Intervista a Carlino Casari, ricercatore del Crs4, referente del progetto Handy P@rking
di Alessandro Ligas
“Ci sono un sacco di persone in giro che parlano di innovazione (e anche di smart cities), che fanno di mestiere i parolieri, si esibiscono in seminari, convegni e tavole rotonde a ripetere il tantra di concetti dei quali raramente conoscono il significato” (Carlino Casari)
Le smart city potranno dirsi realmente come tali (intelligenti) quando saranno efficienti, vivibili, e risponderanno ai bisogni di chi ci abita. Oggi rispondono a questi requisiti?
Secondo la classifica ICity Rate 2014, realizzata da FORUM PA, in collaborazione con Istat, Unioncamere e alcune delle associazioni che si occupano di partecipazione e cittadinanza attiva, per la Smart City Exhibition, le città più smart d’Italia sono: Milano, Bologna e Firenze. Cagliari è al 60° posto e Sassari al 74° posto.
Lo studio si è concentrata su 106 comuni capoluogo, ed attraverso 72 indicatori (suddivisi in una componente standard, dove tendenzialmente sono collocati gli indicatori di valenza più generale, e in una componente smart, nella quale si è cercato di inserire variabili rappresentative della capacità di adattamento ai cambiamenti tecnologici e sociali) sono riusciti a mappare il grado di “intelligenza” delle città Italiane.
L’indagine mostra che il capoluogo sardo vive all’interno di un paradosso. Ottiene discreti piazzamenti nelle graduatorie relative alle solo componenti “smart” nelle dimensioni Governance (dove si colloca al 18° posto) e People (26° posto) ma poi finisce per essere risucchiata verso il basso dagli indicatori standard (56° posto secondo quello People e 50° considerando l’indicatore Governance). In pratica se considerassimo i soli indicatori smart la città sarebbe al 45° posto, mentre considerando quelli standard sarebbe al 71° posto.
Anno 2014 Totale 2013 Città Punteggio totale 2014 Standard 2014 Smart 2014
60 47 Cagliari 399 71 45
(Fonte: pag. 13 ICity Rate 2014)
Sembra quasi che il governo cittadino sia più interessato a “twitter” che a ciò che succede realmente nelle sue strade.
Come ci ha detto Gianfranco Fancello, quando abbiamo parlato di innovazione bottom up, code weeke smart city, sembra quasi che il concetto di “smart city” sia passato da programma di sviluppo ad uno “slogan, a vessillo che tutti cercano di mostrare, spesso senza capire neanche ciò che stanno facendo o perché. È sufficiente che una qualsiasi amministrazione cittadina faccia un normale intervento che abbia una minima connotazione tecnologica (cosa non lo è nel 2014…..), perché si senta autorizzata a parlare di smart city, di futuro, di innovazione: invece, banalmente, magari si tratta di un semplice intervento di manutenzione, tra l’altro dovuto e necessario”.
Esistono, comunque, progetti che cercano di migliorare questo paradosso smussando i malumori dei cittadini attraverso la tecnologia.
Tra questi c’è il progetto Handy P@arking un modo di rendere più piacevole e intelligente lo spostamento degli automobilisti togliendo loro la percezione di entrare in un’arena senza sapere cosa gli aspetta e cosa troveranno. Cagliari non è una città grande, ha 150.000 abitanti circa, ma presenta “tutte le criticità di una grande città metropolitana”, come sottolinea Carlino Casari, che aggiunge “uno dei problemi rilevanti dei contesti urbani è quello di riuscire a sfruttare al meglio l’impiego delle aree di sosta destinate alle auto private”
Abbiamo incontrato Carlino Casari ricercatore del Crs4, il centro di Ricerca, Sviluppo e Studi della Sardegna, ed abbiamo parlato del progetto Handy P@rking, di Smart City, Cagliari 2020 ed altri progetti Smart. Stiamo iniziando un viaggio per comprendere come Cagliari possa diventare una vera smart city.
Cosa è “HandyParking”, cosa fa e con che obiettivi nasce?
HandyP@rking è un progetto che nasce nel contesto Smart City, concetto che prevede l’utilizzo intelligente e innovativo dei servizi pubblici in città al fine di migliorare la qualità della vita e rispondere alle esigenze dei propri cittadini e delle imprese, oltre che delle istituzioni.
Uno dei problemi rilevanti dei contesti urbani è quello di riuscire a sfruttare al meglio l’impiego delle aree di sosta destinate alle auto private.
