Il Serpente Piumato Kukulcan
La piramide maya detta El Castillo (o Tempio di Kukulcan) a Chichén Itzà è un raffinato esempio di simbolismo astronomico ampiamente studiato dai ricercatori. Kukulcan, il Serpente Piumato, era una divinità associata al pianeta Venere che i Maya avevano importato dal nord; gli Aztechi lo chiamavano Quetzalcoatl e, a loro volta, avevano ereditato tale culto dai più antichi e misteriosi Toltechi. Come Afrodite-Venere era generalmente una dea benevola in occidente, Kukulcan era il dio maya della fertilità, della medicina, della semina e del raccolto, colui che dava indicazioni per armonizzare le azioni umane ai ritmi universali.
Solo nel 1980 ci si rese conto di un singolare fenomeno ottico che riguarda la piramide di Chichén Itzà: una foto scattata il 21 marzo (Equinozio di Primavera) evidenziava un curioso gioco di luci e ombre fra i gradoni del lato Ovest, la scalinata di 91 gradini del lato Nord e il corpo del Serpente Piumato che le fa da margine e balaustra per tutta la lunghezza fino formare con la coda una delle colonne del tempio.
Infatti, in quel giorno il Sole al tramonto illuminava con una particolare inclinazione i gradoni della piramide, e questi, proiettando la loro ombra sul lungo corpo cilindrico di Kukulcan, formavano sette triangoli isosceli illuminati dando l’impressione nettissima che il Serpente scendesse sinuosamente la scalinata. Si verificò poi che il fenomeno si ripeteva immancabilmente al tramonto di ogni Equinozio, due volte l’anno, probabilmente in concomitanza con antichi riti cultuali solari che si svolgevano sulla piramide, confermando così le teorie di Luis Arochi, che si era stupito del fatto che le effigi del Serpente Piumato fossero decorate da spirali in tutte le altre piramidi della città, con l’eccezione appunto di El Castillo.
Lo stesso effetto ottico della piramide maya si verifica, sempre durante gli Equinozi, anche nelle notti in cui ci sia il plenilunio, come a voler significare una corrispondenza fra il principio solare-maschile e quello lunare-femminile.
Ho verificato personalmente l’orientamento di El Castillo e la sua funzione sacrale di “calendario”: al tramonto del Solstizio d’Inverno sono perfettamente illuminati dai raggi solari soltanto i lati Sud e Ovest della piramide; la somma dei 91 gradini delle scalinate dei quattro lati della costruzione più il gradino unico per accedere al tempio superiore dà 365 (91 x 4 + 1), numero corrispondente ai giorni del ciclo Haab’ che equivale approssimativamente all’anno tropico; lungo le facciate ci sono 52 pannelli in pietra, pari agli anni di un ciclo secolare maya; infine il tempio sulla sommità della piramide tronca presenta terrazze con 18 sezioni come i mesi del calendario civile maya, e altre 20 figure a spirale quadra come il numero dei giorni di tali mesi.
I popoli mesoamericani avevano infatti tre calendari: uno civile composto di 18 mesi di 20 giorni (più 5 giorni considerati particolarmente infausti nei quali non si doveva svolgere alcuna attività), uno religioso e rituale di 20 mesi di 13 giorni (260 giorni) e il terzo basato sulle rivoluzioni del pianeta Venere (circa 5 rivoluzioni per ogni 8 rivoluzioni terrestri). I primi due calendari venivano a coincidere solo ogni 52 anni (secolo maya).
I motivi pratici di una tale precisione rappresentano un mistero, così come la particolare importanza attribuita ai cicli del Sole e di Venere, incarnati forse nei gemelli Hunahpù e Ixbalanqué, che sconfissero i Signori inferi di Xibalbà nel gioco della “pelota” nel mito cosmogonico narrato nel Popol Vuh.
Il mistico pentagramma di Venere
Dante Alighieri, fedele d’Amore, si disse sempre mosso da tale superiore sentimento, e dedicò a Venere l’inizio del Canto VIII del Paradiso, spiegando come il pianeta si mostri alternativamente nel cielo orientale sorgendo prima del Sole, oppure poco dopo il tramonto a occidente: “…la stella che ‘l sol vagheggia or da coppa or da ciglio”.
