Nei pomeriggi che aveva liberi, Renato passava da casa: «Si va di là? – chiedeva. Erano gli anni delle nostre girate al di là del pontegirevole, dopo le darsene e i cantieri navali, nella spiaggia di levante rimasta a poggioni con l’antica folta pineta che sottendeva l’arcata marina del Balipedio fino a mamài. All’infuori di qualche vecchio arsellaio aggiogato al rastrello, e le solite donne intente a raccogliere legni di straccatura, non vi era altro segno di vita; né altro segno che la mano dell’uomo e lo stesso mare avesse mutato l’aspetto delle cose nei deserti chilometri attorno. La sabbia non ancora adulterata dalle folle estive era tutta un brillìo sulle dune lavorate dal vento, sia se sfiorata dal sole, sia dalla luna.
Si camminava in silenzio, bàttima bàttima fra gli straccàli che le mareggiate imponenti ammucchiavano a terra in seguito alle piogge dirotte in montagna e alla piena dei fiumi. In quella fiera di cose, Renato osservava con interesse i rami scosciati, le radici contorte, i viluppi vegetali, gli avanzi di quanto adoperato dall’uomo nelle aie e nei beni domestici [… ]
Ma vi erano anche relitti marini, forse, di velieri ridotti a fare avarìa, sorpresi al largo da violenti uragani, o di velieri finiti per occhio, chissà dove, chissà quando: parti di opere morte, boccaporti, staminali, incinte di lance, sferze di vele, osteriggi, e non di rado magnose e chiodare che i marinai indossavano a bordo durante i quarti in burrasca.
Nei grigi e freddi meriggi spazzati dal vento con la pioggia ferma nell’aria, il mare spianato a ritroso, ci piaceva accendere un fuoco e poi alimentarlo con straccàli di bosco.
Anche gli arsellai ne accendevano lungo la riva uscendo bagnati dalla secche marine. Erano vecchi marinai della vela ridotti a ripieghi per attondare la magra pensione. Alle volte venivano al nostro.
«O ragazzi,» dicevano, «che ci fate qua con la tramontana che pela?»
E si accosciavano sopravento alle fiamme, le mani gronchie protese, il tremito addosso. Né io né Renato non avremmo mai confessato che ci garbava quel cielo basso e chiuso, la maretta che frangeva a giusti intervalli, le nostre orme lasciate sulla bàttima, gli straccàli come come compagni di spiaggia.