E’ evidente infatti come l’accesso alle aree di sosta risulti spesso difficoltoso, con conseguente peggioramento delle condizioni del traffico, dei consumi e dell’inquinamento urbano.
L’obiettivo di HandyP@rking è quello di semplificare la mobilità di quelli che devono spostarsi con la propria auto, facilitando la ricerca ed utilizzo delle aree di sosta. L’idea è quella di uno strumento che renda disponibili agli automobilisti le informazioni relative alla presenza e disponibilità di aree di sosta nelle destinazioni di interesse in tempo reale, sfruttando le potenzialità dei terminali mobili.
Come è nata l’idea?
Il progetto nasce all’interno di un filone di ricerca industriale sulle Smart Cities già strutturato al CRS4 da diversi anni. Il CRS4 fa parte di un’associazione molto informale denominata “Start Up Cagliari” che coinvolge oltre ai partner privati diversi soggetti istituzionali tra cui il Comune, la RAS, Sardegna Ricerche, Confindustria, Camera di Commercio, che ha lo scopo di promuovere l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali, sfruttando gli asset che i diversi soggetti possono mettere a fattore comune. Come CRS4 abbiamo pensato di condividere gli output dei progetti di ricerca sulle smart cities attraverso due meccanismi di base:
- rendere disponibili in modalità open (data, service, source, business, …) gli output di questi progetti di ricerca;
- favorire lo sviluppo di community di impresa in ottica open business attorno al tema principale delle smart cities.
L’opportunità offerta da Sardegna Ricerche con il bando sui progetti Cluster Top Down, a valere sui fondi POR 2007-2013, ha consentito di fare un primo test sul secondo dei meccanismi, permettendoci di verificare sul campo la effettiva possibilità di costruire progetti di largo interesse in modo partecipato e con collegamenti sostanziali verso il network delle imprese.
L’argomento specifico della sosta intelligente viene poi da una articolata valutazione di una serie di proposte pervenute da un gruppo di giovani ricercatori dell’ex Sardegna DistrICT.
Da questa selezione è emerso un progetto che rispondeva ampiamente ai requisiti sopra esposti, con in più il valore aggiunto di capitalizzare il know how sviluppato nel corso degli anni dai giovani ricercatori dei DistrICT Labs.
Come funziona?
La piattaforma consente di fornire servizi sia per la gestione delle aree di parcheggio ad accesso limitato (sbarra o altro dispositivo di regolazione degli accessi), che per il monitoraggio di aree ad accesso libero, come aree di interesse strategico ad alto afflusso veicolare (vedi piazzali prossimi ad aeroporti, aziende ospedaliere, università, teatri, ecc…).
La piattaforma supporta gli utenti nella ricerca del parcheggio con:
- Informazioni sul numero di parcheggi liberi disponibili;
- prenotazione on line attraverso il web e i dispositivi mobile (mobile parking)
- accesso al parcheggio senza prenotazione attraverso tecniche avanzate di riconoscimento della targa;
- pagamento automatico;
La piattaforma supporta i gestori dei parcheggi nel:
- monitorare i parcheggi liberi, fornendo informazioni sul numero e sulla localizzazione degli stessi;
- produrre dati e informazioni aperte che siano facilmente fruibili da imprese, gestori dei parcheggi, enti locali, supply-chain e destinatari finali (esercizi commerciali, artigiani e altre attività economiche).
Le pubbliche amministrazioni potranno aggregare ed elaborare le informazioni, creando una base informativa diffusa e capillare che aiuterà a gestire meglio la mobilità urbana, e permetterà alla community di sviluppatori o alle imprese di accedere alle API esposte dal sistema per sviluppare ulteriori applicazioni.
Qual è il suo modello di business?
Il modello di business è decisamente open.
Da requisiti del bando i progetti cluster sono infatti azioni di animazione, per cui i risultati prodotti sono di proprietà di tutti.
Nella nostra interpretazione di questo concetto, il risultato del progetto è una core platform, che garantisce un set essenziale di servizi di base, al di sopra dei quali le imprese interessate possono predisporre le singole verticalizzazioni per l’erogazione di servizi a valore aggiunto, in linea con i propri modelli di business.
A titolo di esempio, un’impresa del cluster stà lavorando sulla componente di pagamenti on-line, un’altra stà sviluppando dei ragionamenti legati alla sicurezza in aree sensibili, un’altra ancora ipotizza la connessione verso sistemi di car-pooling.
Che difficoltà avete incontrato nel realizzare il progetto? Come le avete risolte?