Per inciso, poiché 216° : 72° = 3, il pentagramma ha 5 punte, e sono 8 gli anni terrestri di durata del ciclo di 13 rivoluzioni di Venere, si noti che 3, 5, 8 e 13 sono numeri contigui della serie di Fibonacci, che è in relazione con la suddetta Proporzione Aurea, e con il pentagramma regolare, a confermare ciò che Keplero chiamò “armonia delle sfere”.
L’eclissi del 6 giugno 2012
Ma un perfetto allineamento di Venere con il Sole tale da ottenere un’eclissi non avviene sempre nel breve ciclo di 8 anni a causa della diversa inclinazione del piano delle orbite terrestre e venusiana, ma solo quattro volte nel periodo di 243 anni. È singolare e interessante notare che ciò avviene sempre in prossimità dei Solstizi (due volte in giugno e due in dicembre), come a voler simbolicamente significare la natura benevola della luce solare; e quasi a sottolineare che il pianeta della dea dell’amore, visto dalla Terra nelle sue due eclissi cicliche, è poco più di un “neo” scuro sul disco del Sole (con un diametro trenta volte inferiore) proprio nei momenti più mistici del suo ciclo annuale: il Solstizio d’Estate, con la sua massima forza e durata, e il Solstizio d’Inverno, quando è più debole e basso sull’orizzonte, ma già pronto a risollevarsi nella sua graduale e inarrestabile ascesa.
Il raro e perfetto allineamento Terra-Venere-Sole che si è verificato tra il 5 e il 6 giugno 2012 è stato un evento astronomico di rilievo anche per ciò che riguarda la concezione precolombiana del tempo e dei suoi cicli, al punto che alcuni lo hanno messo in relazione con la famosa data del 21 dicembre dello stesso anno.
La zona migliore per osservare questa speciale congiunzione Venere-Sole è stata quella dell’America settentrionale e dell’Oceano Pacifico, mentre in Italia è stata visibile soltanto nelle primissime ore del mattino del 6 giugno non oltre le 5.50 (ora solare).
La congiunzione del giugno 2012, precedendo la fatidica data del 21 dicembre con il termine del Lungo Computo, ha completato un lungo ciclo di 243 anni, iniziandone uno nuovo che si concluderà nel 2255: stiamo assistendo alla nascita di una Nuova Era?
Si noti che, sempre dal punto di vista terrestre, dopo 8 anni, già nel 2020 il Sole e Venere si troveranno ancora allineati con lo stesso segno zodiacale, proprio nell’anno che il celebre astrologo francese André Barbault considera il più critico del secolo per l’umanità nel suo studio sui cicli dei pianeti lenti. Da tempo in ambito astrologico si parla dell’incipiente Era dell’Acquario, anche se sul suo preciso inizio ci sono pareri assai discordi. Anche in altri ambiti si percepiscono comunque i sintomi della fine di un’epoca e i primi incerti passi della successiva. I cicli planetari di Venere e il calendario maya possono forse aiutarci a scandire e comprendere i ritmi del percorso dell’umanità così come erano usati per prevedere eventi nefasti e guerre dagli antichi abitanti dello Yucatan?
Il ciclico ritorno di Quetzalcoatl-Kukulcan-Venere aveva un significato simbolico di grande importanza per i popoli mesoamericani, che ne consideravano anche la duplice natura di stella del mattino e di astro crepuscolare (Lucifero e Vespero in area mediterranea). La testa e la coda del Serpente Piumato erano immaginate rincorrersi senza fine nel cielo come nella mistica figura dell’Uroboro, e come le apparizioni mattutine e serali del pianeta più brillante nel cielo terrestre: Quetzalcoatl era il dio azteco della stella del mattino, mentre suo fratello gemello Xolotl era la stella della sera.
Secondo la mitologia azteca (di origine tolteca), il Serpente Piumato Quetzalcoatl aveva lungamente regnato a Teotihuacàn predicando la pace e diffondendo la sapienza, prima di andarsene su un’imbarcazione scomparendo oltre l’orizzonte del Mare Orientale.
