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Siria, Iran, Pakistan, un anello di fuoco in tutto il continente eurasiatico!

Creato il 09 gennaio 2012 da Eurasia @eurasiarivista
:::: Léon Camus :::: 9 gennaio, 2012 :::: Email This Post   Print This Post Siria, Iran, Pakistan, un anello di fuoco in tutto il continente eurasiatico!

Geopolintel ,18 dicembre 2011

Per i non illuminati, il momento presente, dopo la guerra di Libia e la febbre di Cairo, mentre la stampa evoca aneddoticamente la situazione in Yemen, Bahrain e Somalia, sussistono in Medio Oriente, mediaticamente parlando, due epicentri di queste crisi, per contro, che sono quotidianamente sotto i riflettori: la Siria e l’Iran, con una estensione e un contrappeso nella guerra nascosta in Pakistan. Guerra dei robot volanti – droni assassini incaricati per sostituire le truppe di carne e ossa – che riscopriamo periodicamente nel corso di un “errore” sempre sanguinoso: in questo caso la distruzione per errore una unità del Pakistan il 26 novembre; un centinaio di uomini colpiti e 24 finito all’obitorio. Errore notevole perché rivela il livello di intensità dei combattimenti sul suolo pakistano cui si dedicano le forze aeree degli Stati Uniti, e di cui la ferma intenzione di Obama … è quella di non “scusarsi” [NYT].
Per l’Iran, l’evento principale è l’assalto dell’ambasciata britannica a Teheran, la stessa che ospitò la riunione tripartita Churchill, Roosevelt, Stalin, esattamente 72 anni prima [1]. Qualunque sia la natura spontanea di questa “manifestazione” di rabbia legittima [2], salutiamo la memoria lunga – insolita tra le classi dirigenti occidentali decisamente provinciali – che sembra abitare nell’elite della teocrazia parlamentare iraniana. Aggiungendo che l’attacco contro l’enclave britannica si è verificata in occasione dell’anniversario dell’assassinio a Teheran, il 29 novembre 2010, di Majid Shahriani, responsabile dei sistemi informatici del programma di decontaminazione dell’impianto di Natanz, infettati con lo Stuxnet di concezione israelo-statunitense, con ogni probabilità. Lo stesso attacco – che ha ucciso Shahriani – ha ferito gravemente il professor Feredoun Abbasi-Davani, responsabile delle centrifughe per l’arricchimento dell’uranio – sempre a Natanz. La pista del Mossad in collaborazione con il britannico MI-6, è stata naturalmente subito presa – non prestate che ai ricchi? – sul sito di intelligence Debka-online. Con ogni probabilità, attraverso o con l’appoggio dei curdi irredentisti in Azerbaigian, a Occidente, o del Sistan-Baluchistan in Oriente, è chiaro che i confini iraniani sono porosi e che commando e materiale vi transitano, tra l’altro, da queste regioni dall’instabilità cronica [3]. Ma quattro giorni dopo il richiamo del suo rappresentante a Londra e del personale diplomatico [4], senza alcun collegamento causale che una divina coincidenza, l’Iran ha annunciato di aver abbattuto, domenica 4 dicembre, sul suo confine con Afghanistan-Pakistan, un drone senza pilota da ricognizione statunitense RQ-170 Sentinel, un dispositivo di ultima generazione schierato in Afghanistan, appositamente per la raccolta di informazioni… in Iran e Pakistan.
Per la Siria, noi – la brava gente … maiali paganti e votanti, volti a ingrassare e a legittimare, sotto l’apparenza della democrazia, i nostri parassiti – beneficiamo del conteggio giornaliero di cadaveri, senza dettagli su chi, come e in che campo è morto? Le voci più selvagge che circolano sulle onde radio e sui lucernari, sulla spietata repressione che conduce inesorabilmente la nazione siriana nella guerra civile.
Una informazione di interesse pubblico passata sotto silenzio sui 15 mila combattenti dell’esercito libero siriano – secondo le cifre fornite da un’opposizione che pretende ancora di essere “pacifica”! – che opera in territorio siriano, senza che si sappia con precisione se si tratti di disertori delle forze regolari, di milizie sunnite salafite provenienti da Libano o dall’Iraq, o da soggetti equipaggiati e addestrati dalla Turchia e mascherati da cecchini… Ankara si è precipitata – capovolgendo l’inclinazione negli ultimi dieci anni, cioè l’emancipazione dalla tutela atlantista – in un pericoloso gioco al fianco delle petromonarchie, soprattutto del Qatar, allineato con l’asse Washington, Londra, Parigi, Berlino…
