Gli anni 70 sono stati caratterizzati da elevata inflazione. Nel 1979 Paul Volcker viene nominato alla presidenza della Federal Reserve. Volcker era fortemente avverso all’inflazione ed era disposto a sopportare le conseguenze negative sull’economia di elevati tassi di interesse
pur di ridurre il tasso di crescita dei prezzi
La strategia ebbe successo dato che il tasso di inflazione passò dal record del 13.5% del 1980 al 6.2% registrato nel 1982. I tassi di interesse elevati generarono un consistente apprezzamento del Dollaro nei confronti delle maggiori valute mondiali. Questa politica, associata allo shock petrolifero, tuttavia, comportò una frenata della produzione ed un aumento della disoccupazione…
Il 1981 fu l’anno del Presidente Regan che intraprese una politica fortemente liberista. Ridusse le tasse ed aumentò le spese militari, così, attratti dagli investimenti interni, flussi di capitali continuarono ad affluire negli USA e contribuirono a far apprezzare il Dollaro.
Dal 1979, nella metà del 1985 il Dollaro si era apprezzato del 65% nei confronti del Marco. A questo punto l’apprezzamento del Dollaro diventava preoccupante e, nel 1985, i paesi del G5 decisero un intervento congiunto per deprezzarlo. Nel 1985, il dollaro perde il 40% del proprio valore. A questo punto il problema divenne il suo deprezzamento. In questa folle altalena il Giappone era fortemente preoccupato della perdita di competitività dei propri prodotti. Nel 1987 gli stessi paesi si impegnarono a stabilizzare il Dollaro a un valore compatibile con i fondamentali. L’altalena si arresta almeno per un po’. Il problema rimanevano le politiche fiscali monetarie statunitensi.
Il problema rimaneva la priorità di obiettivi. Prima si pensava all’equilibrio interno e, solo successivamente, al tasso di cambio. Per cui il valore del Dollaro veniva determinato in relazione alla congiuntura economica e alle politiche economiche decise dagli Stati Uniti.
Dollaro a parte, gli anni 80 segnarono l’inizio di un nuovo sistema di cambio tra le valute europee attraverso il Sistema Monetario Europeo. Le parità delle monete aderenti venivano definite nei confronti dell’ECU, che rappresentava una valuta paniere centrali (insieme di valute nazionali che entravano con quantità fisse nel paniere stesso) posta al centro del sistema.
Lo SME divenne ben presto un sistema asimmetrico in cui il ruolo della valuta perno del sistema era svolto dal Marco anziché dall’ECU.
Il sistema monetario internazionale, negli anni 80, fu caratterizzato anche da numerose crisi debitorie e finanziarie che hanno colpito diversi paesi in via di sviluppo e dell’America Latina.
Il Messico nel 1982 fu costretto a svalutare il Peso nei confronti del Dollaro e al contempo a dichiarare default sul debito non essendo in grado di onorare i pagamenti sullo stesso. Il terremoto finanziario si allargò a tutti gli altri paesi in via di sviluppo che dovettero seguire l’esempio del Messico.
Molte istituzioni finanziarie statunitensi, presenti in america latina, persero stabilità finanziaria. Questa fase di crisi venne superata solo nel 1989 con l’adozione del “Piano Brady” che prevedeva la ristrutturazione del debito dei paesi fortemente indebitati tramite negoziazioni multilaterali tra i paesi debitori e le banche commerciali creditrici.