L’attesa quasi messianica del suo ritorno giocò un certo ruolo anche nel 1519, quando Hernan Cortès sbarcò sulle coste messicane: poiché la leggenda descriveva l’incarnazione di Quetzalcoatl come una figura barbuta e dalla pelle chiara, l’arrivo degli spagnoli dall’Oceano Atlantico fu interpretato dagli Aztechi come il lungamente atteso ritorno della divinità. L’imperatore Montezuma accolse gli stranieri con timore reverenziale, e successivamente accettò con una certa rassegnazione la sconfitta e la schiavitù del suo popolo.
L’astuta e spregiudicata intraprendenza dei conquistadores, la loro crudele avidità, le armi da fuoco, i cavalli (animali mai visti dagli amerindiani) e le alleanze con popoli tradizionalmente nemici degli Aztechi fecero il resto.
Corrispondenze numeriche e tarologiche
Il Lungo Computo maya aveva una durata di 1.872.000 giorni, cioè di circa 5125 anni. Certamente non sarà sfuggito a quegli antichi osservatori del cielo che in un Lungo Computo si svolgevano 21 cicli completi del pianeta Venere (5125 : 243 = 21), e questa relazione difficilmente può essere casuale. Non so che cosa questo numero significasse per i Maya, ma il 21° Arcano dei Tarocchi rappresenta simbolicamente il compimento finale, la completezza, la realizzazione di un grande progetto, la fine della serie, il Mondo, in altre parole il cosmo nella sua armonica complessità.
Il numero 21 è anche il successivo nella serie di Fibonacci citata prima (3-5-8-13-21), in cui ogni numero è il risultato della somma dei due precedenti.
Ritengo invece incidentale il fatto che, nel nostro calendario, fosse proprio il giorno 21 del mese di dicembre 2012 quello individuato come termine del millenario ciclo dei Maya, anche se la coincidenza può apparire singolare.
Il Sole che scandisce le Ere
Un protagonista di tutta la cosmologia antica è senza dubbio il Sole, la generosa fonte primaria dell’energia vitale, della luce e del calore che permisero la nascita della vita sul nostro pianeta e il suo sviluppo. Il Sole è anche da sempre il primo dei corpi celesti utile alla scansione temporale, a causa del suo apparente moto quotidiano intorno alla Terra prima ancora che del suo ciclo annuale. Sappiamo quanto il Sole fosse importante nella mitologia mesoamericana e nei computi dei calendari sacri e profani, in relazione anche al succedersi delle epoche.
Al di là dell’Atlantico il Sole era identificato dagli Aztechi con il dio Tonatiuh, “Colui che va per illuminare e per scaldare”. Tonatiuh era spesso raffigurato con la lingua sporgente come simbolo di colui che dona il respiro, cioè la vita stessa.
Un mito azteco, simile a quello sulla nascita di Quetzalcoatl, racconta che, essendo terminata l’Era precedente nell’oscurità più completa, gli Dei si riunirono per decidere a chi sarebbero spettati l’onore e l’onere di illuminare e riscaldare il mondo nella nuova epoca che stava per nascere:
«Gli Dei si riunirono a Teotihuacàn e si chiesero ansiosi chi sarebbe stato il nuovo Sole. Al buio era visibile solo il fuoco sacro, ancora tremante in seguito al recente caos. “Qualcuno dovrà sacrificarsi e lanciarsi nel fuoco” gridarono “solo allora ci sarà un Sole”».
Fra gli Dei pretendenti uno esitò prima di sacrificarsi nel fuoco, mentre l’umile Nanahuatzin non indugiò a immolarsi gettandosi subito tra le fiamme e rinascendo quindi come l’attuale Sole Tonatiuh.
Gli Aztechi però ritenevano che l’energia che il Sole così generosamente riversava sul nostro pianeta dovesse essere rinnovata con continui e cruenti sacrifici umani: il mito, infatti, termina narrando che Tonatiuh non fu in grado di muoversi nel suo quotidiano e continuo moto nel cielo finché gli altri Dei non accettarono di sacrificarsi a loro volta donando la propria vita e facendosi strappare il cuore.
Un invito a vivere questa nuova Era, sorta con l’inizio di un nuovo lungo ciclo cosmico, in modo più umano, empatico e solidale, prima che il miope egoismo di una civiltà dominata dal denaro, basata sui consumi e sullo sfruttamento selvaggio delle risorse e del lavoro, conduca allo spegnimento dell’ultimo Sole?
Giovanni Pelosini