Siria: elmetti pronti. All’autodistruzione

Creato il 05 ottobre 2012 da Tnepd


Un ministro per conto Terzi che fa talmente bene il suo lavoro da mettersi a disposizione anche prima che gli venga chiesto

di Alessia Lai
Rinascita

Gli è corso un brivido lungo la schiena.

Non era paura, era la prospettiva di poter mettere presto l’elmetto. Pare di vederli, i politicanti, i think tank, gli opinionisti, i giornalisti embedded. Quelli con l’elmo virtuale, pronti a blaterare sulla necessità di porre un freno al dittatore Assad, rinvigorendo la retorica sulle vittime civili, sul popolo represso, sulle  malefatte del regime. Gli altri con quello vero, corredato da giubbetto antiproiettile, pronti a partire al seguito dei “liberatori”. Non potrebbero vivere gli uni senza gli altri, frutto marcio della dittatura – stavolta vera – globale.

Incontinenza di parole e scritti, con un ministro per conto Terzi che fa talmente bene il suo lavoro da mettersi a disposizione anche prima che gli venga chiesto. E con parolai – video, audio, su carta – che hanno un’idea molto personale, ma ampiamente vantaggiosa, della matematica. Nel loro pallottoliere i cinque soldati morti nello strano bombardamento siriano sulla Turchia diventano una strage. Niente in contrario, cinque morti possono essere una strage. Lascia perplessi, però, che i 21 soldati siriani uccisi ieri mattina a Damasco in un attentato e i quasi quaranta civili uccisi il giorno prima dalle bombe jiadiste ad Aleppo, non solo non rientrino nella stessa categoria, ma proprio spariscano dal pallottoliere. Questione di passaporto.

È disarmante, e profondamente triste, che queste persone non sentano la responsabilità del loro volere a tutti costi una guerra, dell’essere in prima fila nel “Dagli al dittatore”. Non è esagerato vederli come la materializzazione degli ultimi colpi di coda di un Occidente avvelenato da se stesso. Sono gli stessi che guidano i nostri Paesi verso crisi insanabili, cancellando diritti e togliendo futuro, e gli stessi che di questo parlano e scrivono come di “misure necessarie”. I cantori del “nostro” scintillante, moderno, democratico  Occidente, del quale – non a caso – la Turchia anela a far parte. Ormai un mostro, che riconosce il proprio nemico in un Paese che racchiude in se la nascita e la storia della nostra stessa civiltà. Si chiama autodistruzione, se ne rendessero conto.

Fonte: Rinascita 4 Ottobre 2012


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