo scoprirlo con le nostre forse. Anche se nel mezzo ci vorrà qualche bottiglia di vino per carburare bene durante tutto questo percorso. Perché forse, come dice uno dei personaggi, il vino "nasce, cresce e raggiunge la maturità. E in quel momento ha un sapore fantastico". Quindi Miles non buttare via i tuoi fallimenti, perché anche quelli ti hanno fatto diventare quello che sei.
Delicato proprio come un bicchiere di vino molto raffinato e ironico in una maniera mai troppo crasse. Un film per tutti e adatto in ogni momento.Voto: ★★★★