Ormai assediato come Davy Crockett (versione John Wayne), non a Fort Alamo ma a Palazzo Chigi, Silvio guarda triste e sconsolato le pistole che hanno smesso di fumare ormai da tempo. Per lui non è un buon momento: amministrative perse, referendum persi, barzellette che non fanno ridere, popolarità al 29 per cento, Gianni Letta, il suo unico uomo di fiducia, che rischia di essere travolto dallo scandalo Papa-Bisignani, Bossi che fa i capricci e che rimanda a Pontida ogni decisione sulla sopravivenza dell’esecutivo, Maroni che in conferenza stampa non lo degna di uno sguardo né di un apprezzamento, i vescovi in fibrillazione, il partito allo sfascio, Nicole che non gliela da più, Alfano che boccheggia in mezzo alla tempesta perfetta di Scaloja, La Russa e Verdini e ora ci si è messo pure Selah Lively-Brunetta con la storia dei precari. Lo capiamo, Silvio. Fosse accaduto a noi, di avere intorno gente simile, avremmo lasciato da un pezzo, soprattutto potendo godere del suo conto in banca. Ma lui non molla. Resta aggrappato al lettone di Palazzo Chigi come una ventosa sul vetro deciso a “resistere, resistere, resistere”. A settant’anni suonati, e con una vivacità friccicarella da diciottenne, Silvio potrebbe anche optare per una vita un po’ più ritirata e, finalmente, coronare il sogno della sua vita: costruire ospedali per bambini sotto la supervisione di Don Verzè. Perché lui, Silvio Berlusconi I°, ha davvero un gran cuore. È buono dentro, non sa dire di no, non ha mai licenziato nessuno, eccede in filantropia fino a cacciarsi nei guai, e non è vero che è malato come dicono Veronica e Flavio, è solo un pezzo di pane al quale il destino ha riservato l’amara sorte di essere perseguitato dai giudici, dai sindacati, dai comunisti, dai preti operai, dalle veline assatanate di sesso, dagli idraulici, dai giardinieri, dai casellanti autostradali, dai sagrestani, dalle perpetue, dai campanari e perfino dagli agenti della scorta che non gli evitano duomate in faccia. Dopo l’uscita infelice di Selah al convegno sull’innovazione e l’esplosione dello scandalo Bisignani, ci raccontano di un Silvio amareggiato, cupo, immerso nei suoi pensieri, preoccupato di dove poter allocare il palo per la lap-dance visto che la stampa di sinistra gli ha scoperto tutti i covi. Non si fa la doccia, non si rade, non lava i capelli col Dixan liquido, è diventato, insomma, un leader della sinistra con tanto di aroma di trinciato forte che si porta addosso come un ex sessantottino qualsiasi. Legge il Giornale e ogni tanto da una sbirciatina a Libero perché gli altri non riesce proprio a digerirli. Pensa: “Questi almeno parlano bene di me visto che li pago”. Quel tafano di John Henry Woodcok ha deciso di andare fino in fondo all’inchiesta sugli affari torbidi di Luigi Bisignani, un faccendiere che Antonio Di Pietro (nella versione Pm) conosce molto bene. E a quanto sembra, l’ex piduista non brilla certo per riservatezza visto che il primo che ha tirato dentro è stato il braccio destro di Silvio, nonché nunzio apostolico presso il Pdl, Gianni Letta. Ma più che di Pontida, Silvio è preoccupato per Brunetta. Dopo il casino che ha combinato offendendo la mezza Italia che vive di precariato, il ministro invece di metterci una pezza e chiedere umilmente scusa per la bestialità di cui si è reso protagonista, ha continuato imperterrito ad attaccare, peggiorando la situazione a un punto tale che perfino l’accondiscendente Avvenire si è permesso di dargli una sculacciatina sul popò. Ma l’idea geniale, come sempre, ce l’ha avuta quel gran pezzo di onorevole che si chiama Giorgio Stracquadanio il quale ha minacciato, “Puniamo gli statali che vanno sul web”, alludendo agli oltre 10mila insulti ricevuti da Brunetta sul suo profilo Facebook. In questa epoca di deliri ci sta di tutto, anche che Stracquadanio voglia punire gli impiegati colpevoli di un vaffanculo ministeriale su Facebook, ma che Brunetta dica che su FB ha ricevuto perfino pallottole ci sembra davvero una gran cazzata. A meno che Mark Zuckerberg non abbia inventato la versione 3D della sua creatura senza avvisarci, il paraculo.
