Me ne andavo in giro a far paura nella notte, ricoperto di un lenzuolo sino al capo,
lamentoso ed ectoplasmatico, tremante!
Ma solo al mare scuro come il vino era rivolto il mio frivolo pensiero:
O Anassimandro, che tu sia maledetto, con le tue necessità ordinatrici. Che arrivi il mattino a sconfessar le tue parole:
“da quello onde viene la nascita delle cose, in quello va anche la loro morte secondo la necessità,
Perché esse pagano a vicenda il fio e la pena della loro ingiustizia”
Quale ingiustizia? Forse quella di durar troppo poco?
Ah maledetto tu e la tua schiera di fatalisti, me compreso!
E intanto giungono sino alle mie abbrunate, abbrunate cosce, le flebili dita di Eos, a rischiarare i flutti ormai placati. Ma è tregua di qualche attimo, l’appello di Commerciale e i suoi rii risvolti sono incombenti.