Gli acrobati silenziosi di Costanza Lindi
Costanza Lindi, Silenziosi acrobati, Società editrice MonteCovello, gennaio 2014.
Cosa sono i poeti, se non acrobati che giocano sul filo delle parole?
Molti i riferimenti alla scrittura come contorsionismo, equilibrismo alla ricerca di senso. La vita del circense è vista come un’evasione dalla quotidianità, come il “diverso” che in fondo però ci spaventa e vorremmo addomesticare. Il sogno romantico, l’ideale che può essere illusorio travestimento di una sera o il costume che vorremmo sempre indossare.
La Lindi assume il teatro a metafora della vita – come non pensare a Pirandello, a Rosso di San Secondo… – Duello ci riporta alle singolar tenzoni dell’opra dei pupi siciliani, come se la vita non fosse altro che un teatrale affondare e schivare colpi di durlindana.
Fantocci, marionette e maschere di cartapesta.
Teatri, fili sospesi e fattezze comuni.
Quello che vediamo è una sagoma
del divino e del demoniaco
che si camuffa con sangue e rughe
per insegnarci l’odio e l’amore (Cartapesta).
Sono comunque molti i temi che si rincorrono nei versi della Lindi.
Indovinello e altre liriche sembrano riecheggiare i mostri del mito, che il teatro e la scrittura fanno rivivere nel nostro presente: le forze eterne agiscono in modi sottili e amano mascherarsi sotto le vesti della poesia, del racconto, della rappresentazione.
Lo scrivere è segno e prova d’eternità:
Grafite e cellulosa.
Odore d’inchiostro.
Un segno circolare
e la lettera finale
della parola eterno (O).
Ma c’è anche la disperante impotenza del silenzio accanto alla serena accettazione dell’indicibile:
non credo che riuscirò mai
a scrivere qualcosa su quel tuo guardare (Esclusiva).
C’è il rapporto dialettico con i libri e la scrittura propria ed altrui – e qui la Lindi paga il proprio simbolico tributo alle ombre della Merini, di Palazzeschi, di Caproni al quale dedica un parodico omaggio.
La lingua della Lindi è discorsiva, a volte prosaica, con guizzi improvvisi di immagini e metafore. Proprio per quel loico ragionare che è alla base della raccolta, per quel voler rimanere in bilico tra emozione e riflessione, azione e rappresentazione.
Il congedo della poetessa ribadisce la natura di play della raccolta, il suo jouer con le parole e in fondo con la vita, intendendo play e jouer nel senso più serio: recitare, suonare.
Stare sul palcoscenico, insomma, da acrobati silenziosi forse per troppa urgenza di dire e di non sapere come esprimere la vita:
E a voi lettori, forse assopiti, forse irritati, stringo la mano guardandovi negli occhi, e confesso che in fondo è stato un piacere!”
http://www.letteratu.it/2014/11/29/gli-acrobati-silenziosi-di-costanza-lindi/