Ancora ottenebrato dagli effetti dell’elisir di lunga vita, che la buonanima di Scapagnini aveva appositamente, e sapientemente, mixato per lui, Silvio Berlusconi ha definito “quattro sfigati pensionati che si mettono insieme per cambiare l'Italia” i personaggi coinvolti nella cosiddetta P3 di recente scoperta. Ma a parte il noto faccendiere Flavio Carboni, che si tinge comicamente il parrucchino per non dimostrare i 78 anni che ha, gli altri implicati in questa ennesima pagina buia di storia dell’Italia repubblicana, di anni ne hanno meno di 74, cioè dell’età del capo. Immaginiamo la felicità che hanno provato Denis Verdini, Marcello Dell’Utri, Nicola Cosentino, Ugo Cappellacci e i giudici e funzionari dello Stato coinvolti nella vicenda, quando hanno letto la dichiarazione di Berlusconi in cui gli dava praticamente dei “rincoglioniti”. E dire che la P3 agiva solo ed esclusivamente in nome e per conto suo, cioè del Capo, cioè dell’ultrasettantenne presidente del consiglio in perenne crisi pre-adolescenziale. La scoperta di questa “nuova” setta segreta (non a caso l’imputazione che pesa sulla testa degli affiliati fa riferimento alla “legge Anselmi”) è stata resa possibile grazie alle intercettazioni telefoniche durante le quali i soci del circolo dei pensionati di “Forza Italia” trattavano business e si davano appuntamenti, in perfetto stile mafioso-piduista, per “avvicinare” non solo politici utili a concludere affari, ma anche quei giudici che con i procedimenti giudiziari del Capo o le leggi ad personam avevano in qualche modo a che fare. Così, dal “processo Mondadori” al lodo Alfano, gli amici pensionati si interessavano in qualche modo delle pendenze di Silvio Berlusconi il quale, ovviamente, ha subito tenuto a precisare che “trattasi dell’ennesimo polverone giacobino”. Per i curiosi che leggono attentamente i giornali, venire a sapere che uno dei vezzi preferiti di questa classe politica nata all’ombra del Sifar, del Piano Solo, di quello di “Rinascita dell’Italia” di Gelli sono figli legittimi dei dossier taroccati, di quei carteggi costruiti appositamente per distruggere l’immagine dell’avversario politico (e non solo), non è stata una sorpresa. Il “caso Boffo” ne è stato un esempio (maldestro) e quello legato a Caldoro, neo governatore campano, il prosieguo. In entrambi i casi le sfera sessuale è stato il denominatore comune ma, mentre nell’affaire Boffo ha raggiunto lo scopo di farlo dimettere dalla direzione di Avvenire, a Ernesto Sica, confezionatore di quello su Caldoro alle prese con i trans (se uno nomina Marrazzo non fa un cent di danno), il dossier taroccato è costato le dimissioni e anche una imputazione. Chi credeva che la Loggia Massonica P2 fosse uno sbiadito ricordo o un agitar fantasmi è servito. Saranno anche leggermente invecchiati rispetto ai tempi d’oro, ma gli affiliati sono vivi, vegeti, attivi e…pericolosi. Grazie alle intercettazioni telefoniche però, si è scoperto anche quello che tutti sapevano ma che da Formigoni alla Moratti, da Bossi a Calderoli avevano sempre negato. Fra la Lombardia e la Calabria l’unica differenza che esiste è che a Catanzaro non c’è il Duomo di Milano, per il resto il mondo è lo stesso n’drangheta e sistema malavitoso in generale compresi. Le intercettazioni (continuiamo a capire per Silvio non le vuole), sono diventate il momento centrale dell’interesse internazionale nei nostri confronti. Prima la Commissione Giustizia della Ue per bocca della commissaria Viviane Reding, poi l’Ocse attraverso Dunja Mijatovic, responsabile per la libertà dei media e, infine, Frank La Rue, responsabile Onu sui diritti di espressione si sono, e si stanno occupando di noi come fossimo realmente un paese retto da un dittatorello privo di scrupoli e poco avvezzo alle regole democratiche; non sanno, le tre eminenti personalità internazionali, che l’Italia è governata da uno statista la cui unica intuizione politica è la “teoria del cucù” utile solo a far perdere la pazienza ad Angela Merkel. Berlusconi è alla frutta. Lo si avverte, lo si percepisce, si sente nell’aria ma, affatto propenso a diventare l’emulo di Hitler nel bunker o a fare la fine di Mussolini a Piazzale Loreto, Silvio prima di mollare tirerà calci a destra e a manca e i suoi ultimi colpi di coda saranno quelli di un serpente a sonagli: letali. Quello che maggiormente ci preoccupa è il dopo, non vedendo all’orizzonte nessuno in grado di riportare il nostro povero paese su una strada di ordinaria normalità né di liberarci, a breve, di tutte le tossine di cui un regime nefasto come quello di Berlusconi ha intriso i cervelli di questa nazione. E i colpi di coda non saranno scherzi né cucù. Agli imbelli del “dialogo a tutti i costi" con Berlusconi consigliamo tanta cenere con la quale cospargersi quel capo di…cazzo.