Siria: stiamo a guardare come se fosse un film!

Creato il 08 dicembre 2012 da Giornalismo2012 @Giornalismo2012

-Di Donatella Amina Salina

Le immagini sconvolgenti del video (clicca qui per guardare il video integrale) girato ad Aleppo da due giornalisti free lance, che abbiamo visto ieri ala Casa della Comune a Roma, le ho ancora davanti agli occhi. Sento ancora le sirene delle ambulanze e i colpi di fucili dei cecchini. Vedo una città moderna, come fosse la mia, ridotta ad un deserto dove si aggirano civili e miliziani della resistenza coperti di polvere, e dove in ogni momento, come a Sarajevo negli anni della guerra, qualcuno può mandare all’altro mondo una donna o un bambino.

Eppure la Siria, come l’altro ieri la Polonia, o ieri la Bosnia, oggi non smuove le coscienze nemmeno a sinistra.
Il motivo è molto profondo, ma subdolo e concerne la subordinazione alla logica degli stati ed alla geopolitica.

Qualcuno ha deciso che i popoli devono seguire le assurde logiche della geopolitica, anche quando cercano di liberarsi, e questo antico e nobile paese, culla della civiltà arabo islamica, oggi fa parte, con la Bosnia, la Polonia, la Romania, e la Russia delle rivoluzioni che non devono essere aiutate in nome di un malinteso anti-imperialismo, a causa del quale la sinistra ha sopportato dittature inumane come lo stalinismo, ed ha appoggiato regimi indigeribili come la Cina di Mao, o la Cambogia di Pol Pot. Per non parlare di quell’altro bravo compagno di Daniel Ortega, o dei marxisti con le tasche piene di soldi dell Angola, o del Mozambico dove la gente ancor oggi crepa di fame.

In tempi assai recenti un atteggiamento paternalistico ed eurocentrico ha condizionato a sinistra la posizione di moltissimi politici e giornalisti fino a sostenere che in Tunisia ed Egitto non c’era nessuna rivoluzione.

Venivano accettate come rappresentanti solo le donne alla Aayan Hirsi Ali, solo con patente di svelamento pubblico meglio se adultere o alcoolizzate, e debitamente omologate al modello francese.

Sarebbe ora di cominciare a capire che i popoli, la rivoluzione la fanno senza chiedere il permesso a nessuno, e senza interventi esterni di nessun genere, se vogliono. La possono fare anche i musulmani praticanti con ruoli di avanguardia, come dimostra proprio il caso siriano, dove i migliori sono proprio loro.

Quando l Occidente non sa che dire comincia a fare le pulci sui mezzi, come se l’America non fosse stata abbastanza colpevoli a Guantanamo ed Abu Ghraib. Ma anche qui il gioco non funziona perché il tiranno l’ hanno foraggiato gli States per anni ed i siriani sono stati praticamente lasciati soli, a parte qualche volontario ed pochissimi giornalisti coraggiosi che hanno sfidato le pallottole dei cecchini per raccontare la verità.

La rivoluzione, anche in Siria, è partita pacificamente, la gente bruciava le armi in piazza e la responsabilità politica degli oltre 30.000 morti tra la popolazione civile di cui oltre duemila bambini in tenera età, la devastazione di interi quartieri e alla distruzione di circa 500 moschee.ricade interamente sul tiranno.

Se per l’editorialista del Corriere della Sera, ambasciatore Sergio Romano, la Siria è solo una delle tante guerre civili che sconvolgono il Sud del mondo, se per altri è addirittura una controrivoluzione in cui viene rovesciato un governo laico, per noi la Siria è il terreno di scontro tra chi vuole l’oppressione del genere umano e di chi cerca di liberarsi con tutti i mezzi leciti e necessari.

A proposito del rapporto mezzi – fini, tenuto contro del fatto che chi ha il potere questi problemi non se li pone nemmeno, di fronte alla distruzione di qualsiasi principio morale portato avanti dalle milizie governative, la quali bombardano interi quartieri ed usano la tortura contro i prigionieri… la stragrande maggioranza delle brigate partigiane siriane, ha sottoscritto un accordo per evitare di usare mezzi inumani come la tortura, le esecuzioni sommarie o la violazione dei cadaveri dei nemici. In questo modo hanno cercato di applicare le leggi di guerra dell’ Islam che vietano qualsiasi crudeltà ed inumanità anche in battaglia.

Qualunque sia l’analisi geopolitica degli avvenimenti non possiamo assolutamente sottrarci al dovere di aiutare le famiglie duramente colpite e scacciate dalle loro case, non possiamo rimanere insensibili al loro grido di dolore, a qualunque grido di dolore provenga da un essere oppresso.

Ognuno di noi è custode del creato e come tale il dolore della più piccola creatura è il nostro dolore.


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