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Se dalla sinossi sembra che ci troviamo di fronte a un film corale, beh, è meglio scordarselo fin da subito.
Sin City :Una donna per cui uccidere è un film praticamente a episodi che tiene fede alla sua origine, la graphic novel, ovvero ,varie storie tratte dalla graphic novel e assemblate , malamente , tra loro.
Non è un film organico, va a sprazzi, a episodi e proprio per questo suo saltar di palo in frasca appare spesso inconcludente nel suo alternare figure riuscite ad altre molto meno.
Oltre a questo il problema è un altro: io non sono un cultore di graphic novel e quindi il mio approccio è quello di un ignorantone negato in materia.
La domanda che mi pongo è questa : ha senso trasportare di peso l'estetica da graphic novel direttamente su schermo e dargli il dinamismo che la pagina scritta ( e disegnata ) per forza di cose non può dare?
E' cinema questo o è solo un fumetto animato?
O questo è il punto di non ritorno dell'illusione cinematografica, amplificata stavolta, da un 3 D che " gonfia " e demarca ancor di più la differenza tra pagina scritta e sequenza?
Per inciso, queste sono domande che mi ero posto anche in occasione dell'uscita del primo Sin City, quasi un eone fa in termini di progresso tecnico , ma quello almeno mi era sembrato un tentativo più sincero di fare qualcosa di diverso, di esteticamente oltre , pur con tutte le sue imperfezioni e con la confusione che regnava sovrana in virtù, soprattutto, di un cast di stars più affollato di un vagone di metropolitana nell'ora di punta.
In Sin City: Una donna per cui uccidere c'è molta più autoreferenzialità e un uso maggiormente consapevole dell'uso espressivo ma sembra che a Rodriguez interessi di più il singolo episodio, la singola sequenza rispetto al quadro complessivo dell'opera.
Che non c'è: il suo film è un patchwork di storie nere e nerissime che sembrano un po' farsi il verso l'una con l'altra, animate da uno spirito da noir anni '40, con tanto di voce fuori campo , di femme fatale e di cattivoni oltre le righe.
In particolar modo c'è la femme fatale, una Eva Green debordante, una creatura mefistofelica eppure bella come un angelo, una Jessica Rabbit malefica , una figura che assume contorni umani grazie alle curve esplosive che mette in bella mostra.
A parte le curve ,però, ha ben poco da donare, non ha statura paragonabile a quella delle migliori femme fatale della storia del noir, è un personaggio per il resto piatto a dispetto della sua multidimensionalità carnosa.
Il problema è legato in particolar modo a una sceneggiatura poco articolata e ripetitiva che non consente di far crescere i vari personaggi in campo, compreso quello di Eva Green.
Insomma se il primo Sin City sembrava un fumetto animato, nè più nè meno e si poteva anche tollerare, questo sequel uscito a quasi dieci anni di distanza appare come un ibrido che non è fumetto , nè cinema.+
E si sopporta veramente male.
Temo che verrà ricordato solo per le tette di Eva Green.
Un flop annunciato anche al botteghino.
PERCHE' SI : esteticamente , preso per singola sequenza, appaga l'occhio, un cast notevole, le tette di Eva Green
PERCHE' NO : è cinema questo?, episodico senza un quadro complessivo,autoreferenziale in modo fastidioso.
( VOTO : 5 / 10 )
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