Singin’ in the rain

Creato il 06 dicembre 2010 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Son giorni che piove, che le persone passano sotto ombrelli enormi, grandi ormai come quelli da spiaggia, che così sono ancora più isolate, le persone. Sotto quegli ombrelloni, Don Gino pensa che le persone ci proiettino il loro cono di solitudine, anche se marciano soddisfatte, finalmente al riparo da ogni possibilità di contatto, finalmente padrone del loro spazio. Lui, invece, la pioggia gli piace sentirla batter sulla testa, e se non fosse come bestemmiare si definirebbe un panteista, ma una bella scomunica la rischierebbe lo stesso, se lassù, ai piani alti, scoprissero certi suoi gusti cinematografici, quella sua passione per il musical, per la poesia delle gambe.

Gli viene da ballare, quando piove, a Don Gino, e anche da cantar canzoni, ma mica in latino, in inglese le canta, e gli viene anche meglio del coro della chiesa. Cantare lo aiuta a concentrarsi, a trovare lo spirito giusto, e quando piove va anche meglio, quando piove sente l’elettricità dell’aria, l’energia che gli regala il cielo. Ci sta attento, Don Gino, non si fa mai vedere in azione, davanti agli altri è addirittura taciturno; in confessionale quasi non parla, lascia che gli altri facciano il loro monologo, che si sfoghino, tanto poi lui canta e balla, sempre che il buon Dio gli faccia il miracolo d’un po’ di pioggia. Non la comprende la solitudine, Don Gino, non capisce questa caparbietà della gente a ritirarsi dal mondo, e anche il sospetto che pure quest’idea potrebbe apparire blasfema, non sopporta. Cosa spinge la gente a esser triste, a farsi continuamente la guerra per conquistarsi una piccola porzione di spazio in più, se poi la si occupa a testa bassa sotto l’ombrello? Quando balla, di spazio ne ha quanto ne vuole, Don Gino, e l’unico suo cruccio è di non poter essere visto, di non raccogliere anche lui un meritato applauso, ma solo preghiere e confessioni, solo veli neri e bianca purezza e nessuna emozione in technicolor.

Le uniche attenzioni son quelle di Lina e Katia, che si spintonano e si tirano i capelli pur d’entrare  per prime in confessionale e sparlare l’una dell’altra, per conquistarsi il posto di voce solista nel canto di Natale della parrocchia. A Don Gino, però, che delle dispute del mondo s’è stancato, è venuta in mente un’idea che possa conciliare la popolarità della prima con la bella voce della seconda, perché in effetti Lina è stonata forte, ma Katia in paese c’è arrivata da appena un mese e sembrerebbe a tutti una bestemmia (un’altra!) metterla subito in mostra. Don Gino c’ha avuto così l’idea d’un playback dal vivo, di far comparire insomma l’una per far cantare l’altra, ma non c’è verso lo stesso di metterle d’accordo, figurarsi poi di sincronizzare il movimento delle labbra della prima con le parole della seconda, ché ognuna va per conto proprio.

Ogni giorno è la stessa battaglia, uno strazio che trasforma il gaudio in rancore, e poi mai che ci sia una vincitrice, mai che ce ne sia una disposta ad arrendersi!Intanto il Natale si avvicina, e la pioggia a tratti è nevischio, sembra latte mescolato all’acqua, un effetto hollywoodiano per farla sembrare ancora più vera, questa pioggia natalizia.

Alla fine, però, sarò un po’ lo sfinimento, sarà un po’ per la fede, ma Don Gino ce l’ha fatta, le ha convinte. Lina salirà sul palco a ballare, muoverà la bocca senza darle fiato, per carità, che non le venga in mente di farne una sola delle sue note stridule!, mentre dietro di lei un telone lascerà intravedere l’ombra di Katia, la sorgente reale della voce. Sarà qualcosa di mistico, di altamente simbolico, l’espressione di una voce pura e celestiale che scende ad abitare il corpo corrotto dell’essere umano per il tempo di una canzone. Sarà un musical come l’ha sempre sognato, e nessuno potrà dirgli blasfemo, sarà qualcosa da restarne a bocca aperta!

Fuori intanto il cielo continua a mandarla giù da non vederci, ma lo stesso la gente affolla la sala, viene a vedere questa fantasmagoria di cui ha sentito tanto parlare, questo colpo di scena da non crederci, non con uno come Don Gino, quello che a fatica parla nel confessionale.

In sala è tutto un borbottio, poi le luci si spengono e… alleluia!, quella è proprio Lina, ma quant’è bella, e guarda com’è vestita, guarda come si muove bene in tutto quel candore… ma chi c’è la dietro? Questa voce celestiale viene dall’ombra, un mistero… svenimenti in sala… mistiche visioni… il piccolo teatrino ribolle d’emozioni… trema d’estasi…

Dietro le quinte Don Gino non riesce a trattenersi, perde il controllo, è posseduto dal demone dello spettacolo, i suoi piedi cominciano a ballare da soli, e mentre si dimena s’impiglia al cordone, al meccanismo che controlla la guida, il marchingegno che apre il fondale, scoprendo così l’artificio, il miracolo incorporeo tornato improvvisamente umano. Lina comincia a gracchiare, Katia è presa da singhiozzi, fischi in platea, ma Don Gino è irrefrenabile… indemoniato, irrompe sulla scena, e in pochi secondi l’attenzione è nuovamente rapita. È lui la star, e canta e balla senza trucchi e senza inganno, è allo stesso tempo umano e divino, e guida il suo gregge fuori dal teatro, nella vita reale, sotto la pioggia, dove non c’è più spazio per il rancore, solo gaudio e giubilo, solo un’orda di tarantolati posseduti dalle note di Make them laugh. Che venga pure la scomunica, pensa Don Gino, che mi puniscano per l’impurità dei miei pensieri; io non ho cuore, né testa, ho solo gambe e la potenza del canto. E così l’orda continua le sue evoluzioni nel fango, e c’è chi giura che sia ancora là, prigioniera dell’incantesimo del ballo, dimentica del tempo e del disastro della scena, delle meschine occupazioni umane, del sacrificio del successo d’un giorno che ben vale la promessa d’un’eternità…..

Simone Ghelli


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