Silenziosi significati - iPhoneography - Copyright 2012 Roberto Panciatici
La notte è stata movimentata. Silenziosamente movimentata per essere precisi.
Calma calma, niente sesso. Non stanotte almeno. Stanotte ero l’antitesi stessa del dinamismo fisico, e se qualcuno avesse potuto osservarmi gli sarei sembrato non così dissimile dalle statue dei Re del passato.
Stretto in un riposo di marmo. Imperturbabile e puro nel suo eterno sonno – con il puro, forse, ho esagerato un po’.
Dentro purtroppo no. Dentro c’era un bel po’ di moto, a dire il vero.
Pensieri. Rumore. Dubbi. Rumore. Fantasie dolorose. Rumore. Un leggero velo di rabbia, forse.
Fortuna che l’utilità di una vita incasinata e frenetica come la mia si palesa anche nella stanchezza che produce. Sì, perché poi alla fine arriva il sonno, e il sonno, si sa, quando arriva, arriva. È fisiologico.
Para para pà. Para para pà – sveglia dell’iPhone. Riff di pianoforte. Ore 6:30 am.
La sveglia, con la sua musica fastidiosa, apre le danze dell’oggi.
S’inizia presto, stamattina. E la mia giornata va subito in scena. Su il sipario. Il Nosferatu che c’è in me prende vita, e mi ergo dal letto con vampiriche movenze – avete presente come si alza Dracula nel film Nosferatu? Figo, vero? Beh, in realtà mi sono rotolato lateralmente, infilato le ciabatte e precipitato in bagno. Tutto questo con un certo stile però eh. Sia chiaro!
Impeto. Energia. Recitazione. Ritmo. La mia voce ha potere, stamani. La mia vita determina qualcosa d’importante. È doloroso, a dire il vero, ma sento che è importante. Stamani ho risvegliato con me un po’ di coraggio nuovo. Stamani non ho paura.
Neanche di perdere te.
Dopo essermi vestito mi guardo intorno perché nella stanza c’è qualcosa che non mi torna. Mi fermo un attimo. Ascolto.
C’è silenzio. Solo silenzio. Un gran bel silenzio, aggiungerei.
È il silenzio delle idee chiare, quello che ti compare in testa quando il vorticarsi dei pensieri sulle mille cose da fare, o da decidere, smette di agitarti la vita. Tutto, anche se non sai come, si sedimenta al suolo, ed è proprio lì che si scorge la meta.
Chiara. Inequivocabile. La linea d’arrivo è li. Adesso va solo raggiunta – hai detto niente!
Questa cosa mi strappa un sorriso. E un velo di tristezza. So che ci saranno difficoltà, ma non me ne preoccupo più di tanto adesso. Non ho pensieri chiari sul da farsi, su cosa rincorrere o su come sistemare le cose, ma adesso so dove devo andare.
Prendo in mano il cellulare. È da ieri notte che attendo un essemmesse che non arriva. So che arriverà e che reciterà situazioni che già conosco. Solo gli attori cambieranno.
Fattezze nuove, nuovi nomi, per tante vecchie e note situazioni.
La vita ama riproporsi in cicli da cui stentiamo a prendere le distanze. È un po’ come ripetere lo stesso identico errore da diversi punti di vista, giusto per essere davvero sicuri di aver sbagliato per bene. Io per primo, intendiamoci, solo che stavolta, no dico stavolta, inizio a vederci un po’ più chiaramente. E questo succede molto prima del solito. Le esperienze passate mi hanno sicuramente reso più forte, e la forza, se c’è, può essere usata per generare Bene. Per creare valore.
Confortante. Sì, direi che è piuttosto confortante.
Mi sento addosso
la bellezza di cui solo i vinti sono capaci. E la limpidezza delle cose deboli. E la solitudine, perfetta, di ciò che si è perduto.
Ma vinto non vuol dire sconfitto, e poiché sconfitto non sono ho ancora forza e potere per scegliere di far tesoro di tutto questo.
Avevo paura di perdere una donna poco tempo fa. Ho avuto paura perché ho incontrato una persona che mi ha fatto vacillare e tremare il cuore tanto da farmi riscoprire che il mondo, nonostante tutto, va sempre e solo avanti.
Oggi so che grazie alle mie scelte non perderò una donna, ma ne perderò addirittura due. Eppure questo, stamani, mi fa sorridere di buono.
Rinnovo la scelta che ho fatto per me. Oggi mi sento forte. Oggi mi amo un po’ di più.
Chi verrà domani, perché domani qualcuno verrà, troverà un po’ d’amore in più dentro di me, e qualche nuovo battito puro di cuore da ascoltare.
Un cuore. Non due. Non tre. Un cuore. Il mio.
Esco di casa. Imbocco la strada verso la piazza poco distante dal mio palazzo. Un uomo mi fissa mentre sfilo davanti ai tavoli del bar. È più intento a osservare me che a bere il suo caffè, mentre una miriade di rondini fanno da tetto alla piazza.
Non so il perché, ma non lo guardo negli occhi per il timore di vederlo come nudo. Mostro il mio miglior sorriso all’edicolante e procedo oltre a passo lento, per poi puntare lo sguardo per terra.
La pietra che scorre sotto alle mie scarpe è scura e fredda. E io continuo a sorridere. Pure a lei.
Mentre scorre non conta se è lei che indietreggia o io che vado avanti. Quel moto comunque esiste.
Il rumore del traffico diventa una cornice perfetta per i silenziosi significati di una mattina affollata. Una mattina con un solo, chiaro, pensiero: avere una direzione è importante.
Avere uno scopo può valere una vita.