Parigi, che anche soffia caldo e freddo, chiede la partenza del presidente Assad e la creazione di corridoi umanitari, mentre annunciava con faccia tosta che ogni intervento diretto è escluso, mentre la rivista ufficiale “della Repubblica dei compari e dei ladri“, apparentemente responsabile della comunicazione dell’opposizione siriana, favorisce l’acuirsi della violenza … dalla penna dell’ex ostaggio G. Malbrunot [vedi Le Figaro del 29 novembre].
Secondo questa inviato molto speciale, “Parigi sostiene logisticamente i ribelli siriani fornendo attrezzature a infrarossi e mezzi di comunicazione“. A Beirut, il giornalista riceve la conferma che i francesi dirigono in Libano e Turchia … i disertori siriani, …reti di trafficanti di armi che operano in Libano, sono messi al lavoro “per rafforzare la potenza dei ribelli … moltiplicando dall’altro lato, le operazioni di confine contro le forze di sicurezza siriane“, mentre vengono gentilmente fornite delle “informazioni satellitari relative alle posizioni dell’esercito siriano“… Insieme, [ibid.] “ai servizi segreti giordani, che non sono da meno nel sud della Siria, al confine con il regno“. Nel frattempo, a Londra, William Hague, ministro degli esteri incontra i rappresentanti della ribellione siriana per garantire che la Turchia intende creare, a breve termine, una zona franca all’interno della Siria!
Un solo ostacolo: la Russia avrebbe fornito alla difesa costiera siriana 72 formidabili missili antinave [Interfax e AFP, 1 dicembre]. Dei sistemi antiaerei S-300PMU2 sono stati installati nella base navale russa di Tartus] … così stroncando il progetto in esame alle Nazioni Unite, di istituire un embargo internazionale sulla vendita di armi alla Siria. La vendita in questione aveva rappresentato la notevole somma di circa 300 milioni di dollari, su un totale, nei contratti per gli armamenti, di 10 miliardi di dollari nel 2010… Inoltre, il ministro degli esteri della Russia, Sergej Lavrov, non ha esitato ad evocare, a questo proposito, il precedente libico, per opporsi fermamente a nuove sanzioni contro Damasco e a rivendicare il diritto di vendere armi ab libitum: “Abbiamo visto cosa è successo in Libia quando l’embargo sulle armi è stato applicato. Solo l’opposizione le ha ricevute e paesi come la Francia e il Qatar se ne sono vantate spudoratamente!“.
La Russia, di cui la stampa occidentale non ha esitato a screditare i risultati delle elezioni parlamentari e il calo significativo di “Russia Unita”, il partito del futuro Primo Ministro e del nuovo presidente della Federazione russa, fino a rilanciare le voci più maligne su una massiccia frode elettorale, ha evidentemente avviato un duro braccio di ferro con i fautori del ritorno alla guerra fredda, e su due fronti. Il primo, e non meno importante, è lo scudo missilistico USA in Europa orientale che, in linea di principio, mira a contrastare un ipotetico attacco dei missili balistici dell’Iran … un dispositivo progettato per “contenere” la Russia, una potenza emergente, senza debiti e titolare di fondi sovrani disponibili. Il secondo è, per la Russia, il la salvaguardia, a qualunque costo, della sua influenza nel Levante, che richiede, ovviamente, il supporto al Baath siriano, il suo ultimo alleato che ospita l’unica base navale russa nel Mediterraneo. È per questo, che la vicenda siriana non è solo un problema regionale, e certamente non umanitario, ma è la ripresa virulenta del vecchio antagonismo Est-Ovest.
