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Sistema monetario internazionale: il sistema Bretton Wood

Creato il 15 settembre 2011 da Elvio Ciccardini @articolando

Sistema monetario internazionale: il sistema Bretton WoodAlla fine della seconda guerra mondiale, nonostante l’esperienza negativa del periodo prebellico, i governi riportarono il sistema monetario internazionale ad un sistema a cambi fissi.

L’idea era che i periodi di flessibilità fossero associati a periodi di crisi e difficoltà. Inoltre, vi era la convinzione che la crescita e lo sviluppo economico fossero legate all’espansione degli scambi commerciali e che questi ultimi necessitassero di un sistema di tassi di cambio stabili…

Fu così che, nel 1944 a Bretton Woods, si tenne una conferenza, a cui parteciparono ben 44 delegazioni di altrettanti paesi. Le posizioni tra gli alleati erano diverse sul grado di flessibilità da dare al sistema.

Gli Stati Uniti volevano un sistema senza vincoli che riproducesse il funzionamento del gold standard, con il dollaro come valuta di riferimento. La Gran Bretagna caldeggiava un sistema con maggiori vincoli che prevedesse controlli sui movimenti di capitali e permettesse una certa flessibilità dei cambio, quindi la possibilità di svalutazioni.

Il risultato su il sistema Bretton Woods, cioè un compromesso tra le due posizioni, che si basava su quattro pilastri.

In primo luogo, si sanciva la fine della valuta merce e si affermava la valuta cartacea. L’unica valuta convertibile in oro sarebbe stato il dollaro. Mentre le altre valute dovevano essere convertibili in oro a tassi prefissati. Da una parte veniva risolto il problema della redistribuzione delle riserve auree nel mondo (circa i 2/3 delle riserve auree mondiali erano negli USA), dall’altro dovendo la si risolveva il problema delle crisi di liquidità in una economia mondiale in crescita, imponendo al mondo una deflazione.  Non era più l’oro la fonte di liquidità, ma il dollaro.

Il secondo elemento era legato al sistema dei cambi fissi. Ogni altra moneta doveva fissare il proprio tasso di cambio con il dollaro, che a sua volta era ancorato all’oro. Tuttavia vi era la possibilità di aggiustare i tassi, nel caso di squilibri strutturali. Per i riallineamenti eccedenti il 10% si rendeva necessaria l’approvazione del Fondo Monetario Internazionale.

Il terzo aspetto riguardava l’istituzione di controlli sui movimenti dei capitali. Fino al 1959 questi controlli furono efficaci, poi divenne più semplice aggirarli.

L’ultima caratteristica del sistema era la creazione e l’istituzione del Fondo Monetario Internazionale. Cioè dell’Istituzione finanziaria sovranazionale a cui era affidato il compito di sorvegliare le politiche economiche intraprese
dai paesi aderenti e di fornire liquidità ai paesi che sperimentassero
crisi di bilancia dei pagamenti.

Questo sistema non funzionò mai. Da una parte i governi temevano di perdere credibilità attuando una svalutazione, dall’altra l’esperienza derivante dal periodo tra le due guerre aveva fatto associare i tassi di cambio flessibili con una condizione economica di notevole incertezza se non di recessione.

L’opinione pubblica e i mercati vedevano i riallineamenti come una situazione di cambi flessibili e quindi li interpretavano come situazioni di crisi.  Nonostante il sistema prevedesse la flessibilità, i Governi avevano paura di farvi ricorso.

Anche il Fondo Monetario Internazionale contribuì al suo fallimento. In primo luogo per la scarsa dotazione di fondi. I prestiti a cui i paesi
europei potevano accedere dal Fondo Monetario Internazionale erano di
scarsa entità se rapportati alle reali esigenze. Gli Stati Uniti dovettero cercare di porre rimedio a questa situazione attraverso il Piano Marshall. Di fatto il sistema e i comportamenti degli Stati fecero si che gli squilibri, invece di essere assorbiti, venivano accentuati e promossi.

Un esempio è costituito dalla crisi della Sterlina Inglese del 1947. Gli usa concessero nel 1946 un credito alla Gran Bretagna sotto la condizione che la Sterlina fosse resa liberamente convertibile in Dollari. L’indebitamento inglese era tuttavia di tale entità che ci fu una vera e propria fuga dalla Sterlina e la convertibilità durò nei fatti meno di sei settimane.