Le difficoltà sono state sostanzialmente di natura burocratica. Il tipo di risorse utilizzate per questa azione presenta infatti vincoli molto forti in termini di potenziale aiuto alle imprese, per cui abbiamo riscontrato una certa difficoltà a far comunicare la parte amministrativa, con tutti i suoi vincoli normativi, con la parte imprenditoriale, che sviluppa i propri ragionamenti su basi decisamente orientate al prodotto.
Il nostro ruolo di soggetto attuatore è stato essenziale, per riuscire a far dialogare le due diverse esigenze.
Emerge chiaramente la questione di fondo, ovvero se, per realizzare azioni di stimolo al sistema produttivo, sia effettivamente necessario l’utilizzo di strumenti che agli occhi dell’imprenditore sono interpretati come autoreferenziali delle PPAA, a partire dalle istituzioni europee che li progettano, fino all’ultimo anello della catena che li deve implementare secondo le regole definite.
Che risposta vi siete dati? Cosa si deve fare per realizzare azioni di stimolo al sistema produttivo?
Semplificare e razionalizzare. Se sono imprenditore ho un mio focus aziendale e le regole di funzionamento sono basate su “quanto mi costa” e “quanto ci guadagno”. Introduco innovazione se questa serve a mantenere il differenziale entrate/uscite rispetto alla concorrenza o se ho un piano di sviluppo orientato ad aggredire nuovi spazi di mercato. Posso ovviamente introdurre innovazione se ho gli strumenti finanziari per farlo, e qui si innestano purtroppo i meccanismi perversi di interazione col sistema pubblico. Il sistema pubblico non ha domande e risposte semplici sulle quali basare la propria azione, per cui succede che in definitiva si finanzia l’impresa per fare ricerca e l’università per fare prodotti, il tutto condito dell’ossessione tutta Europea degli aiuti di stato alle imprese, a da regole sull’impiego dei fondi pubblici basate sui regi decreti del 1865. Partendo dal concetto di razionalizzazione, sembra evidente che sia necessario in primo luogo un chiarimento di ruoli: chi fa ricerca, chi fa innovazione, chi fa (e vende) prodotti e servizi, chi si occupa di alimentare il sistema con le risorse necessarie al suo funzionamento. All’interno di un sistema sano gli output della ricerca possono essere utilizzati per sviluppare prototipi innovativi, che le imprese interessate possono acquisire per farci prodotti e servizi. In cambio le imprese possono reimmettere nel sistema una piccola parte dei guadagni ottenuti sostenendo dal punto di vista economico l’ecosistema. In un tale scenario il soggetto pubblico può limitarsi ad introdurre ulteriori risorse nei settori ritenuti strategici al fine di sostenerne lo sviluppo competitivo del proprio territorio. All’interno di un sistema razionale è possibile al pari semplificare. Oggi, se come soggetto pubblico (università/centro di ricerca) devo comprare una matita, ho la stessa complessità burocratica di un appalto da milioni di euro. Il risultato finale è sotto gli occhi di tutti: strutture soffocate dalla burocrazia nell’operatività ordinaria, e risultati inconsistenti sotto il profilo scientifico, tecnico ed economico. Una semplificazione di fondo di questi meccanismi consentirebbe di recuperare un minimo di efficienza a livello di sistema, liberando energie positive da reimmettere in modo virtuoso all’interno del circuito.
Che ruolo ha la rete all’interno del progetto?
La rete ha un ruolo fondamentale. Il mondo di oggi è caratterizzato da una notevole complessità e non esistono risposte semplici a problemi complessi. La collaborazione all’interno di reti di competenza consente di evitare la tentazione di approcci troppo semplicistici che sconfinano inevitabilmente nell’autoreferenzialità.
Per capirci, all’interno di questo progetto, a seguito delle analisi preliminari ci siamo ritrovati a scoprire un intero universo di esigenze, problemi, intersezioni con altre tematiche, che non basterebbe una vita a declinare in tutte le possibili sfaccettature. Ci siamo pertanto convinti della necessità di identificare un sottoinsieme di obiettivi molto limitato, ma che ci consentisse di realizzare, all’interno del budget definito e dei tempi di progetto, qualcosa di effettivamente funzionante e fruibile.
Questa scelta nasce dal confronto con le diverse realtà del cluster, che ci hanno evidenziato una quantità di vincoli, esigenze ed opportunità che non avremmo mai potuto percepire se non attraverso la condivisione delle singole esperienze in contesti molto variegati.