Un’ultima parola sulla crisi siriana, questa volta dall’altra parte dell’Atlantico, dove i capi delle forze USA – certamente stanchi di essere i grandi cornuti delle guerre impossibile da vincere, contro-produttive, costose e ingiuste – si mobiliterebbero per evitare la guerra. Il 30 novembre 2011, la rivista EIR, specializzata nell’”intelligence” degli Stati Uniti, ha confermato che lo Stato Maggiore Generale Interarma, il Joint Chiefs of Staff, è stato mobilitato per evitare la guerra contro l’Iran e/o la Siria, esprimendo il timore che il Presidente Obama ora sia diventato “imprevedibile”. Questi uomini, in realtà, hanno paura di essere trascinati in una guerra imprevista causata da un attacco israeliano contro l’Iran, con una successiva risposta iraniana contro l’entità sionista, le forze statunitensi e i loro alleati nel Golfo Persico. Gli Stati Uniti sono vincolati dagli accordi bilaterali con alcuni membri del Gulf Cooperation Council, di doversi allineare, volenti o nolenti, a loro fianco.
Un conflitto in cui l’uso di armi nucleari non sarebbe escluso, a credere alla linea dura del Likud a Tel Aviv e del Congresso USA. Inoltre, non ancora sganciati da Iraq e Afghanistan, gli Stati Maggiori Congiunti yankees vogliono mantenere la capacità di affrontare qualsiasi evenienza, in caso di una grave crisi con il Pakistan, temendo più l’ulteriore apertura di una crisi in Punjab, che un conflitto artificialmente provocato con la Siria. Conoscendo anche la situazione in Libia, che è tutt’altro che stabilizzata, la guerra tra fazioni tribali e religiose, puà di diventare forse una vera guerra civile. Per questo motivo – per questo insieme di ragioni – i funzionari del Pentagono sono fermamente contrari a qualsiasi escalation contro la Siria o l’Iran inappropriati [5].
Per quanto riguarda il Pakistan, dove la guerra degli USA contro i pashtun – ribattezzati “taliban” per catturare meglio il terrore dell’immaginario collettivo – si estende dall’Afghanistan al Waziristan, zona tribale del Pakistan, dove la situazione sta gradualmente diventando critica con i ripetuti errori dei droni killer statunitensi, che colpiscono pesantemente le truppe di Islamabad. Resta che il Pakistan è da tempo sotto l’ala protettiva della Cina Popolare, che osserva vigile gli eccessi e le violazioni della sovranità, di cui rendono colpevoli i velivoli di Enduring Freedom.
Da questo punto di vista, dal caso di Abbottabad e della liquidazione dello pseudo bin Ladin, i rapporti Pechino-Mosca si sono tesi all’estremo, anche se di ciò appare poco o nulla sulla scena dei media. A questo punto della storia, l’Occidente è entrato in conflitto latente con l’Asia … dove le controversie sono molteplici, e a volte molto taglienti: pensiamo, lasciando il Tibet da parte, ai contenziosi di Formosa che oppone le due Cina. Causa del tutto possibile per un principio di incendio che arroventerebbe un vasto arco di territori che va dal Mediterraneo orientale all’Oceano Pacifico, a est di Taiwan. Considerazioni che non sono pura speculazione che nasce da una fervida immaginazione – e da paranoia scandalosamente cospirazionista – che circolano nei corridoi degli stati maggiori francese ed europea, e non solo dall’altra parte dell’Atlantico, dove sono numerosi gli ufficiali superiori che sostengono il consolidamento delle forze armate nazionali e la creazione di una vera e propria integrazione della difesa europea, con o senza la NATO, che sarebbe al miglio o al peggio dei casi, europeizzata! Perché, dicono, “non c’è dubbio staremo con gli americani in ogni avventura a Taiwan.” In poche parole, questi ufficiali che esprimono oggi apertamente un pensiero che mormoravano ieri, dicendo che non vogliono morire per Formosa, come una già volta i francesi sono stati stupidamente sacrificati per Danzica [6]. Ma tutti noi sappiamo, che al contrario dell’economia, in questo settore cruciale della pace e della guerra, è la politica che dirige il gioco entro parametri e criteri soggettivi ed ideologici dove, in ogni caso, i militari sono ancora richiamati, delicatamente ma fermamente, al loro inviolabile dovere di riservatezza … a meno di un golpe de estado, naturalmente?

