Anna Lombroso per il Simplicissimus
“Noi siamo i custodi del bipolarismo e dell’alternanza. Mai piu’ inciuci e larghe intese. Lo ha detto Matteo Renzi chiudendo la convention della Leopolda. Però ha voluto rassicurare gli italiani: “Dire questo, non e’ contro il governo”. Per quanto ha anche aggiunto: mai più soci del Pdl. L’uomo è straordinario: ragiona e sceglie amici e nemici a intermittenze com e le lucine dell’albero. E come i precedenti segretari del Pd ha scelto la strada dell’omissione: non ha citato Silvio, o meglio, nomen omen, ne ha citato un altro, di Silvio, quello di Fastweb, vittima esemplare, per reclamare la necessità impellente e irrinunciabile della riforma della giustizia, che sta tanto a cuore all’innominato. Non fare il nome dell’antagonista, peraltro, si è rivelato in passate competizioni una ricetta sicura per perdere: lui però non vuol perdere per carità, è uno di quelli che crede nelle profezie che si auto avverano e soprattutto crede a se stesso per una forma di egolatria che deve averlo incantato in certe frequentazioni. Il fatto è che sa di vincere anche attraverso il Pdl, Forza Italia, insomma grazie a quell’elettorato cui sta bene anche un esemplare minore del sciola dell’artista della illegalità, perlla personalizzazione della politica, della visibilità al posto della reputazione, degli slogan al posto delle idee.
Peccato che siano a corrente alternata anche i suoi fan, verrebbe da dire bipartisan, se ancora esistessero due parti, due ideologie – quanto le si rimpiangono le vituperate ideologie in assenza di idee -, due correnti di pensiero, tutti dediti a un disinvolto oblio di tesi sostenute energicamente, tutti inclini alla gioiosa rimozione di posizioni esercitate come religioni. E se gli schieramenti dei politici di professione o degli aspiranti a una carriera o a una alleanza d’affari sono appunto motivati da interessi facilmente identificabili, opinionisti, commentatori, politologi attivi tra Dio, Eros e Mercato ondeggiano allegramente, mentendo e smentendo, scivolando nelle correnti loro propizie del mainstream che, si sa, premia l’ubbidienza e il conformismo seppure a singhizzo in ossequio dell’uno o dell’altro.
Così dopo un ventennio dedicato al culto del bipolarismo, gli stessi missionari e fedelissimi lo gettano alle ortiche in nome della coesione, delle unità per ragioni di salute pubblica, secondo il nuovo dogma: fare insieme il cammino della salvezza, che sorprendentemente non garantiva una via d’uscita e nemmeno quel “fare”, diventato il nuovo totem.
Ma non c’è da credergli, il “fare” di Letta e del governo del monarca Giorgio è della stessa materia del sogno “bipolare”, una materia della quale oggi ha scritto il Simplicissimus, il cui lezzo dovrebbe svegliarci in tempo per sospettare della sua strenua difesa da parte del sindaco di Firenze, che ha dimostrato una certa idiosincrasia per le azioni, le realizzazioni, i fatti.
Nella sua breve carriera il bipolarismo i suoi malanni di ha fatti: non solo ha distrutto la cosiddetta Prima Repubblica che ormai ci accade ormai di rimpiangere, ma ha ridotto la sinistra a una macchietta di se stessa immemore e sleale, quando non l’immagine speculare della destra.
Il paradosso sta nel fatto che la “coesione” secondo i soci e associati, Pdl, Pd, Forza Italia, gli altri affini e il bipolarismo di Renzi vogliono la stessa cosa, cancellare definitivamente le ali estreme in nome di una formula politica o nella necessità, far convergere al centro gli apparenti contendenti in una empia coincidenza. Perché tanto l’obiettivo comune è quello di zittire chi non vuole inghiottire la cura da cavallo che sono incaricati di somministrarci, con la cancellazione di lavoro, garanzie, diritti e democrazia.