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Nel corso di una guerra sul pianeta alieno, scenario della vicenda, l’Uomo Ragno si ritrova infatti con la classica calzamaglia ridotta a brandelli e ricorre alla misteriosa tecnologia locale, ricavandone un’inedita tuta, nera e bianca. Il nuovo costume aderisce alla mente oltre che al corpo di Peter, consentendogli un controllo telepatico dei dispositivi. Ma, storia dopo storia, la nuova “pelle” si rivela qualcosa di più di un manufatto tecnologico. Si tratta di un organismo vivente, un simbiota (parassita) il cui scopo ultimo consiste nell’impadronirsi del corpo ospite. Solo al termine di una durissima lotta Spider-Man riuscirà a liberarsi dell’alieno. Ma l’extraterrestre, tutt’altro che domo, prenderà possesso del corpo del giornalista Eddie Brock, dando vita a un nuovo spietato nemico dell’Uomo Ragno: Venom.
Vale la pena, in questo senso, ragionare su cosa rappresenti il costume nella mitologia del supereroe. Basta tornare agli esordi di Spider-Man per rendersene conto. Quella calzamaglia rossa e blu Peter Parker se l’era cucita in casa nella sua prima apparizione fumettistica su “Amazing comics n°15” nel 1962. Accade a pagina
La calzamaglia, insomma, aderisce come una “seconda pelle” narrativa alla serie. Un momento topico del racconto che la ridondanza visiva della tuta contribuisce a ribadire poi, in termini seriali, in ogni avventura del personaggio. In primo luogo, il costume offre un’immediata identificazione plastica all’eroe. Se ciò accade in qualsiasi fumetto – i personaggi di carta tendono sempre a vestire una divisa seriale d’ordinanza – nel comic book di supereroi, genere dove tutto è votato alla spettacolarità della rappresentazione, il colore abituale di una certa forma aiuta l’occhio a districarsi tra il dinamismo estremo di corpi e linee. Anche in una caotica sequenza di lotta, dentro una tavola frenetica, la silhouette rossa e blu di Spider-Man possiede un’istantanea visibilità.
Oltre al colore, un altro aspetto importante dell’indumento è la foggia figurativa. Ivan Baio ci ricorda, ad esempio, nel suo sorprendente studio della simbologia superomistica (Supereroi™), di come la presenza dell’emblema sul costume funzioni da insegna permanente delle qualità sovrumane del supereroe. La Palisse regna sovrano, tanto nel caso di Spider-Man, con l’aracnide pettorale su una tuta decorata di ragnatele, quanto in quello di Superman con la leggendaria “esse” sul petto. Da questo punto di vista, il cambio di calzamaglia del 1984 segna un altro scarto visivo, oltre a quello cromatico. Il segno del ragno non resta più confinato sul petto ma deborda sull’intera figura, domina il corpo dell’eroe e, dunque, l’intero racconto.
Marco Arnaudo (Il fumetto supereroico) ha sottolineato in questo senso anche le valenze sciamaniche della maschera supereroica: metafora visiva delle facoltà ultraterrene che il superuomo “stregone” manifesta. Questa connotazione ritorna, ad esempio, anche in un recente ciclo delle storie di Spider-Man. In cui lo scrittore J. Michael Straczynski ha riscritto le origini del potere di Peter Parker in rapporto all’intercessione del Dio africano Anansi. Se teniamo, poi, presente che la calzamaglia racchiude una serie di dispositivi essenziali al potere di Spider-Man, i celebri “spara ragnatele”, ci rendiamo conto che il costume assolve la funzione che nelle fiabe hanno gli oggetti magici, veri e propri aiutanti dell’eroe. Nella saga del costume alieno, anche questa valenza viene stravolta: l’indumento si trasforma da aiutante ad antagonista, prima interno e poi esterno, nella forma di Venom.
L’intuizione (felice dal punto di vista editoriale) di Stan Lee e Steve Ditko, nel creare Spider-Man, sta nel far slittare questo conflitto narrativo tra privato/pubblico, da un livello adulto ad una dimensione adolescenziale ancora più appassionante per un pubblico giovanile. Per Peter Parker, il costume costituisce l’ultimo, e intimo, confine tra la normalità di teenager ed il peso etico, maturo, di quei “grandi poteri” da cui non possono che derivare, kennedianamente, “grandi responsabilità”. Le storie più riuscite del personaggio oscillano sempre tra le due dimensioni. Pensiamo, ad esempio, al ciclo drammatico della morte di Gwen Stacy per mano del primo Goblin. E’ Spider-Man in costume a lottare con l’arcinemico sul ponte di Brooklin, ma alla fine è un Peter senza maschera, con il volto stravolto dal dolore, a piangere la perdita del suo grande amore.
Bibliografia di riferimento
Arnaudo Marco, Il fumetto supereroico – Mito, etica e strategie narrative, Tunué, 2010
Baio Ivan, Supereroi™ – araldica e simbologia mitica dell’eroismo, Tunué, 2006
Barbieri Daniele, “Supereroi & Sons”, in Star Magazine, 23, 1992 (Edizioni Star Comics)
Chabon Michael, “Secret skin. An essay in unitard theory” in New Yorker, 10 Marzo 2008
Coogan Peter, Superhero: The Secret Origin of a Genre, MonkeyBrain Books 2006
D’Angelo, Marco, “Citizen Spirit: oltre la maschera.” (http://www.lospaziobianco.it/18633-Citizen-Spirit-maschera)
Lupoi Marco Marcello, “Le strategie del ragno” in I mille volti del supereroe, Daniele Brolli (a cura di), Star Comics, 1991
Mattozzi Alvise, “L’inversione dei supercorpi. Il corpo del supereroe tra azione e passione” in Daniele Barbieri (a cura di), La linea inquieta. Meltemi. 2005.
Mattozzi Alvise, “Innovating Superheroes” in Reconstruction, 2 (http://reconstruction.eserver.org/032/mottazzi.htm)
Richard Reynolds, Super Heroes: A Modern Mythology, University Press of Mississippi1994.
Semprini Valentina, Bam!Sock! Lo scontro a fumetti, Dramma e spettacolo del conflitto nei comics d’avventura, Tunué, 2006
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