Esistono gli angeli? E, se sì, che aspetto hanno?
Per David Almond, gli angeli devono assomigliare a Skellig: metà uomo, metà uccello, con le ragnatele nei capelli e l’alito pestilenziale a causa degli insetti che ingoia. Skellig ama anche ingurgitare avanzi di cibo cinese, beve birra e prende l’aspirina.
A volte, quello di cui abbiamo più bisogno, ci arriva nella forma più insolita e nei modi più inaspettati: magari non è come lo avevamo immaginato, ma sta a noi riconoscerlo. Così accade a Mike, un ragazzino che trova Skellig, malato e con le ali coperte di polvere, nel garage pericolante di casa.
La sorellina di Mike è in ospedale, con “tubi e fili attaccati”. La mamma di Mike è impegnata ad assisterla, il papà è impegnato a ristrutturare la casa nuova. Quanto agli amici, quelli pensano solo a giocare a calcio e dagli insegnanti cosa ci si potrebbe aspettare? Si arrabbiano se solo sbagli due frazioni. Ma per fortuna c’è Mina, la vicina di casa di Mike: una strana ragazzina che non va a scuola come gli altri, ma legge William Blake ed è in grado di vedere la bellezza del mondo. E soprattutto c’è Skellig: da curare, da accudire, da scoprire insieme a Mina, in un’avventura che è anche la scoperta di sé e delle proprie emozioni.
Racconta la mamma di Mike: “Dicono che le scapole sono il punto dove avevamo le ali, quando eravamo angeli. Dicono che sono il punto dove ci ricresceranno, un giorno”. Forse ci vuole solo qualcuno, o qualcosa, che ci ricordi che anche noi possiamo essere angeli, per un giorno. O forse anche di più, se impariamo a guardare nel profondo degli occhi, dove nascono i sogni.
Lara Cappellaro
David Almond, Skellig, Salani, Milano, 2009 (ed. originale 1998)