Scelta che comporta peraltro dei risvolti positivi nei confronti della rete stessa, in quanto ci consente di lavorare ad una soluzione abbastanza in linea con le esigenze dei singoli partecipanti al cluster.
Quali risultati avete ottenuto e quali sono i vostri prossimi passi?
Al momento abbiamo una versione preliminare della piattaforma, che consente:
- il riconoscimento di stalli liberi a partire da analisi di immagine;
- il riconoscimento di veicoli a partire dalla lettura automatica delle targhe;
- il controllo di un varco di accesso con apertura/chiusura di una sbarra in funzione della presenza della targa in white-list;
- la possibilità di prenotazione da terminale mobile di un posto all’interno per esempio di un multipiano.
I prossimi passi prevedono:
- una verifica dei processi di gestione con un gestore di parcheggi per mettere a punto i servizi di prenotazione in un contesto reale;
- il rilascio della piattaforma di back-end in versione stabile, in modo che questa possa essere utilizzata dalle imprese del cluster per mettere a punto le loro verticalizzazioni;
- il testing della piattaforma in contesti di produzione;
- la parametrizzazione dei requisiti di installazione, in modo da rendere semplice la progettazione e il budgeting di installazioni in contesti di produzione.
Il progetto Handyparking traccia la rotta per far diventare Cagliari una smart city, attraverso quale percorso può diventare veramente smart Cagliari?
Cagliari per alcuni aspetti è già oggi una città smart. Le infrastrutture per la mobilità pubblica sono tra le più avanzate in Italia. L’esistenza di infrastrutture di rete abbastanza capillari consentirebbe già oggi di portare servizi evoluti in tutta l’area urbana con investimenti tutto sommato limitati.
Una delle caratteristiche di Cagliari sulla quale non si riflette mai abbastanza è il fatto che con i suoi 150.000 abitanti è una città piccola, che però presenta tutte le criticità di una grande città metropolitana.
Come dicevano dei funzionari della Municipalità di Chicago ad un collega del progetto Cagliari 2020, Cagliari è un ottimo test-bed per sperimentare su scala ridotta progetti innovativi in ambito metropolitano.
Manca purtroppo una consapevolezza diffusa di questa peculiarità, che renderebbe Cagliari uno dei migliori posti al mondo dove creare la città del futuro.
Manca sopratutto una consapevolezza mirata da parte del potere decisionale, sul come indirizzare al meglio le risorse disponibili per avviare un percorso strutturato smart Cagliari.
Cosa suggerisce per aumentare questa consapevolezza e per indirizzare meglio le risorse disponibili?
Serve sicuramente un’attività di comunicazione capillare di quello che c’è già. Chi è sul campo a fare di Cagliari una città un pò più smart non sempre ha il tempo per curare anche questi aspetti. Non dobbiamo peraltro dimenticare che Cagliari in questo discorso è la metafora dell’intero territorio regionale. Ciò che riusciamo a fare a Cagliari rappresenta un beneficio per tutti i Sardi, non solo per quelli che vi hanno la residenza. Su questo mi permetto di muovere una critica che spero sia interpretata come costruttiva dalle istituzioni locali e regionali. E’ capitato in diverse occasioni che non si potesse sponsorizzare un’iniziativa o un progetto perché troppo legato al nome di Cagliari: secondo alcuni, qualunque iniziativa che possa interessare la città andrebbe replicata negli altri 376 comuni per non ingenerare rimostranze campanilistiche da parte di questi ultimi. Da “non” cagliaritano ritengo che, anziché disperdere a pioggia le poche risorse disponibili, il punto chiave sia quello di saper trovare meccanismi che consentano di estendere i benefici di ogni centesimo speso in qualunque parte del territorio al resto dell’isola. Se si crea vero sviluppo il risultato è di tutti. A mio avviso anche i mezzi dell’informazione non fanno abbastanza per mettere in evidenza le potenzialità del nostro territorio e dei suoi abitanti, che non sono solo spiagge d’estate e manifestazioni folkloristiche. Quando andiamo in giro per il mondo possiamo farlo sempre a testa alta per la capacità di fare e l’impegno che ci mettiamo come singoli. Siamo regolarmente insignificanti quando si tratta di confrontarsi con le realtà strutturate non solo negli altri paesi, ma anche a livello nazionale. Si scivola immancabilmente nel campo della politica, quella che si vorrebbe con la P maiuscola.
Lei fa parte del progetto Cagliari 2020, ci sono altri progetti smart in “cantiere”?