Pochi mesi dopo, nel settembre 1949 la Sterlina, conobbe una seconda svalutazione, questa volta assieme a numerose altre valute. La sottovalutazione dei costi economici della guerra, soprattutto da parte americana, era anche la conseguenza della sopravvalutazione dei benefici che l’apertura al commercio internazionale avrebbe portato alle economie Europee.

Il ritorno alla convertibilità impiegò più di quanto previsto ed avvenne alla fine del 1958 per le economie europee e nel 1964 per il Giappone. Un ruolo cruciale fu svolto dagli aiuti del Piano Marshall che permisero all’Europa di ricostruire il proprio stock di capitale e di riportare in equilibrio i propri saldi con l’estero. Paradossalmente proprio il Piano Marshall che svolse un ruolo cruciale per il ripristino della convertibilità delle partite correnti, fu anche uno dei fattori che fece in seguito crollare il sistema di Bretton Woods.

Quando, negli anni 60, le economie europee e quella giapponese iniziarono a crescere più di quella statunitense, si richiedeva un apprezzamento del tasso di cambio delle monete europee verso il dollaro. Però, da un lato i paesi europei ed il Giappone non volevano rivalutare la propria moneta, dall’altro gli Stati Uniti non potevano svalutare il Dollaro, perchè era la valuta di riferimento del sistema e la sua svalutazione avrebbe in ogni caso fatto saltare il sistema.

Non si può nascondere che la posizione del Dollaro fosse ambigua. Il Dollaro doveva essere convertibile in oro. Ma doveva anche essere valuta di riserva per la maggior parte delle economie estere. Si diceva che questa scelta fosse dovuta alla necessità di eliminare i problemi di liquidità, che di fatto furono solo attenuati e non eliminati.

Se il Dollaro era la valuta di riserva a livello mondiale, gli Usa avrebbero dovuto garantire una crescita costante dell’offerta di Dollari, solo così si sarebbe potuto garantire la liquidità al sistema monetario internazionale.

L’economia Usa è di fatto cresciuta negli anni 50 e 60 e ciò generava una crescente domanda di Dollari. Se l’economia americana cresceva gli americani potevano mantenere la parità aurea e garantire liquidità. Dalla metà degli anni 60, però, le altre economie iniziarono a crescere più di quella americana, così la credibilità dell’impegno americano a mantenere la parità aurea venne rapidamente a mancare e gli altri paesi divenivano sempre più riluttanti ad accettare questa situazione. Questo problema si chiama dilemma di Triffin, colui che lo evidenziò.

La soluzione era semplice e consisteva nel sostituire il Dollaro con un’altra attività che fosse accettata da tutti i partecipanti al sistema monetario internazionale. Questa attività doveva essere libera di crescere al tasso di crescita dell’economia mondiale, così da soddisfare la crescente domanda di moneta per le transazioni. A questo scopo furono creati i diritti speciali di prelievo, passività del Fondo Monetario Internazionale, che tuttavia furono messi in opera troppo tardi, quando oramai il sistema di Bretton Woods era al collasso.

Il sistema aveva dei problemi già alle sue origini, solo che erano stati nascosti e che, una volta ristabilita la convertibilità, sono divenuti sempre più rilevanti.

Ha inciso sicuramente la politica economica degli Stati Uniti, impegnati nella guerra in Vietnam che avevano fatto aumentare la spesa pubblica. Il deficit americano di bilancio americano tra il 66 e gli anni 70 è quintuplicato.

L’espansione fiscale fu accompagnata anche da un aumento dell’inflazione che passò dal 2% al 6% dal ’65 al ’70. I paesi esteri erano terrorizzati dalla possibilità di importare l’inflazione dagli Usa.

L’insieme di tutti questi fattori resero la posizione del Dollaro sempre più insostenibile e nel 1971 iniziarono gli attacchi speculativi sul Dollaro. Nixon dovette sospendere la convertibilità del Dollaro nei confronti dell’oro nel mese di Agosto. Anche se non de jure, la sospensione della convertibilità aurea del Dollaro segnò la fine di questo sistema.

A Dicembre si cercò di uscire dalla crisi del sistema. Il Dollaro venne svalutato dell’8%. L’oscillazione passò dall’1% al 2,25%. Non benne ristabilito l’obbligo alla convertibilità aurea.

Iniziò il conflitto tra le politiche monetarie di Stati Uniti e dei Paesi Europei. Nel marzo 1973 il sistema di Bretton Woods cessò di esistere anche de jure.

Ma il Fondo Monetario Internazionale continuò ad esistere…



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