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Silenzio, Maestro!

Creato il 28 aprile 2011 da Fishcanfly @marcodecave

Anche se abbiamo fallito, sono così felice di far parte di una generazione che ha creduto di cambiare le cose.

Joan Baez

È bastato un grido per far cambiare completamente la musica negli anni 60 e 70. È bastato un vinile graffiato per parlare della rivoluzione, una nota messa male per parlare della ribellione, una chitarra rotta per dire basta al capitalismo. C’era gente che aveva fatto della musica il proprio Woodstock quotidiano, in cui la musica era la vita stessa. Erano gli altri che muovevano le corde delle nostre sensazioni più profonde.

Silenzio, Maestro!

Della musica anche ora siamo dipendenti. Non è cambiato nulla. Anzi, ringraziamo Steve Jobs perché ha democratizzato la rivoluzione. Tutti hanno bisogno della musica: la rivoluzione  – quella di quel grido – basta accenderla quando vogliamo. Rivoluzione pret a porter. Una rivoluzione che è refluita in se stessa: nel me & la musica. Non più noi & la musica.
Pensateci bene: nessun momento della nostra vita è senza musica. Entrate in una collettiva di studenti: ci sarà un sottofondo musicale, che quasi nessuno ascolterà, ma che c’è. Entrate in un bar, in una classe, in un ufficio.  Uguale. Ma saremo separati dall’altro. Non percepiremo più l’altro.

La musica è la nostra barriera, il nostro muro che ergiamo ogni giorno. Se abbiamo rotto il muro del suono, ora lo stiamo ricostruendo, a calcestruzzo e I-pod. La musica per questo ci dà la parvenza di comunità. Nell’amalgama quotidiano sembra mischiare le carte. Ma le carte rimangono sempre nel loro posto. La musica ci fa dimenticare l’imbarazzo del silenzio.

Grazie Steve, ci hai permesso finalmente di sbarazzarci dell’altro. Due cuffie per ignorare. Anzi, la nostra musica va contro quella dell’ambiente: alziamo il volume per non sentire l’altra di musica. Saremo soli. Per milioni e milioni di brani. Lo sai che nel mio I-pod ho 5 giorni di musica? Chi ha mai ascoltato tutte le proprie collezioni di album? Vengono usate a dosi: la musica serve solo per ricordarci che siamo uniti con noi stessi. Che il nostro ombelico con l’altro è tagliato.

Silenzio, Maestro!

La musica viene spesso vista come un’arte indipendente. Ho invece il sospetto che le sue note, la sua percezione e lo stesso modo con cui essa è percepita nasce dal proprio tempo. Degli autori sono più ricordati nella storia della musica perché, più di tutti, hanno saputo interpretare i segni del tempo. Delle vere e proprie aruspici del suono.

Silenzio, Maestro!

Riscopriamo il piacere della musica

E ora mi collego alla mia coscienza, e scarico un minuto di silenzio.



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