Magazine Cinema
Col. Willoughby/Warren Oates :- [Rivolto a Smith] “Ho tenuto il mio occhio su di te, ragazzo. Ho tenuto i miei occhi su di te veramente per bene.”
Smith/Sam Neill :- [Dopo aver scoperto perchè è stato inquadrato come un terrorista] “Bastardi, bastardi.”
Trama: Un uomo di nome Smith (Sam Neill) in cerca d'ispirazione e di cambiare la sua vita, lascia temporaneamente la moglie, un bambino e la sua casa, affittandone un'altra su un'isola disabitata al largo della penisola di Coromandel.Ma lì si trova un deposito di armi lasciate dal movimento di resistenza, Smith subito dopo viene quindi arrestato come sovversivo dal governo totalitario della Nuova Zelanda. Imprigionato, gli viene offerta l'opportunità di fare una confessione falsa e andare in esilio o altrimenti verrà passato per un'esecuzione sommaria. Contrariamente, egli riesce a fuggire e si rifugia per tutto il paese cacciato dalle Force Speciali del governo, venendo a malincuore coinvolto con il movimento della Resistenza.
Finalmente affrontiamo un film il quale è una delle pietre angolari del cinema kiwi. Si tratta naturalmente di “Sleeping Dogs”, secondo il bel titolo originale, “Unica regola:vincere” in quello italiano che non c'entra praticamente un cazzo.
Personalmente conosco parecchio attraverso libri di storia, politica, cinema e curiosità varie la magnifica Nuova Zelanda, e anche un poco di persona per averci soggiornato un mese, 15 anni fa. E' una nazione dal territorio grande almeno quattro volte l'Italia e con una popolazione solamente di ca. 3,5 milioni. L'intero paese è costituito di centri abitati e città molto piccole, a parte ovviamente Auckland, Wellington, e sull'isola meridionale unicamente Christchurch e Dunedine, sono medie città. All'epoca ben pre- Peter Jackson e WETA Productions in cui questo film venne realizzato le produzioni cinematografiche neozelandesi erano quasi del tutto trascurabili - forse 3-4 film all'anno, e la produzione televisiva limitata a una singolo soap opera adolescenziale (“Shortland Street”), più forse una sitcom e una serie drammatica prodotte in un anno. Certamente una tale minuscola industria cinematografica nazionale e con così poche uscite ebbe comunque già alcune sorprendenti storie di successi - con registi come Vincent Ward ( “The Navigator:Un'odissean nel medioevo” 1988, “Al di là dei sogni”“1996), che ben precorse Peter Jackson (“Il Signore degli Anelli” 2001), Lee Tamahori (“Once Were Warriors -Una Volta erano guerrieri” 1994, poi anche “007 -Il Domani può attendere” 2003), Jane Campion, la peggiore (“Lezioni di piano” 1993, ”In the Cut”, 2002 Martin Campbell (“Agente 007 -Goldeneye” [1996], “Agente 007: Quantum of Solace” [2008]), e attori come Russell Crowe, Lucy Lawless, Kerry Fox, Anna Paquin, Temuera Morrison, Keisha Castle-Hughes, bellissima, e il compianto Bruno Lawrence, forse il più dotato attore kiwi ad avere maturato esclusivamente una carriera “australe”. Naturalmente “Sleeping Dogs” si avvalse anche di due eccellenti nomi che poterono garantire al film una distribuzione internazionale- Sam Neill nella sua prima interpretazione su grande schermo, e il regista Roger Donaldson (sotto citerò almeno alcuni dei suoi film successivi).
“Sleeping Dogs” fu davvero la pietra angolare dell'industria cinematografica della Nuova Zelanda. E' difficile oggi credere che nello stesso anno in cui venne prodotto "Star Wars”, il 1977, la produzione totale di film in Nuova Zelanda poteva contarsi su di una mano e un paio di dita. Come Sam Neill stesso sottolinea nel suo eccellente documentario “Cinema of the disease: A Personal Journey of Sam Neill” (1995) -potete trovarlo in rete-, l'immagine culturale della Nuova Zelanda era (e in larga misura ancora lo è) determinata da influenze straniere, prima come colonia dell'Inghilterra, e successivamente in gran parte attraverso la schiacciante prevalenza del cinema e della tv americani. Come osserva Neill, è stato strano andare la prima volta nelle sale cinematografiche locali e vedere i volti e gli accenti della nazione, senza per una volta scorgervi dietro i soliti riflessi della cultura e del predominio statunitensi.
E' con “Sleeping Dogs” che tutto questo cambiò. Fu il primo film importante realizzato in casa e che divenne un successo, almeno di accoglienza critica. Venne visto come l'opera realizzata da un regista neozelandese, destinato a dirigere film anche di grande successo, negli Stati Uniti, che inesorabilmente ma sempre originalmente, incorporava insieme stili internazionali del fare cinema - ma soprattutto accenti locali che per la prima volta erano visti sullo schermo. Il successo del film portò nello stesso anno direttamente alla creazione della New Zealand Film Commission - un organismo finanziato dal governo come nell'industria cinematografica della vicina Australia che con la “First Wave” proprio in quegli anni stava esplodendo, che avrebbe finanziato il cinema sia con finanze locali, che fungendo da agente di vendita internazionale.
