Questa mattina ho vissuto un evento bizzarro, che me ne ha ricordato un altro, della stessa foggia (apparentemente).
Mi sveglio (ore 6.45) e mi assale il ricordo una battuta di Crozza. Non saprei spiegarne il motivo e, inoltre, confesso che m'indispettisce non poco che il primo pensiero del mattino sia di questo genere, benché Crozza mi faccia spesso ridere.
Sarebbe stato atroce, per me un'onta insopportabile, pensare a qualche stolto scatch tratto da Colorado o Zelig, che mi inoculano un tremendo senso di vuoto e sollecitato l'horror vacui. Devo ammettere, però, che sarebbe stato interessante, scientificamente, in quanto non ho mai seguito una puntata di quei due miserrimi show.
In ogni caso: la battuta di Crozza non ha importanza; ciò che conta è il fatto che egli nomini Joseph Eugene Stiglitz, un economista e saggista statunitense (la consecutio è corretta, poiché le registrazioni perpetuano l'atto nel presente).
Salgo in macchina (ore 7.30), Stiglitz mi tormenta incessantemente e, per assonanza, forse, riemerge dalla nigredo dei ricordi tale "Stiz".
Di Stiz ricordo solo il cognome. Fu (oppure "è", non lo so) un tecnico di un dipartimento universitario (che per ovvi motivi non preciso), il quale indirettamente mi creò non pochi momenti di desolazione.
Percorro la SS346, il pensiero di Stiz mi assilla; rammento aneddoti vari intorno al personaggio.
Ascolto Errepi, parte un programma sulla strage di Piazza Fontana, viene nominato il giudice Giancarlo Stiz, figura fondamentale nelle indagini sulla strage. Sono attonito. Scendo dalla macchina, inizio a lavorare. Mi domando cosa stia mai sbagliando.
premetto che ho svolto il servizio militare durante dal 1989 al 1990, in Merano.
Un commilitore, tale Quinterio (non rammento il nome), veniva da un paese brianzolo, cioè Verderio (non saprei se "superiore" o "inferiore", ma grazie a Dio pare che li si voglia unificare).
Non ho intrattenuto rapporti stretti con Quinterio e, dopo la naja, non l'ho più visto.
Passano tredici anni, mi trasferisco a Brivio (in provincia di Lecco), che non è lontano da Verderio (nel frattempo, però, il povero Quinterio era finito nella mia summenzionata e oscura nigredo; mai più l'avevo pensato).
Trascorrono altri otto anni: un venerdì mi appisolo sul divano, dopo pranzo.
Mi sveglio verso le 15.00; la bocca ed i pensieri sono impastati e densi, le mucose del palato gonfie.
Durante il pisolino ho sognato di visitare la sede di Errepi, curiosamente costruita in umide grotte sotterranee.
Nella comitiva di visitatori, con grande stupore, fra gli sconosciuti c'è Quinterio.
E' vestito da militare; parlottiamo. Mi spiega di essere rimasto nell'esercito. Trattengo il mio ontologico ribrezzo per la scelta.
Sono le 15.30 circa, una volta soppesato il ricordo di Quinterio, vado al supermercato.
Spingo il carrello, infilandomi fra due file di scaffali (Biologico e salutista sulla destra, merendine e biscotti sulla sinistra). Quando faccio per attraversare la corsia centrale, incrocio Quinterio che spinge un carrello. Il tempo l'ha raggrinzito e incanutito, ma è lui.
Resto di stucco. Non lo chiamo, lo lascio sfilare. Faccio la spesa un poco confuso, le mucose sono gonfie, i pensieri impastati. Torno a casa pensieroso.
Mi domando cosa stia mai sbagliando.