Siamo in attesa che il MIUR ci convochi per la stipula del contratto sul progetto CagliariPort 2020. Si tratta di un progetto da circa 10 M€ che ha superato la selezione del bando nazionale sulle smart city e che si occupa dell’interfaccia tra il sistema portuale di Cagliari e la struttura urbana e di area vasta. Si occupa in particolare di aspetti legati alla logistica del Porto Industriale e dell’Home-Port crocieristico.
I piani di sviluppo del porto industriale prevedono infatti una crescita di circa 6 volte dell’attuale traffico merci, mentre l’Home-Port a regime potrebbe portare a Cagliari dai 3.000 ai 5.000 passeggeri che ogni settimana sbarcherebbero allo scalo di Elmas per imbarcarsi su una nave da crociera. Il progetto prevede la creazione di un modello della mobilità tra sistema portuale e sistema urbano e lo sviluppo di una serie di strumenti per la gestione dei processi tra gli operatori portuali e di un insieme di servizi volti a veicolare la proposta di servizi da parte degli operatori economici verso i croceristi.
Come l’utilizzo di queste nuove tecnologie può migliorare il rapporto tra le esigenze dei cittadini e la PA?
HandyParking è il classico progetto che risponde in modo sinergico alle esigenze del singolo cittadino e della comunità di cui fa parte.
Su Cagliari gravitano quotidianamente circa 120.000 auto in cerca di parcheggio con un tasso di occupazione dei parcheggi multipiano dell’ordine del 40%. Sarebbe chiaramente preferibile un mondo dove tutti si possano spostare a piedi o in bici, o nella peggiore delle ipotesi su un bus cittadino possibilmente elettrico. E’ evidente tuttavia che per una città con caratteristiche metropolitane come Cagliari è ancora utopia pensare di fare a meno delle auto, se non in un arco di tempo che anche con le migliori politiche illuminate si và a misurare nell’ordine dei decenni.
Questo significa che qualunque soluzione in grado di togliere auto dalle strade, rendendo più fluido il traffico, consente un impatto diretto sia sulle tasche dei cittadini che su quelle delle PPAA. Per Cagliari i numeri sui quali incidere oggi sono:
- circa 100 milioni di km/anno che le auto percorrono alla ricerca del parcheggio in città;
- circa 35 milioni di euro di costi di carburante bruciati inutilmente;
- circa 12.000 t di CO2 equivalente;
- circa 400 €/anno di spreco per singola auto.
Proviamo a immaginare di traslare questi numeri su una città come Roma. Non dimentichiamo inoltre l’impatto sanitario generato dall’inquinamento prodotto e l’impatto dell’incidentalità che è massimo nelle zone urbane e direttamente collegato ai km percorsi. L’attuale peso dell’incidentalità vale su base Europea un 2% di PIL.
Cagliari diventerà mai una smartcity?
Si
Cosa vuol dire per voi innovare?
Parto da un’assunzione per me ovvia e che viene sintetizzata ottimamente dal CEO di Apple Inc. Tim Cook: “A lot of companies have innovation departments, and this is always a sign that something is wrong”.
In sostanza c’è un sacco di persone in giro che parlano di innovazione (e anche di smart cities), che fanno di mestiere i parolieri, si esibiscono in seminari, convegni e tavole rotonde a ripetere il tantra di concetti dei quali raramente conoscono il significato. E’ capitato addirittura di vedere organizzare dei corsi di formazione (ovviamente a spese del contribuente) per creare dei nuovi Steve Jobs.
Restando nell’ambito dei progetti sulla mobilità abbiamo scoperto che il mondo è pieno di intere carriere scientifiche costruite su tonnellate di carta e miriadi di citazioni, senza che nessuno si sia mai preso la briga di provare a costruire un qualche giocattolo che consentisse di verificare sul campo la sostenibilità o meno di modelli e algoritmi proposti.
Proprio su questo fronte ci siamo confrontati con CTM, dove con molta umiltà abbiamo cominciato a mettere mano ai dati di cui loro dispongono, a trasformare insieme a loro i modelli teorici in qualcosa di tangibile, e a sviluppare delle applicazioni per la gestione della mobilità che al momento sono un unicum a livello mondiale, come abbiamo potuto di fatto constatare anche nella recentissima presentazione dei risultati all’ITS forum di Detroit lo scorso settembre.
Nel momento in cui arriveremo alla fase in cui questi risultati saranno di impatto nella vita di molti, allora potremo dire di avere fatto Innovazione.
Ti ringrazio