Nel caos che regna in Siria, ci sono due certezze: la prima è il bilancio dei morti, almeno 42mila dall’inizio della guerra civile, nel marzo 2011. La seconda è che le forze di Bashar al Assad stanno perdendo terreno di fronte all’avanzata dei ribelli. Ma chi sono i ribelli? Da tempo, l’esercito di liberazione della Siria non è più la sola forza in campo. Dalla fine del 2011, viene segnalata la presenza di miliziani islamici radicali, jihadisti, salafiti, alcuni dei quali ostentano l’affiliazione con Al Qaeda. Sarebbero diverse migliaia ad aver infiltrato la ribellione. Molto attivi nell’area di Aleppo, questi gruppi hanno allestito campi di addestramento dove confluiscono combattenti di diverse nazionalità. Dall’Iraq, dai paesi del Golfo e dal Libano, convergono in Siria per combattere gli infedeli: sciiti e occidentali.
Jabhat al-Nusra, conosciuto anche come “Fronte per la protezione del popolo di levante”, è un gruppo jihadista legato ad Al Qaeda che ha rivendicato molti degli attentati suicidi in Siria. Il suo obiettivo dichiarato è costituire uno stato islamico.Sheikh Abu Ahmed, comandante militare di Jabhat al-Nusra: “Siamo contro il regime dal profondo del nostro cuore. Dall’inizio della cosiddetta Primavera araba, siamo stati i primi a unirci alla rivoluzione”.
Lo scorso febbraio, il leader di Al Qaeda, Ayman al-Zawahri, incoraggiava i suoi seguaci a combattere in Siria. Un appello che non lasciava dubbi sulla presenza dell’organizzazione nel paese: “La nostra gente in Siria non attende l’aiuto dell’Occidente, degli Stati Uniti, dei governi arabi o della Turchia. Se vogliamo libertà, dobbiamo liberarci dal regime. Se vogliamo giustizia, dobbiamo colpire il regime”.
I jihadisti godono di un ampio sostegno tra i siriani. Ne approfittano gli affiliati di Al Qaeda come il Fronte al-Nusra: la decisione di Washington di iscriverlo nella lista nera del terrorismo è stata accolta con cortei di protesta in diverse città siriane.
La prospettiva siriana“L’Occidente pagherà caro il sostegno ad Al Qaida”. Così Bashar Al Assad nell’intervista sulla Tv di Stato dal suo studio nel palazzo del Popolo che sovrasta Damasco. “Ciò che avvenne in Afganistan sta accadendo in Siria e in Libia”, ha affermato, facendo riferimento all’aiuto che Washington accordò ai mujaheddin, che in Afganistan lottavano contro l’occupazione sovietica.“Non abbiamo altra scelta che la vittoria, altrimenti la Siria scomparirà – ha aggiunto Bashar Al Assad – e non credo che questa ipotesi sia accettabile per qualunque siriano”.Ha inoltre aggiunto che la crisi siriana può incendiare anche la Giordania, accusando Amman di lasciare passare in Siria “migliaia” di miliziani armati che si uniscono ai ribelli. Il confine tra i due Paesi è sempre più caldo, per contenere la situazione Washington, accogliendo le pressioni ricevute, ha acconsentito all’invio in Giordania di 200 soldati, con il compito di coadiuvare le forze locali nel far fronte alla degenerazione del conflitto siriano.
Il bilancio
I numeri delle vittime, civili e militari, presenti nella mappa qui sotto – esclusiva di SiriaLibano – sono aggiornati al 7 marzo 2013 sulla base delle cifre fornite dal Centro di documentazione delle violazioni in Siria che è in contatto con i Comitati di coordinamento locali degli attivisti presenti nel Paese. Si tratta delle vittime accertate ma il Vdc non tiene conto delle vittime tra i lealisti.
Si veda la pagina dedicata alle diverse fonti usate per documentare la repressione e le violenze in Siria
aggiornata al 7 marzo 2013
Secondo un dettagliato conteggio dell’Onu, dal marzo 2011 al gennaio 2013 sono morte oltre 70.000 persone, una cifra di gran lunga superiore a quella fornita da tutte le fonti anti-regime e da quelle filo-governative.
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