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Sociologia da cloro

Creato il 16 novembre 2014 da Povna @povna

Poiché non guida e non possiede proprietà private tassabili, la ‘povna è esclusa, gioco forza, da due dei luoghi nei quali si concentra il maggiore tasso di rissosità e violenza spicciola, vale a dire le strade e le riunioni di condominio. Da un anno a questa parte, però, il ritorno agli allenamenti in piscina in modo stabile le ha riaperto le porte a un universo ugualmente pittoresco che, quanto a frequentazioni e comportamenti, non ha niente da invidiare.
A partire dal guardaroba, per proseguire con spogliatoi e docce, ci sarebbe da scrivere un trattatello; la ‘povna però si concentra, per questa volta, soprattutto sulla vasca, perché i tipi sociologici più interessanti si trovano, ovviamente, per lo più in corsia.
Si parte dalla lenta (che la ‘povna non ha mai frequentato direttamente): lì il tipo sociale più frequente è quello che lei ama definire “scoglio”, l’Ingegnera Tosta “bustina da tè” e un altro amico “balena spiaggiata”. Sono coloro, donne e uomini, che entrano, fanno una vasca a piccolo trotto (rigorosamente a volto di fuori, cercando di non bagnarsi), approdano faticosamente dall’altra parte, e lì si fermano, e parlano. Guardando con ostentato disprezzo i poveri nuotatori, che pur non fulmini di guerra, avrebbero pagato l’ingresso per farsi, così come da indicazione, una nuotata. Altrettanto divertenti, in questo settore, sono quelle natanti (tutte donne) che, dotate di tubo o tavoletta, saltellano indefesse a piedi uniti in acqua: con ciò ovviamente non muovendosi di mezzo centimetro (né facendo, dunque, alcun tipo di attività davvero fisica), ma regalandosi in compenso moltissima autostima per concedersi (è il tema delle chiacchiere ascoltate in spogliatoio, dopo, a lamentarsi dell’acquisita stanchezza) una serie goduriosa di mangiate.
Passando alla corsia media, la situazione si fa più ricca. Qui la ‘povna nuota solo in certe piscine, quelle serie, dove le divisioni hanno sostanza (per esempio: a Milano alla Cozzi): perché nella media, si sa, ci va di tutto, perché la percezione di ciò che può essere ritenuto medio è assai soggettiva, e cambia. Gli scogli ci sono anche qui, e danno ancora più noia, ovviamente, perché costituiscono una barriera corallina al fondo della corsia, invalicabile, che brucia almeno due metri di tragitto. In questi casi, all’inizio la ‘povna faceva come altri, e cioè virava prima, e tornava indietro senza incrociarli. Poi un bel giorno si è rotta i coglioni, perché a lei fare la virata vera piace, e poi le si sballavano i conteggi: dunque ha cambiato tattica. Quando arriva a cinque metri dal bordo, inizia a puntare un approdo con decisione, fregandosene della presenza degli scogli. Loro all’inizio la guardavano male e poi, miracolo, hanno iniziato a spostarsi – anche perché al primo accenno di lamentela lei ha fatto garbatamente notare al suo interlocutore, bagnino consenziente, che la dicitura dell’attività era “nuoto libero” e non libera chiacchierata.
In questa corsia si spreca poi anche un altro tipo di bagnante. E’ quello che è appena approdato alla media dalla lenta, dopo mesi di faticoso allenamento: dunque, si sente veloce, rapido, imprendibile. Per questo trovarselo davanti è un vero inferno: mal sopporta di farsi superare, e quando tu inizi la manovra accelera (con ciò rischiando di farsi venire una sincope), oppure poi ti insegue per tornare davanti, e prende ogni tuo movimento come offesa personale.
Veniamo infine alla corsia veloce (quella dove, di solito, staziona di preferenza la ‘povna). Qui – sia resa grazia – gli scogli non ci sono – ma le analogie con la strada si fanno più pressanti. Perché – oltre a quelli come la ‘povna (con i quali dividere la corsia è sempre un piacere: persone che nuotano molto, ma amatorialmente, dunque sono veloci, costanti, e sanno bene le manovre di convivenza in acqua) – si trovano per lo più bulletti della domenica, maschi aspiranti alfa, donne acidissime modello ce-l’ho-solo-io e il resto mancia, o i forzati dell’attrezzo. Appartengono al primo tipo quei nuotatori che devono mettersi in mostra a tutti i costi: dunque schizzano, annaspano le braccia, superano malamente invadendo le corsie altrui a casaccio – poi magari arrivi al bordo insieme a loro e ti accorgi che, prevedibilmente, non sanno nemmeno fare una virata. Le donne ce-l’ho-solo-io, quando sono in spolvero, sono forse il peggio (perché la femmina, quando vuole, sa essere davvero, ma davvero caga cazzo): loro non nuotano, sfilano, anche in vasca. E si aspettano l’aprirsi delle acque quando passano; come conseguenza agiscono malissimo ogni qual volta qualcuno si mostri insensibile al loro fascino clorato. I forzati dell’attrezzo, infine, sono semplicemente dei pericoli pubblici: perché, durante per esempio una corsia serale, con dodici persone, non è ammissibile pensare di allenarsi a dorso con mezze pinne e palette, magari poi pure andando storti e risentendosi quando chi nuota nell’altra corsia (per esempio: la ‘povna) ti rimprovera un po’ bruscamente perché con la tua paletta le hai tirato in faccia una mazzata.
Nonostante il variegato zoo, che non cambia mai, nel tempo e nello spazio (e la ‘povna di piscine oramai ne ha provate parecchie, oltre a frequentarne tre tutte le settimane abitualmente), va detto però che il nuoto resta uno sport splendido. E la ‘povna, che non riesce più a farne a meno, come leggere, ogni volta che ci pensa benedice l’idea saggia che l’ha spinta, l’anno scorso, a riprendere in maniera costante la sua assunzione di cloro quotidiana.


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