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Sofferenza della carne e deficit di pensiero : ecco cos'è la fame

Creato il 05 marzo 2014 da Marianna06

 

 

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Quando da noi, nel mondo occidentale, si parla di fame  non sempre si ha molto chiaro il rapporto reale che intercorre tra le parole e i fatti.

E questo in quanto la cosiddetta “fame” l’ affrontiamo dialetticamente  quale concetto. Non morde le nostre carni, non annebbia il nostro pensiero.

E’ soltanto una proposizione da argomentare.

La fame , a casa nostra,  equivale spesso  a quei morsi allo stomaco per un pasto saltato per necessità o all’assenza di sazietà se, anziché il pranzo luculliano consueto, ci siamo limitati  a uno spuntino “mordi e fuggi” al bar più vicino, nell’intervallo dal lavoro.

Per milioni di abitanti del nostro pianeta, purtroppo, la fame è  semmai compagna della quotidianità. E le cause sono infinite.

Compreso il nostro “egoismo”, molto spesso ben simulato.

Primo Levi (esemplificazione letteraria toccante), narrando della propria tragica condizione nel lager, dice della fame  che essa, quella regolamentare, quella cronica, sconosciuta agli uomini liberi, è quella che fa sognare di notte e siede in tutte le membra del nostro corpo.

Ora immaginiamo realisticamente tutto questo (la fame “cronica”) lì dove impazza la guerra, oppure c’è il tragico evento di una carestia, cui conseguono inevitabilmente quasi sempre malattie a catena e, dunque, epidemie, anche per scontata mancanza d’igiene.

Immaginiamo d’essere noi in quei contesti. Affamati, assetati e ammalati.

Noi che abbiamo tutto o quasi tutto e non siamo mai soddisfatti abbastanza.

Noi dal mugugno facile.

Noi generazione che non ha conosciuto guerre, a casa propria, per ragioni anagrafiche e non solo.

E , pertanto, né lager, né campo profughi.

Come sarebbe in situazione la nostra esistenza giornaliera ?

Io ritengo che parecchi tra di noi, me per prima, abbiano difficoltà a entrare nei panni di chi vive la fame “regolamentare”, di cui parla Levi.

Quella fame infatti, se la provassimo sulla nostra pelle, ci renderebbe più aggressivi, meno lucidi, meno uomini e meno donne.

Molte nostre certezze intellettuali e /o ambizioni di potere, lentamente, sbiadirebbero fino poi a scomparire.

Cadrebbe tanta spocchia.

Guardiamo, allora, ai tanti  che non possono, loro malgrado, sottrarsi a questa terribile condizione di vita.

E diamo una mano, per quel che ci è possibile, a quelle “belle” persone, che si adoperano generosamente per alleviarla nel modo in cui loro sono capaci di fare.

Con le pance vuote non c’è pensiero, non c’è crescita, non c’è sviluppo.

E la politica, che è una cosa seria,  è demandata agli altri.

Ai soliti straricchi tirannelli, padri-padroni, che col populismo da strapazzo confermano la soggezione dei più e fanno in modo che nulla cambi.

Pensiamoci. La posta in gioco è enorme.

Io mi riferisco naturalmente all’Africa. Ma tutto il mondo è paese.

Inclusa la “nostra” Europa (Grecia,Portogallo,Italia...etc.), che comincia da un bel po’ a non possedere più quelle che erano le sicurezze di un tempo.

E lo sappiamo molto bene se siamo a conoscenza che i nostri giovani, oggi, sono “migranti” anch’essi.

 

   Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

  

Schemafame

 


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