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Falco Pecchiaiolo (Pernis apivorus)
Tra i vari richiami che l’Europa fa periodicamente al nostro paese, ce n’è uno particolarmente odioso e che ci fa vergognare di essere italiani. In questo periodo dell’anno alcuni nostri connazionali, evidentemente privi degli strumenti mentali necessari per concedersi svaghi intelligenti, si divertono imbracciando un fucile e sparando alle migliaia di falchi pecchiaioli, poiane, nibbi e albanelle, che ogni anno migrano dall’Africa all’Europa per riprodursi. Un’autentica azione di bracconaggio visto che in questo periodo l’attività venatoria è sospesa e che, soprattutto, si tratta di specie protette che costituiscono un elemento importantissimo per assicurare l’equilibrio ambientale e la diversità biologica.La mattanza cui assistiamo tutti gli anni si svolge nella provincia di Reggio Calabria, contrastata dal Noa (Nucleo Operativo Antibracconaggio) del Corpo Forestale dello Stato e dai volontari della LIPU, la Lega Italiana Protezione Uccelli, organizzati in un campo antibracconaggio. Un’azione meritoria che ha portato anche quest’anno a denunce e arresti ma che risulta insufficiente a contrastare adeguatamente il fenomeno, tenuto conto della vastità del territorio e del fatto che i controlli ordinari risultano inesistenti, come più volte evidenziato in passato dall’organizzazione ambientalista.
Anche se, come scrive Giovanni Malara responsabile antibracconaggio LIPU, «senza la presenza del NOA e della LIPU le conseguenze per i falchi in migrazione sarebbero state molto più gravi», giornate come quella del 3 maggio, dove si stima (per difetto) che siano stati abbattuti almeno cento esemplari di falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), dimostra che si deve fare di più moltiplicando i controlli. «Chiediamo al Prefetto di Reggio Calabria di sollecitare le altre forze di polizia a muoversi sul territorio – dichiara Fulvio Mamone Capria, presidente LIPU – troppe armi clandestine sono in mano ai bracconieri».
Poiana (Buteo buteo)
Un tempo a stimolare questa sciagurata attività erano tradizioni goliardiche come quella del Sindaco. Nel periodo del passo degli adorni, come vengono chiamati i falchi pecchiaioli in Calabria, chi non riusciva ad abbatterne neanche uno veniva definito “Sindaco”. Per una stagione intera diventava lo zimbello di tutti e si racconta che in alcuni paesini calabresi usava far montare al Sindaco un asino bianco per poi costringerlo a un’umiliante processione per il paese.Un’antica malattia del maschio italiano quella della paura di perdere l’onore curata, come sempre, con dosi massicce di superstizione e ignoranza.
pubblicato suCronache Laiche