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Pierre Loti
I cani ci guardano dal basso. I gatti ci guardano dall'alto. I maiali ci trattano da loro pari.
Winston Churchill
In questo post si parlerà di un animale molto caro a me e ai lettori di questo blog, il maiale: uno dei post più letti di sempre è quello su Nancy la scrofa. Del resto il maiale è proprio simpatico, no? Ed è anche un animale chiave del nostro immaginario, da secoli.
Se per alcuni è il simbolo della sporcizia, in molte culture antiche il maiale rappresentava l'immagine stessa della fecondità e del benessere. A Malta, in epoca neolitica, venne raffigurata una scrofa che allattava tredici porcellini. Freyja, signora della guerra, dea germanica del desiderio e della magia, portava il soprannome di Sýr, scrofa.
Presso i Celti c'era un'importante divinità suina, Ceridwen, detta anche "la vecchia bianca"; l'eroe Manannan, poi, aveva come attributo un maiale. Nei Misteri greci di Eleusi il maiale era l'offerta sacrificale in onore di Demetra, dea della fertilità e della vegetazione.
Presso i primi abitanti pre-ispanici dell'isola di Hierro, nell'arcipelago delle Canarie, il maiale era considerato l'intermediario con la divinità della pioggia; nella simbologia dell'antica Cina era l'ultimo dei dodici segni dello zodiaco e simboleggiava, tra le altre cose, la forza virile.
Nell'antico Egitto la scrofa che divora i suoi piccoli era un simbolo della dea del cielo Nut, i cui figli - le stelle - scompaiono al mattino per rinascere a sera; vi erano anche amuleti a forma di maiale, in seguito associato anche all'uccisore di Osiride, Seth.
Nella simbologia cristiana l'esorcismo di Gesù che scaccia i demoni dai posseduti veniva spesso raffigurato come un stuolo di duemila maiali nell'atto di gettarsi in mare. La scrofa è anche un attributo dell'eremita sant'Antonio Abate, protettore degli animali: il lardo dell'animale era un tempo considerato un rimedio contro l'herpes, detto anche fuoco di sant'Antonio.
Lo ritroviamo anche nella tradizione contadina italica, come testimonia Italo Calvino nelle sue Fiabe Italiane: ecco l'incipit di Re Crin - il Re Porco, nel dialetto locale - una delle fiabe più antiche della tradizione piemontese.
Una volta c'era un Re che per figlio aveva un porco, che lo chiamavano Re Crin. Re Crin passeggiava per i reali appartamenti e di solito era molto educato, come si conviene a un reale personaggio, ma di tanto in tanto si metteva a far dispetti. Gli disse il padre, carezzandolo sulla groppa: "Cos'hai, che sei così cattivo, cos'hai?- Re Crin si mise a grugnire: "Eu, eu, voglio moglie, eu, eu, voglio la figlia del panettiere!". Il re mandò a chiamare il panettiere, che aveva tre figlie, e gli chiese se sua figlia maggiore era disposta a sposare il suo figliolo porco. La figlia, tra il piacere di sposare il figlio del Re e il dispiacere di sposare un porco, si decise per il sì.
da Re Crin in Fiabe Italiane di Italo Calvino, Einaudi, Torino, 1566.
Poi ci sono I tre porcellini, in una fiaba europea pubblicata per la prima volta da James Orchard Halliwell-Phillipps nel 1843 (nella raccolta Nursery Rhymes and Nursery Tales) che riprende un racconto di una tradizione orale sicuramente molto più antica.
Il maiale come simbolo moderno di fortuna risale all'usanza medievale di assegnare un animale come premio derisorio o di consolazione a colui che si piazzava ultimo nelle competizioni, accompagnandolo con questa canzoncina: "Chi vuol sparare fa cilecca, una scrofa da portare a casa nella manica si becca".
Lo psicologo junghiano Ernst Aeppli ha richiamato in più occasioni l'attenzione sull'anatomia del maiale, più simile a quella umana rispetto alla maggior parte dei mammiferi: sarebbe questo il motivo per il quale l'inconscio umano approva chiaramente il maiale.
Sempre Aeppli tenta di spiegare le cause della grande considerazione goduta dal maiale, quale animale domestico, in epoca precristiana. Come simbolo onirico, il maiale viene ritenuto un segno di fortuna e imminente ricchezza: "Gettando uno sguardo in ogni porcile in cui si siano dei piccoli, si può facilmente capire quanto la scrofa sia una felice e premurosa madre universale, pesante, avvolta dal fango, circondata da un autentico branco. [...] Un raggio della sua maternità quietamente risplende ancora oggi nei sogni in cui compare questo animale".
Oink!
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