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Silence is golden Mostra personale di Max Papeschi A cura di Igor Zanti
Creato il 31 ottobre 2012 da Roberto MilaniSilence is golden
Mostra personale di Max Papeschi A cura di Igor Zanti
Dal 23 novembre 2012 al 5 gennaio 2013
Opening 22 novembre ore 18:30
Dj Set: Fabio Kacele + Finger Up
Orari : martedì - sabato 10 | 19:30
apertura nelle domeniche natalizie dal 2 al 30 dicembre
Marsiglione Arts Gallery
Via Vitani 31
22100, Como
Tel: 3287521463
[email protected]
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Silence is golden
testo critico di Igor Zanti
Il silenzio è d’oro, la parola d’argento
Proverbio italiano
Meglio che gli uomini chiedano perché non ho una statua,
piuttosto che chiedano perché ne ho una
Marco Procio Catone
Talvolta, in alcuni particolari casi, si raccomanda il silenzio: un silenzio che è assenso, un silenzio che è, al tempo stesso, volontà di non rispondere, o meglio- parafrasando il gergo legale- facoltà di non rispondere.
Parlare ha minor valore di tacere?
Se dovessimo rifarci alla tradizione popolare forse sì, anche se, far passare sotto silenzio molto di quello che accade intorno a noi, è una forma di negazione della realtà, di censura e, storicamente, la censura ha fatto proprio del silenzio la sua arma più pericolosa.
Se non c’è racconto non c’è memoria. La memoria e il ricordo sono le uniche vie che ci permettono di poter evitare di perseverare nuovamente negli stessi sbagli del passato, che ci invitano a ragionare e riflettere su quello che è stato, dandoci la possibilità, qualora fosse necessario di condannare quello che non dovrebbe essere mai accaduto. pur avendo, la miopia del presente, fatto in modo che permettessimo che accadesse.
Max Papeschi non ama tacere, è un logorroico intellettuale con una vena seriale, vuole ed esige uno spazio per dire la sua.
Max Papeschi è un guitto, un implacabile e attento osservatore dei suoi tempi che non ammette la codardia di un silenzio assenso, ma indaga la sua realtà, e quello che gli sta intorno, in modo critico, con un taglio profondamente ironico che è una sorta di non dichiarata firma stilistica
Il suo lavorare per serie ha un che di retorico nell’accezione classica del termine, che prevede tanto ed in egual maniera l’inventio, la dispositivo e l’elocutio, quanto la memoria e l’actio.
Con una costanza sorprendente e vibrante affronta argomenti scottanti, usando il richiamo mediatico come una parte integrante della sua ricerca, e come un mezzo irrinunciabile per catalizzare l’attenzione del suo pubblico sui nodi cruciali che sono alla base dello sviluppo della nostra storia degli ultimi settant’anni.
Dai suoi colorati e iconici personaggi, che mettono alla berlina, sia in ambito politico che culturale,. l’ottusa e miope tendenza dittatoriale, fino alla recentissima serie dedicata ai bambini, passando per i raffinati bianco e neri che dialogano con la storia della fotografia e del reportage, vi è in Max Papeschi la volontà di non tacere, ma, piuttosto, di gridare al mondo intero quanto sia stato e sia insensato quelle che avviene, quanto, talvolta, crudelmente puerile sia l’atteggiamento dell’essere umano.
Immagini forti ed ironiche che sono periodi sintattici di un discorso, di una riuscita composizione retorica, di un surreale comizio, di un plateale svelamento dei molti e reiterati vizi della nostra società.
Non si creda però che Papeschi voglia indossare le vesti di Marco Procio Catone, perché, questo, sarebbe lontano dal suo modo di agire, dal suo modo di pensare. Non vi è, infatti, una volontà di togliersi dal gruppo e di erigersi a giudice, ma piuttosto il desiderio di raccontare con altro occhio, con voce priva dei tentennamenti della convenienza, la sua realtà, quasi fosse un terapeutico modo per ricostruire e per comprendere appieno i perché del presente cercando le risposte nel passato .
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