Ogni anno, tra la metà di maggio e fine giugno, la città di Archimede si riempie di liceali e universitari. E’ dal 1914 che, al teatro greco, l’INDA (Istituto Nazionale per il Dramma Antico) mette in scena tragedie e commedie. Quest’anno il cartellone prevedeva Il Prometeo, Le Baccanti e Gli Uccelli.
Arrivano scuole da tutta Italia e non solo…. E’ tutto un brulicare di studenti che si bevono i drammi, magari seguendo il testo in originale. Calda, bella, l’atmosfera: un momento forte nella formazione di tanti giovani che quell’esperienza se la ricorderanno per la vita. Ma le scolaresche, sbarcate dagli autobus, dopo avere comprato la rituale pasta di mandorle da portare ai genitori ed ai parenti rimasti a casa, si allungano a vedere l’Orecchio di Dionisio e forse a fare un giro sull’isola delle quaglie (questo significa Ortigia). Poi di nuovo via.
E perché mai, verrebbe da pensare, non unire agli spettacoli serali un giro per la città alla ricerca delle sue antiche vestigia? O magari un’escursione fino alla prodigiosa fortezza di Eurialo? Certo, sentire tragedie e commedie
Avete provato? Ho portato gli studenti universitari in visita di istruzione. Del cosiddetto, sedicente parco archeologico in cui è compreso il teatro greco, solo una minima parte è visitabile; diverse, ampie, zone sono chiuse da anni per rischio di crolli (si veda Enrico Arosio, Signora Siracusa, su L’Espresso del 24 giugno); segnaletica e pannelli risultano del tutto assenti; delle aree attrezzate di cui un parco, per chiamarsi tale, necessiterebbe, neanche l’ombra; la zona della monumentale ara di Ierone è tristemente chiusa e nulla o quasi si può distinguere tra l’incuria e le alte erbacce. Avete provato a fare i biglietti? Se dovete recarvi al teatro per le rappresentazioni è molto facile: la biglietteria la trovate lungo la strada. Diversamente, se volete visitare l’area archeologica, dovete tornare su, farvi mezzo chilometro a piedi, uscire, attraversare lo stradone, passare il parcheggio dei pullman, passare davanti a mille rivenduglioli di chincaglierie per poi, girato un angolo, scorgere in fondo una casa colonica rimessa: quella è la biglietteria. Non aspettatevi indicazioni perché non esistono.
Il Museo cittadino è gigantesco, nel parco della villa Landolina. Opera di Franco Minissi, inaugurato nel 1988; una sconfinata area espositiva che raccoglie testimonianze archeologiche provenienti da tutta l’isola, da Megara Hyblaea ad Agrigento; in bella mostra sono anche tutte le principali evidenze dagli scavi cittadini; il secondo piano, in parte, attende ancora di essere allestito; non cercate una guida perché, nonostante il bookshop esista, perdereste inutilmente il vostro tempo.
Davanti al mostruoso e gigantesco imbuto di cemento del santuario della Madonna delle Lacrime, si stende Piazza della Vittoria. Lì sono stati portati in luce un ricchissimo santuario di Demetra e Kore ed una vasta area di necropoli. L’area è recintata: neanche un cartello a spiegarvi perché e se, in pieno centro cittadino, abbia un qualche senso mantenere un campo incolto mezzo-pattumiera/mezzo-sterpaglie in mezzo al quale si fatica a distinguere il profilo di diruti muretti.
Ci ho volutamente portato gli studenti: se questa è la condizione nella quale lasciamo i resti archeologici, è più saggio documentare con precisione e ricoprire tutto. Così, rimanendo sotto terra, forse le tracce si conserveranno.
Non messi in evidenza, seppure compresi entro un’ampia area verde, risultano pure i resti dell’antica agorà che Cicerone dice….forum maximum…. Passato il ponte entriamo ad Ortigia. Al tempio di Apollo, uno dei più antichi, all’origine stessa dell’ordine dorico, i resti sono visibili. Ma se avete voglia di sapere dove era collocata la preziosa iscrizione che ricorda il nome del dedicante o dell’architetto, armatevi di santa pazienza… ma sappiate senza uno studio fatto a casa, su qualche pubblicazione, sarà impossibile trovarla perché non se ne fa menzione, né risulta segnalata in alcun modo.
Potrei continuare. E’ sconfortante, è un vero peccato, perché non ci sarebbe da inventare proprio niente; perché tanto della pulcherrima Siracusa è già lì. Basterebbe solo curare quanto esiste, costruire percorsi, aggiungere segnaletica, scrivere buone guide, diserbare. Basterebbe pensare a un museo diffuso (che, in nuce, già c’è), e valorizzare una passeggiata urbana ed extra-urbana (che già esiste) che comprendesse anche il castello di Eurialo e la visita, magari in canoa, alla riserva naturale del Ciane. E’ già tutto lì.
E’ sconfortante perché Siracusa è solo un esempio di quanto la messa in valore delle realtà archeologiche sia in fondo molto facile e potrebbe contribuire all’economia del nostro disastrato Meridione. L’archeologia come un volano, come un modello di sviluppo economico. Perché con la cultura si mangia, eccome!
Elle