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Siria. Dubbi sui ribelli che hanno fermato i giornalisti italiani

Creato il 06 aprile 2013 da Ilkomboloi @IlKomboloi

Bloccati a nord della Siria quattro giornalisti italiani. La Farnesina si è attivata fin da subito. Lo strano rapporto tra la Cia e i ribelli siriani.

Nel nord della Siria sono stati fermati quattro giornalisti italiani. Si tratterebbe di un reporter della Rai e di tre freelance. Si tratta di Amedeo Ricucci della Rai e i freelance Elio Colavolpe, Andrea Vignali, Susan Dabous. Stavano lavorando ad un reportage de ‘La storia siamo noi’, programma di Gianni Minoli. 

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La Farnesina ha attivato l’unità di crisi ed è in contatto con i familiari, chiede inoltre il massimo riserbo per garantire l’incolumità di connazionali, considerata la massima priorità.
Secondo fonti Rai i quattro non sarebbero stati rapiti, come si era detto inizialmente, ma avrebbero subito un meno preoccupante ‘fermo’ per la verifica delle loro credenziali.
I quattro operavano facendo base in territorio turco e sarebbero entrati in Siria il 2 aprile nella zona di Guveci, dal 4 aprile la redazione non sarebbe più riuscita a mettersi in contatto con loro.

A quanto pare, a bloccare i 4 giornalisti sarebbero stati degli oppositori di Assad. La famiglia governa il paese ormai dal 1970, da allora si è venuta a creare una dinastia di Assad. Attualmente al vertice c’è Bashar al-Asad, il quale ha allentato la repressione dei dissidenti ma ha messo in chiaro che la sua priorità è lo sviluppo economico, e non la liberalizzazione politica.
Emerge la difficile convivenza tra Assad, di fede alawita, e la maggioranza del popolo siriano, di fede sunnita.

Lo stato siriano si caratterizza per la sua forte tendenza anti-israeliana. Da sempre reclama la restituzione dei territori occupati da Israele in seguito alla sconfitta araba nella Guerra dei 6 giorni, ed è proprio per questo che ha sempre protetto i movimenti anti-israeliani. Il 25 marzo il New York Times scriveva: ” E’ un ruolo chiave, quello svolto dalla Cia, per aumentare il flusso di armi proveniente dai paesi arabi e dalla Turchia e diretto ai ribelli siriani impegnati a combattere il regime di Bashar al-Assad”. 

Un altro dato contribuisce ad incrementare i dubbi sulla veridictà dei ribelli siriani: secondo una stima dell’International Centre of for the Study of Radicalization (ICRS), 5.500 combattenti stranieri sono arrivati in Siria e l’11% proviene dall’Europa, in ordine da Gran Bretagna, Paesi Bassi, Francia, Belgio e Danimarca.

Come ha sottolineato il giornalista siriano Al-Abdeh, i campi di battaglia della Jihad sono cambiati nel corso dei decenni con gli scenari geopolitici, dall’Afghanistan degli anni Ottanta alla Bosnia e Cecenia fino alla Siria, che assume per i jihadisti un significato religioso speciale: il luogo dove, secondo il Corano, Gesù sta per tornare.Uno dei paesi più a rischio per i giornalisti
I dati raccolti dall’organizzazione internazionale «Committee to Protect Journalists» affermano che La Siria è uno dei paesi più a rischio per i giornalisti. Nel solo 2012, sono stati 28 i reporter che sono stati uccisi. Altri 21 operatori, molti dei quali stranieri, sono stati rapiti nello stesso anno, sia da parte delle milizie di Assad che dalle forze di opposizione. Tra loro, 13 sono stati rilasciati. I giornalisti finiti in prigione sono stati invece 15. Minacce e censura. La rabbia contro i media occidentali in Siria, accusati di ingerenza, traspare anche in iniziative shock. Proprio il 30 marzo, un imprenditore pro-Assad ha annunciato alla TV siriana che offrirà 95mila dollari a chi catturerà i giornalisti stranieri delle reti Al-Jazeera e Al-Arabiya. 

                                                                                                                                      



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