Il successo di ”Sleeping Dogs” fu lungo e duraturo, riflettendosi sulla produzione a venire, e sull'immagine cinematografica stessa del paese, all'estero. Un paese che era e si immaginava così placido e tranquillo, come la Nuova Zelanda, dove la polizia ancora non portava armi e il tasso di criminalità nazionale era poco al di sopra dei 2-3 omicidi l'anno, a senso di ciò, nel 1977 la sorpresa di vedere tutto questo superamento dell'immagine classica e stereotipata, raffigurando una Nuova Zelanda caduta sotto l'oppressione del fascismo (a questo punto è utile una breve digressione, spiegai in una precedente rece degli Ozploitation, come anche in Australia questo fosse timore molto radicato e ben presente, data la relativa vicinanza con il continente sudamericano, quasi interamente sotto controllo delle dittature militari appoggiate dagli Stati Uniti, in quel periodo storico. E in Nuova Zelanda e Australia, fuggirono, vennero accolti con l'asilo politico, molti esuli, politici no meno, fuoriusciti da quelle dittature) – nella quale squadre antisommossa con casco e tutto il resto picchiano con i manganelli i manifestanti in strada, controllando ad ogni isolato le carte d'identità dei cittadini, costituendosi dei movimenti di resistenza armata, mentre vengono effettuati arresti senza un giusto processo - deve aver avuto un elettrizzante effetto di shock. Un ulteriore senso di immediatezza, che ciò stesse davvero accadendo, è rafforzato dall'immagine di Dougal Stevenson come un lettore di news sugli schermi delle tv, un ruolo che Stevenson conduceva anche nella vita reale in alcune trasmissioni della televisione neozelandese, poi soltanto al telegiornale della sera su uno dei due canali nazionali del paese. E la cosa spaventosa di “Sleeping Dogs” era il modo profetico con cui precedette questo tipo di immagini, che fu solo una questione di pochi anni più tardi (il 1981), quando si sarebbero viste davvero, con le stesse forze di polizia in tenuta antisommossa con il casco e tutto il resto, a bastonare con i manganelli i manifestanti durante i tafferugli per le strade, in occasione delle proteste a livello nazionale contro il tour della celeberrima nazionale Springboks di rugby, del Sud Africa pro-apartheid. La cosa più evidente è che”Sleeping Dogs” quando venne distribuito a livello internazionale fece quasi vicino allo zero, in quanto ad incassi- e facendolo addirittura dimenticare dall'eccellente accoglienza critica ovunque venne fatto uscire.
Seguendo lo standard dei film distopici, “Sleeping Dogs” lo rivolge coniugandolo ad un maggior senso dell'azione, così tipico del cinema Ozploitation, con il quale riesce ad ampliare ancora di più la risonanza di una Nuova Zelanda completamente rovesciata, nei suoi aspetti più familiarmente percepiti, in casa come all'estero.
L'attore e poi regista Ian Mune (vedi "Bridge To Nowhere”, forse il suo film migliore e maggiormente distribuito all'estero, adattamento del romanzo scritto nel 1971 da CK Stead, -oggi una delle figure letterarie più acclamate del paese-, ma anche de “L'Uomo di Dunedine”[Man of Dunedine] [1985], e fra gli altri di “Once Were Warriors 2- Cinque anni dopo” [1999] ) è anch'esso presente nel film come attore e sceneggiatore, mentre la forte scrittura di Stead, qui presente come co- sceneggiatore, viene da Mune prosciugata dell'aspetto sociopolitico trasformando la storia in un film d'azione. Il film ha però davvero alcune ambizioni più alte, che l'essere soltanto un film d'azione. Certamente non si innesta in una qualsiasi delle diatribe politiche che solitamente compongono il filone della SF distopica- il governo ritratto è solamente totalitario e repressivo, in un generico e futuro stato di polizia, senza una maggiore profondità di tutto ciò.
La regia di Donaldson che operò con un budget ridotto, prolunga bene il movimento e l'azione. Il film tende anche trascinarle in qualche modo, queste scene d'azione. Donaldson in più aggiunge spesso un senso dell'umorismo tra il beffardo e il parrocchiale come lo scambio tra Sam Neill e l'anziano Maori che gli affitta l'isola e gli dà in compagnia un cane - "Qual è il suo nome?" :-"Non lo so. E' il tuo di cane."
