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Social Media management? Una stronzata.

Da Elenatorresani

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Ho smesso di scrivere gratis da diverso tempo, e non ho più ceduto all’inganno della prestazione gratuita in cambio di visibilità, salvo rarissimi casi in cui mi si è offerta l’opportunità di divertirmi. Da anni lavoro (perché scrivere, a dispetto di quanti molti credono, è un lavoro) solo dietro compenso: gratis lo faccio esclusivamente per me stessa, nei libri, sul blog, per la lista della spesa.
Ho smesso di accettare che i lavori creativi in Italia fossero giudicati a valore economico zero.
Ora mi trovo ad affrontare un altro scoglio: il mondo digitale.
Da quando sono freelance e mi occupo di social media management, ho collezionato una serie di perle e di esperienze che – da quanto leggo e sento – sono condivise da parecchi colleghi.
Cito a caso alcune delle frasi emblematiche che mi sono sentita dire, consapevole che sono purtroppo ben lontana dall’essere l’unica: “Non si possono chiedere quei soldi per il social media management. Sono capace anch’io di pubblicare una foto e una frasetta al giorno, ci vogliono cinque minuti e nessuna competenza. Per quei soldi c’è gente che lavora davvero e si spacca la schiena
A parte il fatto che chi te lo dice normalmente vive in un attico in Piazza Navona (ma muore dalla voglia di insegnarti come si campa dignitosamente con mille euro al mese senza dover pretendere nulla di più) e non ha la più pallida idea della differenza che c’è tra un wall e una timeline.
A parte che chi te lo dice normalmente non si permetterebbe mai di andare da un notaio a fargli presente che 2.500 euro per cinque minuti del suo lavoro e una firma di merda sono roba da non uscire più di casa per la vergogna.
A parte questo, intendo, che in linea di massima basterebbe a chiudere ogni discorso, mi domando quanto l’assenza di cultura digitale affosserà ancora la nostra imprenditoria.
Sommata poi all’arrogante svilimento della professionalità che certi ruoli implicano, rende la situazione disperante.
In Italia siamo ancora al traino a spalla dell’aratro sotto molti punti di vista, e noi “consulenti” finiremo probabilmente a mangiar pane e cipolle prima che qualche istinto di sopravvivenza risani certe strutture mentali suicide.
Che poi uno può non avere i fondi da investire nel marketing, può non avere cultura digitale, può non avere una visione strategica e fare ciò che vuole del proprio business: ma offendere il lavoro, la professionalità, la formazione e la competenza degli altri – soprattutto in modo aprioristico – non va affatto bene.
Pensare che il social media management sia semplicemente postare una foto e scrivere uno status populista, davvero non gioca a favore di nessuno. Non si prendono in considerazione la definizione dell’identità aziendale on-line, l’analisi del settore e del mercato, il monitoraggio dei competitor, la scelta dei contenuti, l’individuazione dei contatti giusti e la strategia per incuriosirli, coinvolgerli e fidelizzarli, o interagire con loro nel modo corretto (la storia ci ha mostrato diversi errori clamorosi di gestione dell’interazione coi clienti anche da parte di brand “titolati”).
Il social media management per molte aziende può fare la differenza tra l’essere dentro e l’essere fuori, e chi l’ha capito ne ha tratto grossi vantaggi. Chi non lo ha capito forse lo imparerà, per tempo o troppo tardi, chi lo sa.
Ma sarebbe ora di finirla col pregiudizio secondo il quale “non è un lavoro”, “è un lavoro che vale due lire”, “lo possono fare tutti”.
Che in certi casi vien proprio la speranza di veder sbattere quei faccioni boriosi contro il muro dentato del 2.0.
Non fosse che poi tocca mangiar cipolle all’infinito aspettando che le aziende e gli imprenditori si facciano una cultura digitale o, quantomeno, imparino a rispettarla.
Ma siamo nel paese dove chi ti dà lavoro sovente si aspetta gratitudine e riverenza prima ancora che professionalità. Chiedere rispetto sembra a tratti un’indicibile arroganza plebea e idealista, quando invece dovrebbe essere la base per una collaborazione prolifica ad un progetto condiviso che entusiasma entrambe le parti.
Normalmente i successi migliori partono proprio da qui.


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