Ecco cosa scrive, con la sua piacevole prosa rimata, Sandro Boccia:
Sisifo, il figliolo d’Eolo, re dei venti, nell’antichità fu famoso
perché il suo nome spesso è legato per indicare una cosa vana,
una fatica inutile, un lavoro inconcludente e laborioso.
Ladro imbroglione era riuscito addirittura alla Morte a darle tana
avendola incatenata e di conseguenza non moriva più nessuno:
potete immaginare la preoccupazione d’Ade che rischiava il fallimento,
allora Marte la liberò e a darle Sisifo prigioniero in un sol momento;
lui però, con la scusa di punire la moglie, riuscì a riprendersi la libertà,
(lei non gli aveva fatto il funerale), salì in terra ma non si spostò da là
fino a la vecchiaia, dopo di chè finalmente morto, fu condannato eternamente
a spinger un masso fino alla cima di una collina che sistematicamente
ritornava a valle; lui ricominciava con questa fatica che non serviva a niente.
Morale: è inutile sfuggir alla morte, ci rimetti tu, e sempre, inevitabilmente!
Il mito di Sisifo (tratto da: pagineferite.wordpress.com)
Sisifo, figlio di Eolo, sposò una figlia di Atlante, Merope, la Pleiade, che gli generò Glauco, Ornizione e Sinone; egli possedeva una bella mandria di bestiame sull’istmo di Corinto.
Nei pressi vive Autolico. Ora, Autolico era un vero maestro nell’arte del furto, poiché Ermete gli aveva conferito il potere di trasformare le bestie che rubava, mutando le bianche in nere e quelle senza corna in cornute o viceversa.
E Sisifo, pur essendosi accorto che la propria mandria diveniva sempre più esigua, mentre i capi della vicina mandria di Autolico aumentavano sempre più, non riuscì a raccogliere le prove per accusarlo di furto; un giorno pensò dunque di incidere all’interno degli zoccoli dei suoi animali il monogramma SS o, come altri dicono, le parole «Rubata da Autolico» … lasciando i vicini a discutere col ladro, si precipitò nella casa, entrò dalla porta principale e, mentre fuori ferveva la disputa, sedusse Anticlea, figlia di Autolico e moglie di Laerte l’Argivo.
Anticlea gli generò Odisseo… Dopo che Zeus ebbe rapito Egina, suo padre, il fiume Asopo, giunse a Corinto in cerca di lei. … Zeus, che era sfuggito a fatica alla collera di Asopo, ordinò a suo fratello Ade di trascinare Sisifo nel Tartaro e di infliggergli una punizione eterna per aver tradito i segreti degli dèi.
Tuttavia Sisifo riuscì a trarre in inganno Ade e lo chiuse nei ceppi a lui destinati pregandolo di mostrargli come funzionavano. Così Ade rimase prigioniero nella casa di Sisifo per alcuni giorni (e si creò una situazione gravissima perché nessuno poteva morire, nemmeno i decapitati) finché Ares, che vedeva minacciati i propri interessi, non giunse a liberarlo consegnandogli Sisifo prigioniero.
Ma Sisifo aveva un altro trucco in mente. Prima di discendere al Tartaro, disse a sua moglie Merope di non seppellirlo … Persefone si lasciò ingannare e concesse a Sisifo ciò che egli le chiedeva. Ma appena fu tornato alla luce del sole, Sisifo non mantenne la promessa fatta a Persefone e Ade fu costretto a ricondurlo al Tartaro con la forza…
I giudici dei Morti gli consegnarono un enorme masso (grande come quello in cui si trasformò Zeus per sfuggire ad Asopo) e gli ordinarono di spingerlo fino alla sommità di una collina per farlo poi rotolare dall’altra parte. Sisifo non è mai riuscito a portare a termine tale compito. Quando è ormai a poca distanza dalla sommità della collina, il masso immane lo travolge col suo peso e rotola di nuovo a valle; Sisifo deve allora ricominciare tutto da capo, mentre il sudore gli bagna le membra e una nube di polvere si alza sopra il suo capo.
Aggiungo una nota che ci rimanda all’atavica astuzia di Ulisse:
Niente di straordinario nella sua nascita di Ulisse tranne il fatto che la madre Anticlea, appena prima di sposare Laerte, re di Itaca, si sarebbe unita a Sisifo, fondatore di Corinto, l’uomo più empio e traditore. Così si spiegherebbe il carattere astuto di Ulisse che, comunque, non ha certo bisogno di quell’atavismo, perché il padre di Anticlea vedeva bene Sisifo quanto ad astuzia e furbizia. Fu lui a suggerire di chiamare il bambino «Ulisse», che significa «vittima dell’ostilità». E si mostrò bravo profeta.