Sam Neill doveva ancora a sviluppare tutto il carisma che lo avrebbe etichettato come uno degli uomini più affascinanti, “sexy” del mondo nel 1990, in quelle stronzate di apposite classifiche da riviste patinate. Un paio di anni più tardi Neill avrebbe interpretato il protagonista maschile in “My Brilliant Career” (1979) di Gillian Armstrong, poi Damien adulto in “Conlitto finale”(Omen III: The Final conflict) (1981) di Graham Baker e ottenuto la fama internazionale per la serie tv del tutto magistrale “Reilly, Ace of Spies” (1983), il resto è storia; ma qui Neill è ancora abbastanza nuovo come presenza sullo schermo, e anche se è lui l'eroe della storia, il suo Smith è un personaggio piuttosto passivo. Il ruvido personaggio di Mune è ben caratterizzato come il teppistico Bullen. Ancor prima che in Nuova Zelanda fosse d'abitudine di avere la partecipazione di attori americani per aumentare quindi la vendibilità dei film autoctoni sulla scena internazionale, Donaldson ebbe l'opportunità di ottenere la partecipazione al film in una breve apparizione e appositamente in trasferta, del grande Warren Oates, come un ufficiale militare americano.
Roger Donaldson avrebbe successivamente diretto “Smash Palace” (1981), un film inquietante ed emotivamente coinvolgente imperniato sulla rottura di un matrimonio, che è uno dei film più belli dell'emergente cinematografia neozelandese al principio degli anni ottanta, e rimane il film migliore dell'intera carriera di Donaldson, oltre ad essere una delle interpretazioni giustamente più celebrate e ricordate, di Bruno Lawrence.
Il successo di “Smash Palace” portò Donaldson oltreoceano dove avrebbe realizzato “Il Bounty” (The Bounty) (1984) con Mel Gibson e Anthony Hopkins, molto bello, l'enorme successo di pubblico ma thriller mediocre con Kevin Costner “No Way Out” (Senza via di scampo) (1987), e di fronte a tale prodotto molto convenzionale ma di buonissima presa commerciale, Donaldson insistette con i prodotti mercantili: “Cocktail” (1988), “Cadillac Man -Mister occasionissima” (1990), l'orrendo remake di “The Getaway” (1994), ma almeno anche il bello e sottovalutato thriller “White Sands -Tracce nella sabbia” (1992). A seguire diresse tra gli altri il non disprezzabilissimo disaster-movie “Dante's Peak -La Furia della montagna” (1997), e il sopravvalutatissimo thriller storico- politico“Thirteen Days” (2000) sempre con Costner. Negli anni 00 e più recenti ha realizzato alcuni validi pretendenti ai Razzie Award nella categoria peggior film dell'anno, ad esempio con “Indian -La grande sfida” (2005) protagonista “alimentare” l'imbolsito Anthony Hopkins, il ridicolissimo e insignificante “Solo per vendetta” (The Hungry Rabbit Jumps) con Nicolas Cage e Hugo Weaving l'anno scorso, salvandosi parzialmente solo con “La Rapina perfetta”(The Bank Job) con Jason Statham, girato in Gran Bretagna nel 2008, tratto da una storia vera e ambientato negli anni settanta. Donaldson ha anche inaugurato una joint di discreto successo nel genere SF con il primo film della serie di “Species -Specie mortale” (1995).
Il film venne limitatissimamente distribuito e in pochissimi cinema italiani, nel giugno del 1980 dai mitici Distributori Regionali Associati. E' poi uscito unicamente in una rarissima vhs da nolo della Futurama nel 1987, casualmente trovata dal sottoscritto alla UPIM in uno di quei cestoni di cassette, nel 1998. Si trova una splendida “Special Edition” in dvd e a doppio disco, ovviamente solo in R4.
Geoff Murphy è il curatore degli effetti speciali del film. Murphy in seguito avrebbe anch'egli diretto film di alterno successo e riuscita, negli Stati Uniti. Nel 1985 ancora in Nuova Zelanda avrebbe però diretto “La Terra silenziosa” (The Quiet Earth) con Bruno Lawrence protagonista, considerato giustamente uno dei maggiori e più riusciti film post-apocalittici dell'intero filone, e uno dei migliori film di fantascienza degli anni '80. Oltre che probabilmente il miglior film neozelandese in assoluto, di quel decennio. Nel 1984 diresse sempre con Lawrence protagonista, anche “Utu -Il Massacro dei Maori”, imponente e significativo affresco storico sulle prime guerre dei coloni bianchi contro i Maori, nel 1860.
Warren Oates venne pagato 5000$ per la sua apparizione come Col. Willoughby. Il regista Donaldson avrebbe voluto nel ruolo Jack Nicholson, ma l'agente di quest'ultimo rifiutò il ruolo quando furono informati del basso budget del film.
L'allora primo ministro della Nuova Zelanda, Robert Muldoon, richiese un'anteprima privata del film prima della sua uscita, dopo aver sentito voci secondo le quali il film era stato inteso come una critica della sua leadership.
Warren Oates ha il copione del film in mano, quando si tira su a bordo della piscina nel motel.
Questa fu la prima pellicola prodotta in Nuova Zelanda ad ottenere una distribuzione cinematografica negli Stati Uniti.
A causa di restrizioni alle armi esistenti in Nuova Zelanda al momento di girare il film, tutte le pistole e le armi automatiche erano repliche di legno con flash aggiunti successivamente sulla canna.
Napoleone Wilson
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