I libri di Baricco sono immediati, diretti, profondi, magici. Con Smith & Wesson posso dire di aver quasi raggiunto il sublime. Lo dico ogni volta, appena finisco un suo capolavoro, che è quello che mi è piaciuto di più, quindi sono arrivata alla conclusione che mi piacciono tutti, tanto.
Questo appena uscito è un testo per il teatro, e spero ci sia presto una compagnia disposta a rappresentarlo perché ne uscirebbe davvero uno spettacolo. Il potere delle parole fa sì che ti si materializzi davanti il palco con i due personaggi che dialogano e organizzano il lancio della povera Rachel giù dalle cascate del Niagara. Povera fino a un certo punto, ovviamente. La scelta di voler tentare questa impresa è sua, un modo per mettersi in gioco e sentirsi viva, rasentando la follia.
Tutti saltano nello stesso modo via dalla loro vita, oltre se stessi, rischiando tutto per sentirsi davvero vivi […] chiusi dentro la botte mefitica delle loro paure
I caratteri dei tre personaggi sono delineati in maniera impeccabile. Anche se non sappiamo di che colore hanno gli occhi o come sono fisicamente, e la nostra mente è quindi costretta a idealizzarli, caratterialmente è come se li conoscessimo da sempre. Baricco da prova ancora una volta di essere un vero ingegnere della parola. L’umorismo e l’abilità nella gestione della tensione, che tengono incollati a queste poco meno di 100 pagine, seguono il ritmo delle cascate: all’inizio tutto è calmo, pacato, poi piano piano cresce e vieni trascinato in uno scrosciante finale.
Nonostante sia ambientata gli inizi del 1900, la storia è davvero contemporanea. I sogni e i desideri dei personaggi sono quanto di più attuale possa esserci: la volontà di dare una svolta alla propria vita e di fare qualcosa per cui essere ricordati.
Le pagine sono davvero troppo poche, e quando le finisci ne vorresti ancora, e ancora, e ancora.