Magazine Italiani nel Mondo
In Italia in occasioni del genere c'è sempre qualche distinto che grida al festeggiato “Discorso! Discorso!”. Di solito viene gentilmente mandato a cagare. Se invece a pretendere il discorso è un coro, il festeggiato imbarazzato balbetta un breve ringraziamento e invita a continuare a bere e a far bagordi.
Qui nessuno grida “discorso” però i discorsi si fanno sul serio. Un commensale funge da maestro di cerimonia ed invita chi ne ha fatto richiesta ad intervenire. Il primo discorso lo pronunciò Marcus stesso illustrando la provenienza degli ospiti e ringraziandoli della loro presenza.
Poco dopo fu il turno della moglie che lesse il suo discorso dattiloscritto di quattro pagine (15 minuti) nel quale raccontava il favoloso periodo vissuto insieme a Marcus dagli anni sessanta all'attualità.
Il discorsi terminavano sempre con un brindisi:
“Skål” Dicevano gli invitati alzando il bicchiere. Dopo fu la volta del figlio con i punti del discorso scritti su post-it, poi toccò alla cugina poi a parlare furono una decina di amici. Marcus e gli ospiti ascoltavano in silenzio senza interrompere. I discorsi erano omaggi al festeggiato commoventi ed ironici. Gli invitati ridevano alle battute. Marcus era emozionato a sentire tanto affetto e tanti aneddoti della sua vita. Lo si vedeva dall'espressione del suo volto. Si commosse quando fu data lettura di una lettera inviata da un suo amico ottantaquattrenne, un prete tedesco, che non aveva potuto raggiungerlo per motivi di salute.
“Skål”. Poi fu il turno di un ufficiale dell'esercito che gli appuntò una medaglia al valore per i meriti sul campo durante il Libano.
“Skål”. Poi un duo che con la chitarra lo omaggiò di una canzone ironica sulla falsa nota di Alleluja di Leonard Cohen.
“Skål”. Poi i nipoti gli cantarono una canzone in coro ed eseguirono una coreografia di danza moderna.
“Skål”. Insomma l'evento era una via di mezzo fra una cena formale e la festa finale del campo scuola parrocchiale.
“Skål”. La vichinga mi chiese conoscessi lo snus. Sì che lo conoscevo. E' una porcheria che ci si ficca sotto le gengive che rilascia nicotina. Lei e suo fratello se lo erano passato sotto la tavola con movimenti esperti da narcotrafficanti. In molte nazioni fra cui l'Italia lo snus rientra fra le sostanze vietate per i devastanti danni da tumore che possono causare in bocca, qui invece è considerato un'alternativa cool alle sigarette.
Miss Norvegia si illuminò proponendomi di provarlo ma la vichinga la ammonì dicendo che le prime volte può causare vomito e svenimenti. Mi aggrappai a ciò che diceva la vichinga mentendo che sì sarebbe stata una gran figata ficcarsi quella roba in bocca ma non volevo rischiare di andare in “overdose” alla festa di compleanno di Marcus di fronte alla sua famiglia.
Alla pausa prima del dessert già gli invitati erano molto più sciolti. Andai al tavolo dei regali e vidi che la maggioranza dei doni erano bottiglie di vino. E la maggioranza delle bottiglie erano vini doc della provincia di Verona: Valpolicella e Amarone.
Pensate, nel mondo, quando qualcuno vuole fare un dono di qualità regala il nostro vino. Il nostro vino!
Mi agganciò la cugina di Marcus quella che negli anni sessanta lo aveva presentato alla futura moglie e nel 2002 aveva presentato me a lui in qualità di giovane volonteroso.
La cugina non aveva concluso molto nella vita almeno dal punto di vista borghese, niente figli, niente carriera, niente paccate di soldi. Aveva solo vissuto in tanti posti del mondo fra cui Francia, Italia, Stati Uniti, praticato lavori differenti, conosciuto gente, vissuto storie d'amore e accumulando aneddoti. Ora a sessantacinque anni suonati lavorava in un ufficio di Oslo come centralinista, viveva in un buco aspettando la pensione per potersi ritirare in Portogallo dove il costo della vita è più accettabile.
Nel 1999 lavorava come capogruppo per un'agenzia di viaggio americana mentre io facevo il mozzo su una nave da crociera fluviale e mia mamma la direttrice di bordo. Ci conoscemmo in quell'occasione e da lì cominciò tutto.
Non mi vedeva da undici anni ed era felicissima di incontrarmi perché la sua mano mi accarezzava il muscolo allenato del bicipite e della spalla. Era in compagnia di un amica che aveva una casa a Tromsø e che sarebbe stata felice di prestarmela se fossi andato da quelle parti. Mi ripeterono il concetto cinque o sei volte ridacchiando sotto l'effetto dell'alcol.
Poco dopo anche la moglie del figlio di Marcus tentò di mettermi a mio agio offrendomi le guance da baciare “come si fa in Italia”.
Intanto la figlia di Marcus, la dottoressa, piangeva lacrime di stizza in un angolo. Non so di preciso perché. Ricostruendo credo avesse preparato un Power Point con le foto della vita di suo padre ma a quanto pare o il maestro di cerimonia se ne era dimenticato o chissà che altro perché già un complessino si preparava a suonare e lei stava riponendo il portatile. Una bionda dalla faccia dura le andò incontro a lisciarle teneramente i capelli. Forse la convinse che si potevano vedere le foto ora. Così fu. Erano foto molto tenere e divertenti. A commentarle era Marcus stesso.
Dopo ci furono musica e superalcolici. I norvegesi si tuffarono nelle danze con un entusiasmo che non mi aspettavo che non ha niente da invidiare con quello messicano (professionisti della festa).
L'ultima ora la trascorsi con un tizio a parlare del più e del meno. Mi stava piuttosto attaccato e il mio inconscio protestava “Troppo vicino, ragazzo, troppo vicino”.
Tornammo a casa verso le tre di mattina. Diedi ospitalità alla vichinga e a suo fratello.
L'indomani andai a lavorare sotto la pioggia alle due del pomeriggio dopo aver pranzato e riposato. Uscii in punta di piedi perché i miei ospiti dormivano ancora.
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