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SINDACALISTI DA ROTT-AMARE - Questo sindacalismo non sa rispondere alla crisi strutturale del trasporto pubblico

Creato il 20 ottobre 2012 da Ciro_pastore

SINDACALISTI DA ROTT-AMARE  -  Questo sindacalismo non sa rispondere alla crisi strutturale del trasporto pubblico SINDACALISTI DA ROTT-AMARE Questo sindacalismo non sa rispondere alla crisi strutturale del trasporto pubblico da “LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO” "Non è che non posso, è che non ho voglia" http://www.youtube.com/watch?v=zw8k1_hxn1M&feature=related Sai a cosa penso quando sono al lavoro? http://www.youtube.com/watch?v=jxI8c3f2H5o&feature=related La classe operaia va in paradiso- "...fabbrica de merda!" http://www.youtube.com/watch?v=VNv1Uxlq8BE&feature=related Lotta Operaia http://www.youtube.com/watch?v=VGSSmGUkkH8&feature=related Il sindacalismo italiano oggi è stretto da una parte tra un passato glorioso, fatto di tante lotte e di molte conquiste che hanno cambiato la condizione dei lavoratori nel secolo scorso, e dall’altra da un presente in cui molti sindacalisti professionisti si sono inevitabilmente imborghesiti, a causa delle lunghissime frequentazioni con quelle che una volta erano le controparti datoriali e, che, ora sono diventate spesso i loro amabili interlocutori durante pantagruelici pranzi di lavoro e simpatiche convention in località amene. Le videoclip che ho linkato in alto (che vi suggerisco di visionare integralmente), ci restituiscono un mondo che (fortunatamente) non esiste più, proprio grazie alle lotte combattute e vinte nell’epoca d’oro del sindacalismo. Nella loro drammatica crudezza, quelle immagini descrivono, con acuta profondità psicologica, l’alienazione che colpiva la classe operaia incatenata (e non solo metaforicamente) alla catena di montaggio. Le indubitabili conquiste – ottenute con sudore e sangue – in quel periodo storico, sono oggi a rischio di una temibile e consistente regressione. L’attacco concentrico del capitalismo finanziario internazionale e delle elites nazionali sta lentamente, ma inesorabilmente, erodendo un patrimonio di diritti che sembravano intangibili ed eterni. Sono bastati, invece, pochi anni di crisi economica (peraltro, di chiara origine finanziaria) per scardinare un quadro normativo che per anni ha illuso i lavoratori di aver definitivamente superato la fase storica delle lotte operaie cruente. Oggi, politica e manager (pubblici e privati) non si nascondono più dietro un fasullo clima consociativo che vedeva i rappresentati sindacali (a qualunque livello) banchettare allegramente nella felice spartizione di risorse economiche – spesso inesistenti – alimentate da un debito pubblico che ha arricchito le caste (politica, manager pubblici e sindacalisti), distribuendo solo le briciole ai lavoratori. Quegli stessi manager che prima sorridevano e distribuivano compiacenti pacche sulle spalle, oggi si stanno tramutando in terribili distruttori di diritti, in nome e per conto di pochi mandanti che (beati loro) vivono beatamente, magari in qualche lussureggiante location caraibica. Ovviamente, però, politici e manager pubblici - cresciuti e “pasciuti” nell’epoca delle “vacche obese” - sono evidentemente incapaci di gestire la crisi strutturale del mondo del lavoro, se non attraverso un imbarbarimento del clima ed un inasprimento delle condizioni di lavoro. Pari ragionamento vale per un certo tipo di establishment sindacale, che ha perso i riferimenti del passato e non possiede, in molti casi, gli strumenti logici (ma anche culturali) per affrontare il nuovo scenario che sono istituzionalmente demandati a co-governare. Come per i partiti, anche per i sindacati una volta esistevano le scuole di formazione dei quadri dirigenziali di medio-alto livello. Erano, quelle scuole, non soltanto centri di puro indottrinamento politico, ma veri e propri “think tank” in cui intere generazioni di quadri sindacali hanno costruito il loro bagaglio di conoscenze tecniche e strategiche, utili a fronteggiare non solo le lotte sindacali ma, soprattutto, indispensabili per concepire piattaforme rivendicative, che non si limitassero solo agli aspetti retribuitivi. Quei sindacalisti hanno consegnato, ai loro poco degni eredi odierni, un Paese non solo più ricco ma anche più civile, in cui le conquiste dei lavoratori non sono servite solo a migliorare le condizioni di vita ma, ed è questo il maggior merito, a costruire tra i lavoratori una cittadinanza attiva diffusa. Oggi, non solo negli uffici e nelle scuole, ma anche nelle fabbriche, i lavoratori non sono più le vittime sacrificali immolate sull’altare di un’atavica ignoranza di origine contadina. Oggi, i lavoratori sono innanzitutto persone dotate di una testa pensante , forniti di una cultura, in molti casi superiore a quella dei propri stessi rappresentanti sindacali e di buona parte dei manager pubblici (per non parlare dei politici), a cui pure è affidato il loro destino personale. Oggi, insomma, non esiste più quella classe operaia degli anni del secondo dopoguerra che era sicuramente più violenta nelle proprie rivendicazioni, ma spesso incapace di analizzare lo scenario specifico e globale in cui si dipanavano le superiori strategie, a loro totalmente ignote. Paradossalmente, però, i primi a soffrire di questa benefica evoluzione culturale delle masse dei lavoratori è stato proprio un certo tipo di sindacalismo, che è rimasto tenacemente abbarbicato nella difesa delle proprie posizioni egemoniche, contraddistinte spesso da un ipocrita paternalismo nei confronti dei lavoratori incapaci di comprendere, a loro giudizio, la complessità della situazione. Invece, la maggioranza dei lavoratori oggi è ampiamente in grado di costituire un non istituzionalizzato think tank, ricco di professionalità e di intelligenze diffuse, sempre più utili a trovare soluzioni per una situazione oggettivamente complessa, ma sicuramente spesso indecifrabile proprio da chi, istituzionalmente, è chiamato a governare i processi decisionali. Per concludere, un certo sindacalismo, e soprattutto certi sindacalisti, vanno assolutamente e rapidamente ROTTAMATI. E ciò non solo per evidenti compromissioni personali, ma per una totale e manifesta loro inadeguatezza logico-culturale. Parallelamente, bisogna cominciare ad AMARE nuovamente, da parte di tutti i lavoratori, l’attività sindacale tout court, ma in un’ottica moderna, sicuramente non più soltanto passivamente rivendicativa, ma che sappia coniugare la difesa dei livelli retributivi ed occupazionali con le istanze di una più complessiva crescita della condizione dei lavoratori.
Ciro Pastore - Il Signore degli Agnelli leggimi anche su http://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.it/

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