Più che altro per capire chi è veramente e dove ha intenzione di andare.
La sua nuova fatica infatti pare volersi posizionare precisamente a metà tra l'uno e l'altro, ovvero tra la commedia ben scritta e quella esilarante ad ogni costo, senza però risultare veramente efficace né in un senso né nell'altro. Eppure le premesse non erano affatto sbagliate perché il meccanismo intrigante di utilizzare un suicidio per entrare nelle vite private di un condominio variopinto, sebbene non fosse un idea freschissima, poteva comunque portare a dei risvolti interessanti e meno scontati del solito. Tutto ovviamente senza dover rinunciare per forza all'elemento risata che, in un modo o nell'altro, sarebbe potuto rimanere in scena come arma in più, utilizzabile in ogni sfumatura possibile. Ma invece "Soap Opera" questo ragionamento non se lo pone nemmeno, anzi, quello che inizialmente aveva presentato al pubblico come punto di forza e centro, lo cestina senza nemmeno dare spiegazioni, sfilacciandosi a poco a poco per lasciare pieno dominio a gag, situazioni sentimentali in sospeso, ed altre che potrebbero compiersi.
Eppure questo anziché peggiorare la situazione, salva, se vogliamo, "Soap Opera". La salva perché, rispetto alle altre sue sorellastre, lei ha la sincerità di ammettere di non avere alcun tipo di ambizione o di obiettivo se non quello di volersi imporre come pellicola leggera e di intrattenimento, quindi assolutamente disinteressata a ogni possibilità di poter essere migliore con un pizzico di volontà in più. Mentalità che, in qualche modo, vieta a noi di rimproverare persino Genovesi, il quale evidentemente conosce meglio di noi sé stesso e che, per ora, a sé stesso non chiede altro che realizzare dei film puramente distensivi.
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