Reportage: Il sogno di Damasco. I giorni della tregua
Con oggi “si esce” dalla fase transitoria di tregua per entrare ufficialmente nei colloqui di pace. Ginevra potrebbe rivelarsi la chiave di volta per il futuro della Siria, anche se l’inviato speciale dell’Onu, Staffan de Mistura, ha messo in guardia sulla necessità impellente di uscire dai colloqui con “un piano d’azione chiaro, altrimenti si tornerà in guerra e stavolta sarà più violenta di prima”. Dunque la tregua – che ha retto dal 27 febbraio scorso non senza molteplici violazioni – è stata un banco di prova su cui fondare i colloqui di pace che prenderanno l’avvio oggi stesso. Quello del 14 marzo sarà soltanto il primo di tre round di colloqui “necessari a ridisegnare la storia della Siria dopo la barbarie del Califfato”. Già nella serata di ieri le delegazioni del governo di Damasco e dell’opposizione sono arrivate a Ginevra per inaugurare questa nuova stagione per il Medio Oriente. Serpeggia infatti la convinzione che la Siria possa risultare il primo di una serie di Paesi dell’area mediorientale che va verso la pace. I cinque anni di conflitto armato l’hanno irreparabilmente segnata, ma “i colloqui di Ginevra dovranno esser capaci di rifondare uno Stato altrimenti gettato alla deriva”.
Secondo Staffan de Mistura non esistono alternative ai colloqui di pace: “E’ l’unica strada percorribile. Non ce ne sono altre. E bisognerà essere chiari. Uscire con un piano d’azione chiaro, altrimenti le ostilità riprenderanno più violente di prima”. Parole che pesano, ma ugualmente inevitabili per far comprendere appieno quanto la Siria dipenda oggigiorno dalle delibere di Ginevra. I negoziati dovranno rivelare l’intenzione di concorrere a un obiettivo concreto, in alternativa si tornerà a intravedere la fragilità di una tregua che ha fermato l’offensiva di Stati Uniti e Russia in Siria. L’importanza di questi colloqui è innegabile. Sono la tappa successiva a una fase transitoria di cessazione delle ostilità avvenuta dopo cinque anni di guerra violenta.
Il periodo di tregua, iniziato il 27 febbraio scorso con l’appoggio di Washington, Mosca e il governo di Damasco, ha ridotto notevolmente il numero delle vittime. Si stima infatti che la guerra in Siria abbia portato alla morte oltre 250mila persone. I colloqui di pace di oggi sono dunque l’avvio di una nuova stagione: “La Siria ci crede” ha rivelato l’inviato Onu, Staffan de Mistura, “Il popolo siriano è fiducioso. I presupposti per la pace ci sono. Ora bisogna proseguire su questa strada”. La tregua – indetta il 27 febbraio scorso – si era dimostrata come la sola alternativa possibile all’indomani di quel primo tentativo fallito di cessate-il-fuoco. “Il primo tentativo era naufragato” ha spiegato de Mistura, “ma non potevamo certo abbandonare la Siria allo strapotere dello Stato islamico”.
Il primo obiettivo dei colloqui di Ginevra sarà quello di determinare una valida transizione politica “con o senza Assad”. Dopodiché ci si rivolgerà alla questione umanitaria, che non dovrà certo risultare di secondo piano, ma dovrà “svilupparsi di pari passo con la questione politica”. De Mistura è stato chiaro: “Risollevare le sorti della Siria significa innanzitutto farsi carico delle condizioni della popolazione civile”. Sebbene l’iniziale indifferenza di Bashar al-Assad alla transizione politica, ora si è detto contrario ad una sua estromissione dal potere costituito. Insieme al presidente siriano anche l’opposizione ha dimostrato il proprio dissenso alla transizione. “Qualsiasi sia il parere del regime di Damasco il tema politico dovrà essere saggiamente affrontato” ha riferito l’Onu, “Non possiamo permetterci che la Siria ripiombi in una guerra civile. Stavolta risulterebbe addirittura più sanguinosa di quella combattuta finora”.
I colloqui di Ginevra saranno l’occasione per ascoltare tutti gli attori che hanno preso parte in Siria. “Solo così” ha spiegato ancora de Mistura, “si può pensare di arrivare ad una soluzione comune”. L’idea di una federazione – che fu avanzata da Mosca agli inizi della tregua – non entusiasmò particolarmente le parti in causa. Oggigiorno si preferisce parlare di inclusione etnica, anche se una strada simile non sarà certo semplice se inserita nel contesto mediorientale. Da parte dell’Onu nulla è escluso. Tra i progetti dell’inviato speciale, Staffan de Mistura, vi sarebbe addirittura l’elezione di una donna al governo in Siria. Ma questa forse è un’altra storia. E’ quell’utopia che non ci deve impedire di sognare e fare progetti. Sarebbe – chissà – l’occasione per rivoluzionare da didentro il destino di Damasco, della Siria e del suo popolo.
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