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Silvio: “Vorrei mollare tutto”. Palazzo Chigi come Fort Alamo
Creato il 17 giugno 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Ormai assediato come Davy Crockett (versione John Wayne), non a Fort Alamo ma a Palazzo Chigi, Silvio guarda triste e sconsolato le pistole che hanno smesso di fumare ormai da tempo. Per lui non è un buon momento: amministrative perse, referendum persi, barzellette che non fanno ridere, popolarità al 29 per cento, Gianni Letta, il suo unico uomo di fiducia, che rischia di essere travolto dallo scandalo Papa-Bisignani, Bossi che fa i capricci e che rimanda a Pontida ogni decisione sulla sopravivenza dell’esecutivo, Maroni che in conferenza stampa non lo degna di uno sguardo né di un apprezzamento, i vescovi in fibrillazione, il partito allo sfascio, Nicole che non gliela da più, Alfano che boccheggia in mezzo alla tempesta perfetta di Scaloja, La Russa e Verdini e ora ci si è messo pure Selah Lively-Brunetta con la storia dei precari. Lo capiamo, Silvio. Fosse accaduto a noi, di avere intorno gente simile, avremmo lasciato da un pezzo, soprattutto potendo godere del suo conto in banca. Ma lui non molla. Resta aggrappato al lettone di Palazzo Chigi come una ventosa sul vetro deciso a “resistere, resistere, resistere”. A settant’anni suonati, e con una vivacità friccicarella da diciottenne, Silvio potrebbe anche optare per una vita un po’ più ritirata e, finalmente, coronare il sogno della sua vita: costruire ospedali per bambini sotto la supervisione di Don Verzè. Perché lui, Silvio Berlusconi I°, ha davvero un gran cuore. È buono dentro, non sa dire di no, non ha mai licenziato nessuno, eccede in filantropia fino a cacciarsi nei guai, e non è vero che è malato come dicono Veronica e Flavio, è solo un pezzo di pane al quale il destino ha riservato l’amara sorte di essere perseguitato dai giudici, dai sindacati, dai comunisti, dai preti operai, dalle veline assatanate di sesso, dagli idraulici, dai giardinieri, dai casellanti autostradali, dai sagrestani, dalle perpetue, dai campanari e perfino dagli agenti della scorta che non gli evitano duomate in faccia. Dopo l’uscita infelice di Selah al convegno sull’innovazione e l’esplosione dello scandalo Bisignani, ci raccontano di un Silvio amareggiato, cupo, immerso nei suoi pensieri, preoccupato di dove poter allocare il palo per la lap-dance visto che la stampa di sinistra gli ha scoperto tutti i covi. Non si fa la doccia, non si rade, non lava i capelli col Dixan liquido, è diventato, insomma, un leader della sinistra con tanto di aroma di trinciato forte che si porta addosso come un ex sessantottino qualsiasi. Legge il Giornale e ogni tanto da una sbirciatina a Libero perché gli altri non riesce proprio a digerirli. Pensa: “Questi almeno parlano bene di me visto che li pago”. Quel tafano di John Henry Woodcok ha deciso di andare fino in fondo all’inchiesta sugli affari torbidi di Luigi Bisignani, un faccendiere che Antonio Di Pietro (nella versione Pm) conosce molto bene. E a quanto sembra, l’ex piduista non brilla certo per riservatezza visto che il primo che ha tirato dentro è stato il braccio destro di Silvio, nonché nunzio apostolico presso il Pdl, Gianni Letta. Ma più che di Pontida, Silvio è preoccupato per Brunetta. Dopo il casino che ha combinato offendendo la mezza Italia che vive di precariato, il ministro invece di metterci una pezza e chiedere umilmente scusa per la bestialità di cui si è reso protagonista, ha continuato imperterrito ad attaccare, peggiorando la situazione a un punto tale che perfino l’accondiscendente Avvenire si è permesso di dargli una sculacciatina sul popò. Ma l’idea geniale, come sempre, ce l’ha avuta quel gran pezzo di onorevole che si chiama Giorgio Stracquadanio il quale ha minacciato, “Puniamo gli statali che vanno sul web”, alludendo agli oltre 10mila insulti ricevuti da Brunetta sul suo profilo Facebook. In questa epoca di deliri ci sta di tutto, anche che Stracquadanio voglia punire gli impiegati colpevoli di un vaffanculo ministeriale su Facebook, ma che Brunetta dica che su FB ha ricevuto perfino pallottole ci sembra davvero una gran cazzata. A meno che Mark Zuckerberg non abbia inventato la versione 3D della sua creatura senza avvisarci, il paraculo.
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