Per chi ci avesse creduto, vi comunico che il Reddito Minimo nella legge di stabilità NON c’è. C’è solo una misera elemosina di qualche decina di milioni di euro (ho letto notizie contrastanti sulla modalità, ma tutti sono concordi nel dire che senza almeno qualche miliardo di spesa non si può fare niente). Intanto, con bassa affluenza gli svizzeri votano no alla proposta di mettere un tetto sullo stipendio dei manager pari a dodici volte lo stipendio dei dipendenti. Questo per me è avvilente, disgustoso e incomprensibile, in primis perché mostra come l’economia sia ormai la misura di tutte le cose, come venga prima della convivenza civile, della fedeltà al proprio paese, dell’equità, della parità tra le persone… Se ci sono individui per cui avere dodici volte lo stipendio di un proprio dipendente (che tra l’altro in Svizzera solitamente non è basso e che comunque si può aumentare all’interno dell’azienda) non è ancora sufficiente, e che quindi per questo motivo lasciano il paese, io dico: se ne vadano. Fuori dai piedi. Non mi importa che abbiano effetti benefici sull’economia, economia tra l’altro completamente slegata dalle risorse disponibili e basata sostanzialmente sul lucrare sulle disgrazie altrui (finanza speculativa, fondi neri, evasione fiscale, ora pure la gente che va a morire là perché in Italia non può…). Io penso che persone così avide ed egoiste da non accontentarsi di un rapporto uno a dodici non facciano bene a una comunità, e che quindi la loro assenza in caso di limiti allo stipendio non sia una perdita, ma un guadagno. Complimenti comunque al promotore del referendum Filippo Rivola, per il coraggio e la tenacia. Fa piacere sentire chi dice: sconfitto, ma vado avanti.
No, davvero: dodici volte! Se siete nella fascia economica media o medio bassa di questo paese, provate a immaginare di avere dodici volte quello che avete attualmente. Dodici case se ne avete una, dodici macchine, dodici volte più ferie, un armadio dodici volte più pieno, dodici o diciotto mila euro al mese… se questo non vi basterebbe ancora, bè, allora il problema non è del reddito ma vostro!
La mia personale teoria sui superstipendi è che oltre un certo limite diventano una questione di principio. Che se ne fa l’amministratore Eni di milioni di euro ogni anno? È impossibile goderseli tutti, soprattutto per qualcuno che, come loro dicono di fare, lavora sodo. Che se ne fa un calciatore, una star di Hollywood, di tutti quei soldi? È solo per dire che li prende, perché può, perché ne ha diritto, perché li prendono gli altri, o perché può fare notizia regalando un’isola per un compleanno.
A chi pensa, poi, che non si possano trovare buoni manager senza stipendi stellari, rispondo con l’esempio di Enrico Mattei, che ha fatto la storia dell’industria italiana e dava il suo stipendio in beneficenza. Un po’ come Moretti e Marchionne.
E a proposito di sobrietà, vi dirò un’altra cosa che mi ha disgustato (quando si parla di soldi mi disgusto spesso: tirano fuori il peggio dalla gente). Premessa: Crozza è un gran comico, sia per la sua capacità di trasformarsi, di imitare movenze e accenti, di far ridere e pensare al tempo stesso, di tenere in piedi uno spettacolo quasi da solo senza annoiare, che per il modo in cui usa la satira per cogliere l’essenza di un personaggio e con esso di una categoria sociale. Attraverso Montezemolo racconta il super ricco distante dalla vita della gente comune, attraverso Fuffas la vanità e la nullità delle archistar contemporanee, attraverso Razzi il politico arraffone e ignorante tipicamente italiano, e attraverso Veltroni, Bersani, Renzi le chiacchere a vuoto e l’incapacità di prendere posizione di tutte le figure di spicco del Pd. Ammiro anche il coraggio di Crozza: io non ce la farei mai a prendere per il culo così pesantemente una persona che mi sta guardando, soffrirei a vedere la piega delle sue labbra che si sforza di denotare un sorriso sportivo o, peggio ancora, il fastidio di chi si rifiuta di ridere davanti a una presa in giro che considera ingiusta, e così facendo si rende ancora più antipatico e perdente nel confronto.
La principale debolezza di Crozza, però, è il suo essere un fan sfegatato di Beppe Grillo. Non so se sia amicizia, il fatto di essere colleghi e conterranei, o una semplice e sincera fiducia nella promessa di Grillo di fare piazza pulita di tutto quanto Crozza denuncia (e quindi di togliergli il lavoro). Però questa cieca adesione, questa incapacità quasi cronica di applicare lo spirito critico di cui è dotato a un leader palesemente pieno di difetti, tolgono moltissimi punti a Crozza e lo rendono, data la sua popolarità, quasi pericoloso. Con la sua caricatura di Ingroia, che ne descriveva bene l’atteggiamento ma ne distorceva la sostanza, credo che Crozza abbia danneggiato parecchio, e forse apposta, l’unico leader che forse avrebbe potuto prendersi un po’ dei voti grillini (magari con un elettorato più consapevole non ci sarebbe riuscito, ma in Italia la politica la si fa in tv).
Nell’ultima puntata de Il paese delle meraviglie, Crozza si lanciava in un elogio sperticato di José Mujica, presidente del Perù, ex guerrigliero e prigioniero politico in condizioni durissime, ed esempio di rara sobrietà nel suo stile di vita. Un uomo che predica bene e razzola uguale. Fin qui tutto bene. Poi però Crozza, e mi vengono i brividi al solo pensarci, ha paragonato Mujica a Beppe Grillo, e quasi commosso ha fatto notare che avevano anche lo stesso nome. Grillo?!?!? Un multimilionario esagitato la cui unica condanna non è per opposizione al regime ma per un incidente stradale in cui persero la vita dei suoi amici?? Un personaggio aggressivo, confuso, abituato alla bella vita e strapieno di soldi che non ha mai fatto mostra di voler condividere?
C’è chi dice che a essere ricchi non c’è niente di male. Per me ce n’è, ma ancor di più c’è male a confondere così le cose, a tracciare paragoni ingiusti, a mortificare un’idea accostandole chi non ha niente a che fare con essa. E già che ci siamo: Crozza, se la sobrietà è un tale valore, ci puoi dire perché hai fatto saltare un accordo con la RAI perché volevi troppi soldi, soldi pubblici da un paese in difficoltà, e poi hai avuto persino il coraggio di andare a Ballarò, pagato dai contribuenti, a difendere le tue richieste esose?
Se si elogia un principio, bisogna avere il coraggio o di vivere rispettandolo, o almeno di ammettere: sono debole, vorrei ma non ce la faccio. Ma criticare le spese dei nostri politici, inneggiare alla sobrietà, alla trasparenza, e poi difendere un super ricco e addirittura cercare di arricchirsi con soldi pubblici, è una vera porcheria. Mi avvilisce vedere che uno dei grandi moralizzatori pubblici fa in conti in tasca a tutti e poi cerca di riempirsi le proprie.
Ma è proprio questo che ci manca, oggi, a destra come a sinistra, al nord come al sud, e probabilmente in tutto il mondo occidentale perché è così dappertutto: la capacità di fare il collegamento mentale tra i principi che enunciamo e come questi ci imporrebbero di vivere.