Da ieri notte Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Susan Dabbous e Andrea Vignali sono in Siria. Il lavoro che hanno appena iniziato per ‘La Storia siamo noi’ (Rai2) è una continuazione di Siria 2.0, anche se non sarà (almeno nelle intenzioni) un reportage di guerra ma un vero e proprio esperimento di giornalismo partecipativo, come spiegato qui sotto. Questa volta purtroppo non farò parte della partita (dal 9 aprile infatti sarò in Iraq per precedenti impegni di lavoro) e come tutti dovrò seguire il loro lavoro a distanza.
Resterò quindi incollato a internet e leggerò delle tappe del loro viaggio su La Storia siamo noi.
In bocca al lupo e che gli dei siano con voi!
- Dal blog di Amedeo Ricucci -
Onesta, umiltà, passione, competenza, interazione e trasparenza: sono secondo me i presupposti per costruire un nuovo patto di fiducia fra giornalismo e pubblica opinione nell’era della Rete e dei social network. Non c’è altra via per recuperare la credibilità di un mestiere che sembra aver perso l’anima, oltre che la bussola, e si dimostra sempre più incapace di intercettare le esigenze reali dei suoi ”editori di riferimento”, quelli veri, che sono i lettori o i radio-tele-spettatori, al cui servizio noi giornalisti dovremmo porci, sempre. Le tecnologie digitali offrono da questo punto di vista delle opportunità gigantesche per innervare di linfa fresca il nostro lavoro, per ridargli senso e dignità. Bastano solo un pizzico di coraggio e la voglia di sperimentare, rimettendosi in gioco personalmente.
Prendiamo il caso della Siria, una tragedia infinita che si consuma nell’indifferenza delle cancellerie occidentali e dell’opinione pubblica internazionale. Raccontarla andando sul posto non è facile, come dimostra l’alto tributo di sangue già pagato dai giornalisti e dagli operatori dell’informazione che in questi due anni hanno provato a farlo. E poi c’è il rischio dell’effetto-assuefazione, che consiglia di non esagerare con le notizie, le foto o le immagini dai fronti di guerra per non turbare troppo i sensi e le coscienze delle famigliole riunite per cena nel tinello di casa. Tutto vero. Forse, però, l’indifferenza è figlia anche della nostra incapacità di raccontare la tragedia siriana, coinvolgendo di più e meglio il nostro pubblico, rendendolo cioè partecipe di quella tragedia. Ed è una cosa che si può fare, con le tecnologie che abbiamo a disposizione. Anzi, è una cosa che si deve fare, se si crede nel dovere della testimonianza e nel diritto all’informazione.
Da questa esigenza è nato il progetto “Silenzio, si muore”, primo esperimento RAI (e italiano) di giornalismo partecipativo. Dal 1° al 15 aprile sarò di nuovo in Siria, a decidere questa volta il mio percorso di viaggio, le notizie da seguire e le storie da raccontare, sarà un gruppo di studenti di San Lazzaro di Savena, collegati costantemente con me via Skype. E’ un gruppo che ha già avuto modo di seguire il lavoro che noi di “La Storia siamo noi” abbiamo fatto nei mesi scorsi ad Aleppo con“Siria 2.0″ e sono ragazzi magnifici, da cui mi farò guidare con piacere, certo che i loro consigli, dubbi ed emozioni possano essermi altrettanto utili di quelli che può darmi un collega o il mio direttore.
Non sarà un video-gioco, attenzione. Sarà un modo per portarli con me, tutti e 20, grazie a una tecnologia che ormai annulla qualsiasi distanza. E sono certo che sarà un modo per raccontare la guerra in maniera diversa e, spero, più coinvolgente. Potranno seguirlo tutti gli internauti, sul sito RAI de La Storia siamo noi, grazie ad un web-doc che costruiremo giorno dopo giorno, io dalla Siria e i ragazzi dall‘Italia. Maggiori dettagli ve li darò nel prossimo post. Per adesso vi dico solo: accorrete numerosi, perché ne vale la pena.
P.S. SILENZIO, SI MUORE non sarà solo un web-doc e un reportage televisivo. Sarà anche una open community a cui ognuno potrà dare il suo contributo dalle nostre pagine sui social network. Cominciamo perciò a dare gambe solide a questa nostra community, condividendo questo post e gli altri che seguiranno…