Note

(1) I due rappresentanti della talassocrazia anglo-americana e quella dell’Heartland sovietico tennero consiglio dal 28 Novembre al 1 Dicembre sulla divisione futuro dell’Europa. Prefigurando la Conferenza di Yalta, nel febbraio 1945 durante la quale venne decisa la divisione del mondo in blocchi rivali.

(2) Martedì 29 novembre degli studenti “arrabbiati” investono l’ambasciata britannica a Teheran, nello stesso modo con cui occuparono la rappresentanza degli USA il 9 novembre 1979, tenendone in ostaggio il personale… La maggior parte non ha recuperato la libertà che dopo 444 giorni! I manifestanti del 2011 volevano protestare contro il peggioramento delle sanzioni economiche e finanziarie – compreso il congelamento delle transazioni bancarie con la Banca Centrale dell’Iran – adottato congiuntamente da Londra, Washington e Ottawa il 21 novembre, e contro il disegno di legge per bloccare le esportazioni di greggio iraniano sul mercato europeo, da cui l’Iran trae l’80% del suo reddito dall’estero. Allo stesso tempo, circa 200 Basij – la milizia nata nel 1979 su iniziativa l’ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica – era entrata in un ufficio annesso all’ambasciata, a nord della città, in cerca di informazioni sul “ruolo nel Regno Unito nell’assassinio del fisico nucleare iraniano Majid Shahriari.”

(3) Anche negli USA, il segreto di Pulcinella comincia ad essere stantio e il Los Angeles Times del 4 novembre sembra vedere, di punto in bianco, che la recente combustione spontanea di un deposito di missili balistici [del 12 novembre, che ha ucciso 36 persone, tra cui il generale Hassan Moghadam, responsabile, responsabile dei programmi degli armamenti], in una base delle Guardie rivoluzionarie vicino a Teheran, sarebbe una operazione congiunta USA-Israele. Il giornale, che scopre mezzogiorno alle diciassette, ci informa che in questo caso sarebbe stata una guerra segreta del XXI secolo per neutralizzare il programma nucleare iraniano, al fine di evitare un costoso attacco aereo diretto di USA e/o Israele contro l’Iran. Vedasi anche “Iran: minorités nationales, forces centrifuges et fractures endogènes”, Jean-Michel Vernochet in “Maghreb Machrek” N°201, “L’Iran et le Moyen-Orient” automne 2009.

(4) La Francia, nel frattempo, ha richiamato il suo ambasciatore “per consultazione … dato la violazione flagrante e inaccettabile della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e la gravità delle violenze“. Idem per Germania, Paesi Bassi, Svezia e Italia. Si noti che quando si tratta di alimentare tensioni internazionali, gli europei, come per magia, sanno finalmente “parlare con una sola voce“!

(5) “L’unica guerra in cui il Pentagono intenderebbe essere coinvolto immediatamente, sarebbe una guerra contro il Congresso e i tagli previsti nel bilancio della difesa”! I capi delle forze armate ritengono anche che la posizione russa sullo scudo missilistico in Europa dell’Est, dovrebbe essere considerata come del tutto legittima… Né l’amministrazione Obama, né la NATO, hanno fatto alcuno sforzo per stabilire una relazione reale con la Russia su questo tema, a rischio di mettere in discussione gli accordi START sulla reciproca limitazione delle armi strategiche.

(6) Nel 1939, la Francia, sulla scia dell’Inghilterra, diede inizio alla Seconda Guerra Mondiale dichiarando guerra al Reich tedesco, presumibilmente per salvare una Polonia che gli Alleati consegnerà sei anni più tardi, legata mani e piedi, ai suoi aguzzini comunisti, il giornalista Marcel Deat, vecchio seguace socialista di Leon Blum, con il quale ruppe nel 1933, quando divenne capo del partito socialista della Francia. Nel 1939, si rifiutò di “morire per Danzica“. Direttore de L’Œuvre dal 1940 e fondatore del Rassemblement National Populaire nel 1944, venne nominato Segretario di Stato per il Lavoro. Fu condannato a morte in contumacia nel 1945. (Insomma era un collaborazionista dei nazisti, cosa di cui l’autore evita di informarci, come evita di dirci che la Polonia venne occupata dai tedeschi e dai sovietici assieme, quindi semi-sovietizzata già nel 1939, e non dopo sei anni. NdT)

[http://www.mondialisation.ca/PrintArticle.php?articleId=28267]

[Traduzione di Alessandro Lattanzio http://sitoaurora.altervista.org/home.htm]

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