Silvio e l'onnipotenza. La strana teoria del “caos frenetico”
Creato il 26 novembre 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
In partenza per Pyongyang, dove si recherà per cercare di risolvere la crisi fra le due Coree inviato direttamente dal Padreterno, Berlusconi ha colto l’occasione dell’incontro con le parti sociali per la presentazione del suo “Piano per il Sud”, per mettere in scena l’ennesimo spottone auto promozionale. Invece di discutere con industriali e sindacati dei problemi del Mezzogiorno, Silvio ne ha approfittato per rivendicare al suo governo l’uso del verbo “fare”, i successi personali sul palcoscenico della politica internazionale, la sparizione della monnezza a Napoli, la ricostruzione del centro storico dell’Aquila, il processo di beatificazione avviato per Vittorio Mangano, costato solo qualche milioncino di euro da destinare alle scuole cattoliche, la bonifica della Maremma, il prosciugamento del Fucino, il traforo del Frejus e quello del Monte Bianco, la Salerno-Reggio Calabria e, infine, la commercializzazione a costo zero della “pillolina di Scapagnini”, quella che permette di spaccare le donne in due trasformando il “Walter” (dotta citazione littizzettiana) in un ariete lanciafiamme. Non solo, ha approfittato dell’incontro per conoscere finalmente Susanna Camusso, nuovo segretario generale della Cgil alla quale ha detto: “Complimenti, tanto più cattiva della Bindi non potrà essere”, confermando quanto abbiamo sospettato da sempre e cioè che lui vorrebbe tanto farsi Rosy ma la Bindi non gliela da. Mentre appena fuori da Palazzo Chigi il governo andava sotto due volte sul ddl della Gelmini, Berlusconi continuava a gigioneggiare al tavolo di consultazione prendendosela con tutto il mondo fuori dalla sua ottica politica ormai ridotta alle dimensioni di una cartolina. In testa ai suoi deliri ci sono ancora loro, Gianfranco Fini e Pierfy Casini. Stavolta l’attacco ai due si è concentrato sulle loro aspirazioni, il primo propenderebbe decisamente per la poltrona più alta del Quirinale mentre il secondo si accontenterebbe, per il momento, di quella di Palazzo Chigi. “Non le avranno mai – ha tuonato Silvio – le ho appena fatte restaurare con i miei soldi. Sono mie”. Sempre più convinto che il 14 dicembre avrà 316 bei voti alla Camera per trascorrere in pace il santo natale, Berlusconi non ha fatto cenno a quanto sta accadendo a Roma, a Milano, a Pisa, a Firenze, a Bologna e in tutte le altre città italiane sedi di università. Tutto il mondo accademico è in rivolta e il pensiero di Silvio è rivolto a Ballarò: “Mistifica”, ha detto il Sire per poi aggiungere “Meno male che non guardo la tv”. Al sorriso beffardo della Camusso, che a prima vista sembra una con le palle, Berlusconi ha precisato: “Guardavo il Milan, ma prometto di non cambiare più canale nell'intervallo”. Ma nel corso dell’incontro non poteva non venir fuori la simpatica querelle sorta fra Bersani e la Gelmini che si sta risolvendo non ragionando sui problemi ma mostrando i voti universitari. Il primo passo lo ha fatto PierGigi il quale, sentitosi dare del “ripetente” dalla cittadina onoraria di Reggio Calabria, ha pensato bene di mostrare l’elenco dei suoi “trenta” restando in attesa di quelli della ministra. Sentitasi persa, Stellina Gelmini ha dato a Bersani del “frequentatore di violenti” per essere salito sul tetto a dare la sua solidarietà ai ricercatori finita con una canzone con tanto di accompagnamento di chitarra. Ma lasciando per un attimo da parte Berlusconi e la “megalomania che lo copre di ridicolo” (come ha argutamente osservato Piero Fassino), vorremmo tornare alla dichiarazione resa da Emma Marcegaglia sul ddl per l’università. Ha detto Emma: “Chiediamo a tutte le forze politiche di approvare nel più breve tempo possibile la riforma dell'università, pur se è perfettibile, perché introduce elementi importanti per una governance più efficiente e per una migliore valutazione del merito. Sarebbe veramente inaccettabile che per litigi interni cadesse”. Se il presidente degli industriali definisce “buona” una riforma universitaria che di fatto trasforma in casta i pochi fortunati che potranno accedervi, c’è qualcosa che non ci quadra. E anche se in questo momento abbiamo le idee confuse dopo aver ascoltato il “discolo Massimo Ciancimino”parlare di mafia e la mamma, fra un sorriso e l’altro, dare una rasoiata a Silvio e Marcellino pane e caponata, la perorazione della Marcegaglia ci suona sospetta. Sono anni che gli industriali provano a mettere le mani sull’università, qualche timido tentativo lo ricordiamo perfino ai tempi remotissimi dei nostri studi accademici, ma ora la cosa si fa sfacciata come tutto nell’era di Mr.B. Sarà perché quando sentiamo parlare di “governance” ci viene la pelle d’oca, e la voglia irrefrenabile di prendere in mano un martello, ma una riforma condivisa dagli industriali in un paese in cui il diritto allo studio è garantito a tutti, rappresenta una sorta di perverso controsenso e la voglia di fare in modo che i figli degli operai facciano gli operai, dei contadini i contadini, dei parrucchieri gli shampisti e degli industriali i big dell’industria. Meno male che alla “voglia di casta” si risponde lanciando uova, in altre parti sarebbero volate molotov.
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