Simone è una di quelle persone che solo il rugby può farti incontrare, unonovantaequalcosa, centoepassa kg, tatuato come uno yakuza, mani pesanti e grandissimo cuore. Ha gestito per anni un bar a due passi dal duomo, racimolando così tante storie che se potessi usare una sonda per entrargli nel cervello, probabilmente avrei già un libro sugli scaffali. Adesso ha smesso col bar e ha smesso col rugby, si è messo a disarticolare spalle nel valetudo e ha preso una tabaccheria sotto casa sua, ridendo delle vecchiette che si spendono la pensione nel lotto, ma è ancora in grado di tenere banco per ore, raccontandoti di quando tirò al pappagallo di un ristorante, del giornalaio di fronte al bar, che si faceva fare i pompini dentro l’edicola dalle puttane la mattina presto, o di quel capodanno in cui tenne testa con tre compagni ad una ventina di punkabbestia che avevano assaltato il locale.
Quando ero un giovane universitario perditempo, un caffè da Simone era d’obbligo se avevi appena saltato una lezione in centro, ma guai ad avvicinarsi al banco delle paste senza la sua guida, c’era roba, lì dentro che avrebbe portato il virus dell’ebola a rintanarsi in un angolo pisciandosi sotto.
“Te l’ho mai raccontata quella di Mario, lo strozzino?” mi dice passando uno straccio sul bancone con quelle dita storte da mille slogature su cui ha tatuato il nome della figlia, o almeno così pare, non s’è ancora capito da che parte vada letto.
“No quella dello strozzino mi manca, ma son di fretta…”.
“Ma niente di che fratello, non è proprio una storia. Mario era uno di San Frediano che prestava soldi, il classico pezzo di merda che dovrebbe finire male”. Con l’altra mano, su cui ha tatuato un simbolo del nucleare (non finito), tiene una sigaretta tutta storta, la cenere cade dentro una tazzina ancora da lavare.
“Ed è finito male?”
“Macché, è ancora in giro! L’ho ribeccato l’altro giorno in una sala bingo, vecchio come la merda, bloccato su una sedia a rotelle e col respiratore, che finiva un barattolo di monetine dentro un videopoker mentre e due puttanoni rumeni gliele rubavano di nascosto”.
“Tutta vita..”
“Davvero, quindi gli ho detto “Oh Mario come va?“
“E lui?”
“Mi guarda un attimo, si toglie il respiratore, tira su mezza sigaretta con un lunghissimo FFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFF, guarda i troioni e poi mi sibila..Speriamo di morire presto“
Capite perché non rimpiango i due crociati regalati al rugby?